Da Piazza Armerina un invito a guardare Gesù

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“La festa di pasqua è stata per Israele un momento importante della sua relazione con Dio: il passaggio dalla schiavitù d’Egitto al dono della terra di Canaan. Il senso di quest’evento, avvolto nel mistero di un’elezione inaspettata, suggerì ai primi pensatori cristiani l’idea che la pasqua, in virtù del suo significato originario (pesaḥ = passaggio), riguardasse un atto di conversione che un credente è chiamato a fare. Il termine greco, che spiega il senso di questo passaggio, è metánoia che vuol dire cambiare il proprio modo di pensare o ragionare”.

Lo scrive il vescovo di Piazza Armerina, mons. Rosario Gisana, nel messaggio di Pasqua, ‘Rivestirsi di Cristo’, in cui afferma che “non basta fermarsi a buoni propositi o a belle intenzioni: la vita cambia se si accettano processi pasquali, forme di cambiamento seri, i cui segni si ravvisano nel modo con cui gli altri percepiscono la nostra presenza”.

Riprendendo l’enciclica ‘Fratelli tutti’ mons. Gisana sottolinea l’importanza della scoperta del noi fraterno: “La scoperta del noi fraterno è superiore all’ammissione dell’altro. Ciò lo fanno intendere i momenti di crisi, vissuti nella consapevolezza che ciascuno resta legato all’altro, nonostante le differenze culturali, religiose o razziali. Il misterioso intreccio dell’interconnessione non spiega a sufficienza il senso dell’appartenenza fraterna”.

Per il vescovo di Piazza Armerina molte forme di comunicazione creano false appartenenze: “La nostra società è sì collegata da forme di comunicazione, articolate e complesse, le quali però tendono ad illudere il senso di appartenenza: ci si conosce di fatto in una dimensione virtuale, quella dell’etere, ove l’incontro è irreale e la consapevolezza è proiezione di un io inquieto e disilluso.

Ci si domanda a che punto è ‘la coscienza storica, il pensiero critico’, ossia l’assimilazione consapevole di un evento, di fronte al quale, nonostante il virus letale, si rimane cinicamente distanti l’uno dall’altro, pur ammettendo l’importanza che ha la relazione nell’incontro.

Si accettano infatti il suo valore e il suo pregio, sovente per principio, faticando ad accogliere le differenze e a capire che la diversità è l’ambito giusto per una piena conoscenza di sé stessi”.

Comunque il vescovo sottolinea che non è necessario catalogare le crisi come negatività, perché possono svelare le verità: “Le crisi sono svelamento di una verità: ci apparteniamo nella misura in cui riconosciamo nell’altro il fratello. Il rischio che corriamo, nel perseguire il soddisfacimento degli interessi personali, è l’abbandono del fratello, quella forma di uccisione mitica che esalta sé stessi a scapito sia dell’altro, emarginato ed oppresso, sia dell’io, desolato e confuso, che perde l’occasione di scoprire in chi gli sta davanti la stupefacente rivelazione del noi”.

Quindi per superare le crisi occorre la fraternità: “La fraternità è un noi annunciato e donato, la cui presenza nella società (famiglia, scuola, parrocchia) è recupero di un io che ha accettato di sottoporsi alle misure purificatrici della pasqua. Passare da uno stato di supponenza a sentimenti di gratitudine e riconoscenza è una delle tante modalità pasquali che dispongono all’attuazione del noi fraterno”.

E’ un invito affinchè la Pasqua diventi incontro: “A questo bisogna tendere, se vogliamo che la Pasqua sia, nonostante la veemenza della pandemia, un incontro con il quale impariamo a stupirci della presenza dell’altro: un incontro, rinnovato dall’impatto con un’alterità prossimale e sollecitato dal desiderio di accogliere in sé stessi la novità di colui che incede verso un noi da ripristinare, forse, fin dalle sue radici relazionali”.

Secondo san Paolo l’incontro con Cristo è alla base dell’incontro fraterno: “La rinuncia quotidiana, che il nostro io assume per dare spazio all’edificazione del noi fraterno, non comporta un’esautorazione drastica delle nostre dignità, più o meno acquisite, bensì la costituzione sempre più salda di personalità aperte e solidali.

Guardando a Gesù, il cui io è manifestazione, in gesti e parole, di un noi fraterno, comprendiamo che la sua scia di solidarietà, inaugurata con la rivelazione della prossimità del Padre, è l’unica possibile per adempiere a quest’incontro fraterno con l’altro”.

Da qui l’invito a guardare Gesù: “Solo lui è in grado di proporre questo cammino di fraternità, che nasce dal sacrificio dell’io verso l’edificazione del noi fraterno. Egli infatti ha conosciuto il Padre, l’ha rivelato e, a partire dalle sue scelte, ha insegnato a ricomporre le relazioni in vista di una fraternità che non può prescindere dalla paternità divina…  

Con lui impariamo a fare passaggi, a fare pasqua, impegnandoci in questa stupenda scoperta: colui che incontriamo e con il quale condividiamo questo sprazzo di vita è il fratello che ci introduce, oltre alla verità di noi stessi, al senso di appartenenza comune che passa attraverso l’incontro con la paternità di Dio”.  

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