Perché non siamo guariti. Ce lo spiega il Ministro della pandemia con suo libro, scritto e poi ritirato dalle librerie

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Il caso del libro scritto dal titolare della Salute Roberto Speranza nel pieno della prima fase della pandemia è un giallo. Perché guariremo. Dai giorni più duri a una nuova idea di salute fu annunciato da distributori e librerie, ma è introvabile o quasi, perché i negozianti non hanno avuto dall’editore Feltrinelli il permesso di venderlo. Ma il libro esiste e copie (illegali…) circolano anche, pure acquistabili online. Un libro con cui si può misurare la distanza che separa la narrazione del Ministro della Salute dal disastro che abbiamo sotto gli occhi, nel mondo reale in cui viviamo noi. Questo esilarante libro innanzitutto è la prova che suo autore ha sbagliato mestiere e che mai sarebbe dovuto essere nominato ministro, della Salute poi.

La frase shock del libro, che da sola meriterebbe non soltanto le dimissioni ma l’arresto dell’autore, per provocata strage, è il “ringraziamento” alla pandemia, che «ha dissodato per la sinistra un terreno politico molto fertile», un tempo in cui «dopo tanti anni controvento perla sinistra ci sia una nuova possibilità di ricostruire un’egemonia culturale su basi nuove».

Riportiamo di seguito due contributi su Libero Quotidiano dell’amico e collega Renato Farina che ci spiega per filo e per segno di cosa si tratta: Roberto Speranza, “l’Italia merita di meglio”. Nel libro in piena pandemia, le parole di uno che ha sbagliato mestiere del 15 aprile 2021 e Roberto Speranza: “Ho chiuso per imporre la cultura di sinistra”. Una vergogna che sa di stalinismo: il ministro peggiore del 14 aprile 2021.

Roberto Speranza, “l’Italia merita di meglio”. Nel libro in piena pandemia, le parole di uno che ha sbagliato mestiere
di Renato Farina
Libero, 15 aprile 2021

Ci fu chi scrisse del diritto a dire di un libro: non l’ho letto, ma non mi piace. Qui si va più in là, che è un problema di coscienza: è possibile recensire un saggio che però non risulta esistere? Però l’abbiamo trovato lo stesso. Uno di quei casi di oggetti emersi da mondi paralleli, come teorizzato da alcuni arditi scienziati, probabilmente inclusi nel Comitato tecnico scientifico. Ci riferiamo all’opera di Roberto Speranza Perché Guariremo. Dai giorni più duri a una nuova idea di salute (Feltrinelli. 234 pagine). Sulla copertina c’è scritto euro 15,00, ma a noi, come è giusto per le cose provenienti da un’altra dimensione come gli Ufo, ci è costato assai di più: 54 euro e rotti. Il libro in sé viene via a poco: 4,99 euro perché in quell’altra galassia, fuori dal tempo e dallo spazio, c’è il comunismo e tutto è a buon mercato come l’autore prevede che capiterà anche a noi grazie alla pandemia, ma le spese di spedizione assommano a 49 euro. Lo si trova su Ebay, i più abili lo recuperano a prezzi minori tramite Amazon Francia. Che dire? Ne vale la pena. I diritti d’autore finiranno ad associazioni benefiche, e impareremo leggendolo a conoscere quale siano i contenuti di una delle zucche più pure della sinistra contemporanea. Abbiamo capito perché Speranza sia stato convinto a ritirarlo precipitosamente dai magazzini da cui stava per essere smistato alle librerie in Italia nello scorso ottobre. Dev’ essere capitato come alle mascherine cinesi procurate dal suo sodale Domenico Arcuri: facevano un po’ schifo, secondo i suoi consiglieri. In realtà è un testo molto istruttivo. La sintesi è questa, e Speranza si mette subito una medaglia da solo, altro che il generale Figliuolo: «È un libro di attualità e di impegno civile». Come Franz Kafka, ma a differenza di Marcel Proust che «andava a letto presto la sera», questo volume immortale è stato scritto «nelle ore più drammatiche della tempesta, nelle lunghe notti in cui il sonno mi sfuggiva».

Sentimentalismi

È un saggio dove, modestamente, l’autore «propone idee, valori, progetti», ma che a noi pare anche un documento imperdibile di letteratura romantica. Lui forse ha creduto di porsi soltanto sulla scia biografica del “giovane Marx”, che però non fu mai ministro, o più probabilmente del “giovane Koba-Stalin”, ma qui siamo davanti anche agli esperimenti giovanili di uno Shakespeare. Si immagini trasferito a teatro un dialogo come questo. Siamo in piena pandemia. Sono «ore difficilissime». Come Alessandro Magno prima della battaglia di Guagamela, 331 a.C., annota nel suo diario napoleonico il momento in cui lascia la sua tenda al luogotenente, in questo caso Domenico Arcuri, detto Mimmo il Tenace. Roberto Speranza in quel momento sta per tornare al campo base,lasciando la casamatta al Commissario straordinario per l’emergenza. E qui trascriviamo senza sciupare una virgola, mandando a capo per non perdere i sussulti di poesia, l’arte delle pause, questa pagina di diario datata 14 marzo 2020. «Mentre lascio la sede della Protezione civile per tornare a lavorare al ministero, mi volto verso Federica e Massimo (gli attendenti, ndr), che mi stanno accompagnando. Mi colpisce un pensiero: non posso lasciare solo Domenico Arcuri. «Voi restate qui, per favore», dico ai miei collaboratori. «Ma tu come fai da solo?», protestano. «Poi vediamo. Intanto date una mano a Domenico» (pag. 126, da ritagliare e incorniciare se non fosse un sacrilegio rovinare un volume raro). Sublime, non trovate? Del resto tutto è un impegno civico, ma soprattutto una tremenda necessità spirituale. Impossibile trattenere la penna: «La forza dei tanti ricordi che si rincorrono nella mia mente è straripante», e infatti straripano. Come può non raccogliere in questa esondazione del grande fiume che è la sua mente questo frammento foscoliano? Racconta la gioia di tagliarsi i capelli alla riapertura dei barbieri: «Finalmente, posso anch’ io tagliarmi i capelli. Era dai tempi del mio Erasmus a Copenaghen che non li avevo così lunghi, ma quella volta era stato per scelta». È molto bello immaginarselo capellone. E per fortuna non mancano simpatici flash-back sulle sue avventure giovanili. Del resto, si definisce «esponente della generazione Erasmus», proprio così “esponente”, magari capogruppo o qualcosa del genere. Spiega i capisaldi di quella generazione, con enormi zaini, in tre arrivano a Parigi. Vanno a ritrovare al cimitero Jim Morrison e Oscar Wilde (segnatevi l’indirizzo: camposanto Père Lachaise). Lui però è già un europeista, e trascina i suoi sventurati compagni in pellegrinaggio alla sede del parlamento europeo a Bruxelles. Dopo di che si precipitano nel sud della Francia. «A Marsiglia, una notte, incappammo in un uomo con il coltello che voleva derubarci. Provai ad argomentare che non avevamo nulla e rapinarci era quindi assolutamente inutile: funzionò. Me la cavai dando all’aspirante ladro un pacco di biscotti». Speranza fa rilucere qui le sue doti di mediazione. Deve aver fregato così le Regioni nelle trattative sulla zona rossa, un biscottino e via.

Esame di coscienza

Questa trattativa felicemente conclusa lo ha di sicuro sospinto ai vertici della Sinistra Giovanile, da cui è rimbalzato a 34 anni a capogruppo del Pd alla Camera nel 2013. Bisogna riconoscere che ha saputo dimettersi da questo posto di potere, finendo nel gruppuscolo separatista di Pierluigi Bersani, in Articolo 1, poi Leu: «Non era quella che si usa definire una mossa politica astuta. La coerenza, d’altra parte, spesso non coincide con l’astuzia». Ma un po’ di presunzioncella gli è rimasta attaccata, questa superiorità morale, per cui è molto portato «all’esame di coscienza», ed esaminata la coscienza per lungo tempo si è creduto il miglior ministro della Salute dell’orfanotrofio. Per puro scrupolo offriamo alcuni diamanti pescati tra le pagine. Frasi che saranno presto patrimonio immateriale tutelato dall’Unesco. La vita interiore: «La vaga inquietudine che provo… si coagula in preoccupazione»; «La nube che mi pesa sulla mente si solleva». Il ruolo della donna: «Sandra Zampa, persona seria e leale… mi impone di mangiare e bere quando non ho nemmeno il tempo di respirare»; «Nella mia stanza comparirà ogni giorno Silvia con tè e biscotti». Anatomia dei sentimenti: «Io penso anche a questo, ai nostri anziani»; «Non dimenticherò mai i medici cubani». Considerazioni di geopolitica: «Viviamo su un unico pianeta». Soprattutto, a pagina 142, la confessione definitiva: «Il Paese merita molto di più».

Roberto Speranza: “Ho chiuso per imporre la cultura di sinistra”. Una vergogna che sa di stalinismo: il ministro peggiore
di Renato Farina
Libero, 14 aprile 2021


Il punto di fragilità di questo governo è Roberto Speranza. Non dura. Non al ministero della Salute, perlomeno. La zavorra va gettata a mare, oppure trasferita su qualche zattera imbandierata dove il giovane lucano si occupi senza far danni di materie innocue, tipo organizzazione di campeggi per amici del Vietnam o per figli della lupa bolivariana. Mario Draghi lo aveva salvato qualche giorno fa, caricandoselo sulle spalle e sottraendolo mezzo morto alle bordate di Matteo Salvini: «Ho detto a Salvini che l’ho voluto nel mio governo e che lo stimo molto». Così recitò in conferenza stampa, dove però si era ben guardato dal tenerselo al fianco. È successo l’8 aprile, ma sembra passato un secolo. Adesso il gravame è diventato insopportabile. Non è una questione di immagine, ma di sostanza: il fiore della gioventù comunista lucana, già pupillo di Sergio Mattarella, e oggi soltanto di Pier Luigi Bersani (tra i vivi) e di Giuseppe Stalin (tra i defunti), coincide agli occhi del popolo con la sciagurata gestione della pandemia. Il relitto del governo Conte sarebbe ancora stato restaurabile senonché alla chiara impreparazione i è aggiunta un’aggravante tombale: il fatto di essersi circondato di una ciurma di collaboratori che ha occultato scientemente la verità, taroccando e cancellando la relazione per l’Oms di una squadra di scienziati di Venezia sui gravissimi errori del suo ministero che hanno aggravato il bilancio dei morti. L’indagine della procura di Bergamo è devastante. Sapeva o non sapeva, Speranza? Opto personalmente per il no. Ma questo è un dilemma che attiene alla sua moralità, però chi ha venduto patacche predispostegli dai suoi fidati consiglieri deve salutare tutti, o almeno gentilmente spostarsi. Se no? Non è che va a fondo soltanto un governo, ma naufraga l’Italia nella sfiducia.

Emerge altro che rende incompatibile la presenza di un ministro siffatto in un governo che si regge su una maggioranza dove il centrodestra è decisivo. Ci tocca citare un libro di Roberto Speranza che non c’è ma purtroppo esiste. Parlo del volume Perché guariremo, dai giorni più duri a una nuova idea di salute ( Feltrinelli. 226 pagine) mai uscito in Italia ma in vendita tramite Amazon in Francia e Spagna (ma anche su eBay in Italia al prezzo esorbitante di circa 50 euro perché «libro rarissimo»). Accanto a pagine patetiche, da ragazzo della via Paal, ci sono affermazioni che sono accettabilissime in una democrazia liberale, cioè comunismo puro, rivendicazione di una strategia cinica pur di arrivare al potere eccetera. Ma non quando passa da parola ad azione governativa. Qual è il problema? Egli candidamente dichiara che il suo lavoro di ministro è una galoppata sul cavallo della pandemia per guidare il popolo nella terra dove gli italiani finalmente vivranno nel paradiso invano cercato da Gramsci, Togliatti e forse D’Alema. Non che scriva questa confessione apertis verbis. È una filigrana ideologica che è individuabile perfettamente nel manifesto compiacimento di istituire il lockdown dovunque e comunque e le zone rosse non tanto per ragioni di salute fisica ma come pedagogia per il popolo, così da insegnargli a sottomettersi a ukaz del potere centrale. La pura essenza manipolatrice del governo giallo-rosso sta tutta in questa frase: «Non si poteva lasciar pensare agli italiani che ci fossero regioni dove si viveva meglio». Con uno così si lotta contro. Non si governa insieme. Impossibile.

Il fatto è che ci sono pagine in cui la dissimulazione sparisce per l’entusiasmo. Quando scrive questo libro, nell’estate del 2020, Speranza è convinto che in «pochi mesi» si potrà tornare alla normalità. Ma non la vecchia normalità, ma – grazie a questa alleanza sinistra-M5S – una nuova normalità. In fondo, la pandemia porta con sé l’alba di un altro mondo. Sembra di sentire una sinfonia di Shostakovich al Bolschoi di Mosca con il Grande Timoniere dai baffi inzuppati di pianto. Grazie pandemia, che «ha dissodato per la sinistra un terreno politico molto fertile», un tempo in cui «dopo tanti anni controvento perla sinistra ci sia una nuova possibilità di ricostruire un’egemonia culturale su basi nuove». Cito per la terza volta Stalin, e mi scuso con il vecchio georgiano, ma mi tocca. Speranza, mutando i termini per non inciampare nelle censure del politicamente corretto, ripristina il grande vaglio dell’«origine sociale» come criterio per selezionare la classe dirigente in Urss, e prossimamente su questi schermi. Non il merito, ma la «pura origine proletaria». I proletari non ci sono più, ma ci si prova. Nel governo Conte 2, scrive Speranza, «nessuno è figlio dell’establishment, nelle biografie di molti di noi c’è un connotato popolare vero». Visto che adesso è arrivato Draghi, che diremmo essere abbastanza establishment, magari per coerenza e per pudore, dovrebbe darsi a una certa clandestinità. E lasciare cavalcare la pandemia a chi vuole semplicemente ucciderla invece che ringraziarla. E se non lo fa da solo, che faceva Stalin? La purga.

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