A Casamari beatificati sei testimoni dell’amore di Dio

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Sabato scorso il card. Marcello Semeraro, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, ha presieduto la celebrazione eucaristica con il rito di beatificazione di Simone Cardon e di 5 compagni martiri, religiosi della Congregazione Cistercense di Casamari, uccisi in odio alla fede nel 1799.

La testimonianza dei nuovi beati si lega ad una data e ad un periodo storico travagliato, il 1799. A gennaio, Napoli è occupata dalle truppe francesi e viene proclamata la Repubblica Partenopea. Il 13 maggio di quell’anno, 20 soldati francesi entrano nell’abbazia di Casamari alla ricerca di oggetti preziosi da depredare.

In quei drammatici momenti, Simeone Maria Cardon, Albertino Maria Maisonade, Domenico Maria Zawrel, Modesto Maria Burgen, Maturino Maria Pitri, Zosimo Maria Brambat, cercano di difendere l’Eucaristia dalla profanazione, come ha spiegato il prefetto: “Questi martiri non erano degli eroi ‘da fumetto’, ma delle persone normali. Erano uomini paurosi, come tutti noi lo siamo”.

Dai sei martiri di Casamari (un settimo monaco riuscì a nascondersi ai soldati francesi, testimoniandone poi la violenza, episodio che ricorda da vicino quanto verificatosi oltre due secoli dopo con i trappisti di Tibhirine in Algeria) è arrivata una testimonianza necessaria perché “nessuno di noi potrà perseverare nella sequela di Cristo senza tribolazione, senza conflittualità, senza combattimento spirituale”.

Alla cerimonia erano presenti l’abate di Casamari dom Loreto Camilli, il vescovo di Frosinone-Veroli-Ferentino Ambrogio Spreafico, nel cui territorio ricade l’abbazia, e i vescovi delle Chiese locali limitrofe Lorenzo Loppa per Anagni-Alatri e Gerardo Antonazzo per Sora-Cassino-Aquino-Pontecorvo.

Il martirio subito dai sei beati di Casamari è “lontano nel tempo, ma questo non lo rende meno attuale… Erano uomini fragili e timorosi: vulnerabili, come lo siamo un po’ tutti noi e come ci mostra soprattutto questa fase di pandemia”.

E riferendosi proprio alla pandemia, il prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi ha ricordato le parole di papa Francesco nella scorsa Domenica delle Palme, sottolineando che i beati non son ‘guerrieri’: “Nella previsione di quanto sarebbe accaduto e nel timore per la propria vita, l’abate della comunità se n’era fuggito a Palermo presso la corte dei Borboni.

E quando, una volta accolti, i militari francesi fuggitivi da Napoli cominciarono ad essere sempre più violenti, anche altri monaci si diedero alla fuga, o si nascosero negli orti… Lo stesso priore, dom Simeone Cardon, cercò in un primo momento di nascondersi nell’orto dell’abbazia, ma poi, riflettendo su ciò che stavano subendo i confratelli, si rianimò e decise di rientrare nel monastero”.

Riferendosi al brano del Vangelo del giorno, proclamato durante il rito di beatificazione, il card. Semeraro ha ricordato che papa Francesco mette in guardia da una concezione ‘turistica’ della vita cristiana, sottolineando che ‘non esiste la missione cristiana all’insegna della tranquillità’.

A questo proposito, ha aggiunto il prefetto, “nessuno di noi potrà perseverare nella sequela di Cristo senza tribolazione, senza conflittualità, senza combattimento spirituale… E’, dunque, da questa prospettiva che oggi la Parola del Signore ci chiede di guardare alla testimonianza dei nuovi beati: la fiducia nella sua premurosa paternità. E questa che il Padre ci ama è la confortante certezza che deve invadere il nostro cuore”.

Nella vita cristiana, bisogna sapere vigilare, come sapientemente avvertiva sant’Ignazio di Loyola nei suoi Esercizi spirituali: “Al fine di paralizzare la nostra libertà e distoglierci da Dio, il nemico della natura ingigantisce sempre le nostre paure, sicché è proprio presentando con fiducia a Dio la propria fragilità, impariamo a non farci sopraffare dalla paura, ma a lasciarci amare da Lui”.

Il cardinale ha concluso l’omelia citando una catechesi di papa Benedetto XVI: “Questa è la fede: essere amato da Dio e lasciarsi amare da Dio in Cristo Gesù. Questo lasciarsi amare è la luce che ci aiuta a portare il fardello di ogni giorno”. La loro festa cade il 16 maggio, giorno della scomparsa dell’ultimo martire cistercense.

(Foto: Abbazia di Casamari)

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