Sasso dopo sasso il castello delle calunnie crolla. La lettera che il Cardinal Becciu scrisse alla figlia primogenita di Aldo Moro di contenuto contrario a quanto da lei affermato

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Il programma Report su Rai 3 ha dedicato spazio all’argomento della Causa di Beatificazione di Aldo Moro, lo statista democristiano assassinato dalle Brigate Rosse, nella puntata di lunedì 12 aprile 2021 [QUI e QUI]. A Report la figlia primogenita di Aldo Moro, Maria Fida ha dichiarato che ricevette dal Cardinale Angelo Becciu – che allora era il Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi – alla sua lettera una risposta “volgare e violenta… come se io fossi pazza o paranoica”. Il legale della famiglia del porporato oggi ha reso noto una copia di quella lettera di risposta [riportata nelle edizioni online di Famiglia Cristiana e Il Messaggero], che risulta di tutt’altro tenore (come è ovvio conoscendo usi e costumi dei dicasteri della Santa Sede e soprattutto lo stile di Becciu). Nella sua lettera il Cardinale Becciu esprimeva il suo sostegno, fornendo alcune informazioni e deplorando quello che stava accadendo: “Posso assicurare che presso questo dicastero non è stato avviato alcun procedimento canonico”. Poi le manifestava vicinanza per l’ennesima dura prova alla quale era sottoposta.

Innanzitutto va ricordato la Causa di Beatificazione di Aldo Moro non è mai iniziata, oltre la fase iniziale in Puglia, neanche in sede diocesana a Roma (competente per territorio, poiché la capitale è il luogo dove Moro fu ucciso dalle Brigate Rosse).

Nel 2012, dopo aver ricevuto l’incarico di seguire la causa dall’ente promotore (la Federazione dei Centri Studi “Aldo Moro e Renato dell’Andro”) Nicola Giampaolo scrive al Vicariato per chiederne l’apertura in fase diocesana. Il 16 luglio dello stesso anno la richiesta viene ricevuta dal Vicariato di Roma, però senza che la causa si apra né che Moro possa essere qualificato come Servo di Dio. Ad aprile del 2018 la Federazione revoca l’incarico a Giampaolo e a giugno nomina il domenicano Gianni Festa, che però si dimette a settembre del 2018, perché si trattava di un impegno impossibile da portare avanti da solo. Da allora è tutto fermo.

Padre Festa ha spiegato al Messaggero: «Attualmente si può dire che la causa di Aldo Moro sia come congelata. È stata fermata dopo che alcuni anni fa erano sorti un po’ di problemi nel comitato dei promotori». Padre Festa spiega al Messaggero inoltre che la decisione di abbandonare l’incarico dopo quasi un anno di lavoro si deve «solo ed esclusivamente al fatto che si trattava di un incarico immane, tenendo conto che la postulazione dei domenicani sta già seguendo una ottantina di cause di beatificazione. Da solo non riuscivo. La beatificazione di Moro richiederebbe un comitato di esperti e di storici in grado di fare fronte alla gigantesca quantità di materiale. Non si tratta di una cosa semplice».

Maria Fida Moro nel 2019 scrisse alcune lettere in Vaticano, tra cui una indirizzata al Papa. Successivamente fu ricevuta in udienza da Papa Francesco e poi la causa si arenò definitivamente. Un’altra lettera in data 15 maggio 2019 era quella indirizzata alla Congregazione delle Cause dei Santi, in cui denunciava “le torbide manovre” intorno alla beatificazione del padre e che lei stessa era stata “turlupinata e strumentalizzata”, a cui rispose il Cardinale Becciu, informandola che non era stato avviato alcun procedimento canonico presso il Dicastero.

Il 7 maggio 2019 il vaticanista Francesco Antonio Grana ha scritto su Ilfattoquotidiano.it [QUI] che la figlia primogenita di Aldo Moro in una lettera indirizzata a Papa Francesco ha chiesto “di interrompere il processo di beatificazione di mio padre, sempre che non sia invece possibile riportarlo nei binari giuridici delle norme ecclesiastiche. Perché è contro la verità e la dignità della persona che tale processo sia stato trasformato, da estranei alla vicenda, in una specie di guerra tra bande per appropriarsi della beatificazione stessa strumentalizzandola a proprio favore”.
Maria Fida Moro chiede esplicitamente a Papa Francesco – scrive Grana – “di interrompere quello che definisce il ‘business della morte’, nato dopo il sequestro e l’uccisione del padre, il 9 maggio 1978. La donna sottolinea che ‘nell’ambito dello stesso processo ci sono delle infiltrazioni anomale e riluttanti da parte di persone alle quali non interessa altro che il proprio tornaconto e per questo motivo intendono fare propria e gestire la beatificazione per ambizione di potere’. Parole molto dure che fanno riflettere su quanto anche la strada verso la santità possa essere strumentalizzata da persone senza scrupoli, che possono nascondere in modo abbastanza ipocrita, dietro nobili ideali professati con la bocca, intenzioni completamente diverse”.

Poi, Grana conclude: “La denuncia di Maria Fida merita di essere presa in esame in modo scrupoloso dalla Congregazione delle Cause dei Santi, che ha il compito di vigilare sull’operato dei postulatori dei processi di beatificazione e canonizzazione. Non a caso, a guida di questo dicastero chiave della Santa Sede, Bergoglio ha nominato il Cardinale Giovanni Angelo Becciu, persona di massima fiducia del Papa, molto attento a far rispettare tutte le norme che regolano il cammino verso la santità. È indubbio che la causa di Aldo Moro non può e non deve diventare un’occasione per riscrivere la storia della Democrazia Cristiana e delle Brigate Rosse. E nemmeno della drammatica pagina vissuta in Italia alla fine degli anni Settanta. La politica è una cosa. La santità è un’altra”.

Come oggi sappiamo, nonostante le calunnie, la Congregazione delle Cause dei Santi ha preso in esame in modo scrupoloso e serio la Causa di Beatificazione di Aldo Moro, non facendola mai partire.

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