Sconcertante ordine d’arresto italiano per il broker coinvolto nel Caso 60SA in Vaticano

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Il Gip del Tribunale di Roma, su richiesta della Procura, ha disposto l’arresto nei confronti di Gianluigi Torzi, nonché la misura interdittiva del divieto di esercitare la professione di commercialista o uffici direttivi di imprese per la durata di 6 mesi nei confronti di Giacomo Capizzi, Alfredo Camalò e Matteo Del Sette, indagati a vario titolo per emissione e annotazione di fatture per operazioni inesistenti. Torzi, il broker finanziario coinvolto nel Caso 60SA, già sotto inchiesta in Vaticano per estorsione è indagato anche per autoriciclaggio dopo la compravendita dell’immobile al numero 60 di Sloane Avenue a Londra con i fondi della Segreteria di Stato della Santa Sede.

Ieri abbiamo letto vari articoli sul caso di Torzi a Londra e tutti si contraddicono, dicendo che Torzi è stato arrestato ma poi specificano che esiste un mandato di arresto. Restiamo sempre perplessi in merito a questa vicenda di Torzi dove l’Italia su mandato del Vaticano avrebbe arrestato o starebbe per arrestare Torzi. Il tutto appare molto confuso e opaco. Se Torzi è stato arrestato si dovrebbe dire dove è detenuto, ma quest’ultima notizia non sembra essere trapelata. Per esempio, se seguiamo ciò che scrive Il Messaggero Torzi si trova a Londra, quindi ad arrestarlo deve essere l’autorità inglese e non quella italiana. La domanda sorge spontanea, sembra che in Inghilterra sia stata emessa una sentenza dove i conti di Torzi non vengono sequestrati e si critica l’operato dei magistrati vaticani. È difficile credere che in Inghilterra Torzi verrà arrestato dopo che un giudice inglese si è espresso in modo favorevole sul suo operato.

Ormai il giornalismo è morto. Il giornalismo è proprio morto perché abbiamo letto, in merito all’argomento di prima, tutti pezzi identici, copia e incolla a cervello spento. Un giornalismo che guarda solo a dare la notizia per primi, ma se poi la notizia è falsa non interessa a nessuno. Certi giornalisti sarebbero da denuncia per diffamazione a mezzo stampa.

Ordine d’arresto per il broker coinvolto nel pasticciaccio del palazzo vaticano
Un’inchiesta già sconfessata dai giudici inglesi
di Carla Ferrante
Libero Quotidiano, 13 aprile 2021


Si arricchisce di nuovi elementi l’inchiesta sul palazzo londinese al numero 60 di Sloane Avenue, quello al centro di una compravendita considerata sospetta che ha scosso fin nel profondo la Santa Sede, visto che – secondo la ricostruzione dei giudici vaticani – avrebbe provocato un buco nelle casse di Oltretevere di 100 milioni. Ieri il gip di Roma, Corrado Cappiello, su richiesta della Procura capitolina, ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di tre so v etti, e tra questi anche Gianluigi Torzi, il broker molisano per l’appunto coinvolto in quella che fu definita proprio dal Vaticano la “truffa del secolo”.

Ha dell’incredibile la vicenda che s’intreccia tra Vaticano, Roma e Londra e che punta ancora i fari sull’antico magazzino di Harrod’s nell’esclusivo quartiere di Chelsea. Tre sono gli aggettivi che il legale di Torzi, Marco Franco, ha usato per definire questa nuova pagina dell’inchiesta italiana sconcertante, sereno e ottimista. Sconcertante, perché sembra una sorta di accanimento processuale nei confronti dello stesso Torzi – che, in sostanza, la magistratura vaticana accusa di frode proprio in relazione a quella compravendita, di cui fu mediatore. «Siamo ormai a quota 16 procedimenti giudiziari, tutti avviati in seguito all’inchiesta del Vaticano» commenta il legale. Non è bastata la strigliata del giudice inglese (secondo il quale i magistrati vaticani avrebbero falsato la rappresentazione materiale di quanto accaduto, di fatto scagionando Torzi) a far desistere i giudici italiani che hanno addirittura aggiunto un nuovo filone d’inchiesta, con nuove ipotesi di reato. La Guardia di Finanza, nell’ambito dell’operazione “Broking Bad”, ha eseguito l’ordinanza di applicazione di misure cautelare personali nei confronti di Torzi e altri soggetti coinvolti “nell’affaire vaticano”. Sono tutti indagati, a vario titolo, per emissione e annotazione di fatture per operazioni inesistenti, mentre soltanto per Torzi vi è anche il presunto reato di autoriciclaggio – così si legge nell’ordinanza di 14 pagine.

L’avvocato Franco, però, smentisce categoricamente l’arresto. La notizia, per giunta, sta circolando falsamente su alcuni organi d’informazione italiani. «Torzi è tranquillamente a Londra, a godersi la bellezza dei ciliegi in fiore in una tiepida primavera londinese» riferiscono ambienti a lui vicinissimi. «Nelle prossime ore leggeremo gli atti, intanto abbiamo già proposto il riesame nella convinzione che l’ordinanza verrà subito annullata» spiega il difensore di Torzi.

Al centro di questo nuovo filone italianissimo, ma sollecitato a suo tempo dallo stesso Vaticano, ci sono i 15 milioni di euro che equivalgono alla percentuale che Torzi aveva richiesto perla trattativa di compravendita dell’immobile e accettata senza batter ciglio dal Vaticano. Per la procura capitolina, una parte della somma sarebbe stata impiegata per l’acquisto di azioni di società quotate in borsa italiana e per ripagare il debito di 670 mila euro contratto da altre due aziende dello stesso Torzi. Per la procura vi è di più: un giro di false fatture che Torzi avrebbe costruito e portato avanti con altri soggetti per frodare il Fisco. «Nulla di più vero – commenta il legale Franco – infatti la sentenza inglese, non ravvedendo alcun reato, ha di fatto sbloccato i conti». Peraltro, numerosi sarebbero i messaggi whatsapp e via e-mail tra Torzi e la Segreteria di Stato della Santa Sede che mostrerebbero la buona fede e l’assenza di magheggi da parte del molisano per truffare il Fisco. A riprova ci sono inoltre diverse fatture con cui si dimostra che le imposte sono state pagate.

Il Vaticano “sguinzaglia” i giudici romani, insomma, in quella che sembra ormai una caccia alle streghe. Per il legale l’ordinanza romana è una sintesi ancora più fragile di quella del Vaticano.

Foto di copertina: iI palazzo londinese al numero 60  in Sloane Avenue, al centro di quella che i giudici dello Stato della Città del Vaticano considerano una truffa ai danni della Santa Sede, versione sconfessata dalla magistratura britannica.

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