Mons. Massara invita le Istituzioni a non dimenticare gli operai

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Nei giorni scorsi Il gruppo Elica di Fabriano, tra i leader nella produzione di cappe aspiranti, aveva annunciato 400 esuberi su 560 dipendenti con la chiusura del sito di Cerreto D’Esi, in provincia di Ancona, ed il trasferimento delle linee produttive a Jelcz-Laskowice, in Polonia, mentre l’attività di alta gamma si sposta a Mergo, sempre in provincia di Ancona.

I sindacati hanno scritto una lettera al ministro dello Sviluppo Economico, Giancarlo Giorgetti, per chiedere un incontro urgente: “Ci auguriamo che almeno stavolta risponda alla nostra richiesta e si interessi alle vicende dell’industria e del lavoro, verso cui continua ad ostentare la più assoluta indifferenza…

Il passaggio di consegne fra il precedente e il nuovo Governo, ha difatti rappresentato la scusa per il Ministro Giorgetti per tralasciare le vertenze industriali e defilarsi in un modo che probabilmente non ha precedenti nella storia repubblicana”.

I sindacati hanno sottolineato i sacrifici dei lavoratori, fatti per la ristrutturazione dell’azienda: “Il gruppo aveva già 10 anni fa operato una ristrutturazione del sito con la riduzione dell’organico che era passato dagli oltre 1000 lavoratori in organico del 2010, agli attuali 600.

Una ristrutturazione che già all’epoca fu giustificata con la necessità di ridurre i costi per aumentare le marginalità. Nel corso di questo decennio abbiamo registrato scarsi investimenti per non dire nulli. Ora non accettiamo che ancora una volta si scarichi sulle lavoratrici e i lavoratori colpe che non hanno”.

Nell’incontro con i sindacati la società fabrianese aveva spiegato la decisione: “Elica è rimasta il baluardo italiano del distretto storico dell’elettrodomestico che, nel corso dell’ultimo ventennio, è stato costretto a cedere molti dei suoi marchi prestigiosi a player globali che oggi producono in gran parte tra Asia e Turchia.

Tale situazione impone quindi l’improcrastinabile decisione di riorganizzare l’area Cooking Italia, rivedendo il suo footprint industriale, condizione necessaria a salvaguardare il futuro del Gruppo”.

Davanti a tale crisi il vescovo di Fabriano-Matelica ed arcivescovo di Camerino-San Severino Marche, mons. Francesco Massara, ha chiesto un decisivo e tempestivo intervento da parte della Regione e dello Stato: “Una voragine sociale minaccia il futuro anche dei lavoratori dell’indotto spingendo verso il fallimento un’intera filiera.

Sono le ditte del comparto delle cappe aspiranti che tradizionalmente sono un punto di forza del nostro storico distretto dell’elettrodomestico. Un patrimonio di talenti professionali e capacità organizzative che non può essere disperso”.

Il vescovo ha detto che le famiglie non sono soltanto numeri: “Dietro i numeri angoscianti degli annunciati licenziamenti ci sono persone e famiglie che soffrono e la Chiesa non farà mancare loro vicinanza e sostegno.  La gravità del momento richiede alla proprietà dell’Elica profonda riflessione su una decisione così deflagrante.

I responsabili istituzionali sono tenuti a prestare la massima attenzione per programmare subito la ripresa di un’area da un decennio al centro di devastanti processi di deindustrializzazione e delocalizzazione delle attività produttive. Non c’è tempo da perdere”. 

Mons. Massara ha sottolineato la responsabilità dei lavoratori: “In un recentissimo passato i dipendenti che ora vedono in pericolo la propria occupazione hanno dato prova di senso di responsabilità e di solidarietà approvando accordi sindacali sulla riduzione dell’orario di lavoro e dello stipendio pur di evitare il licenziamento di una parte dei loro colleghi.

Hanno poi ascoltato progetti di rilancio dell’impresa quando gli ammortizzatori sociali sembravano una boccata d’ossigeno in vista di una riorganizzazione aziendale che non lasciava certo presagire questa prospettata riduzione di oltre il 90% della forza lavoro”.

Il vescovo ha sollecitato un confronto tra parti sociali per ‘salvaguardare’ la dignità dei lavoratori: “Per scongiurare la chiusura degli stabilimenti nel nostro territorio, esorto tutti i deputati e senatori marchigiani, di ogni schieramento, a dar vita a una sinergia positiva e una costruttiva convergenza di intenti.

Una significativa prova di unità sarebbe, ad esempio, quella di sollecitare a intervenire il governo attraverso un’interpellanza parlamentare trasversale.

Ad essere in discussione è la tenuta del sistema economico e sociale dell’intero territorio, perciò invito le istituzioni a mobilitarsi fattualmente per accompagnare lo sviluppo di questa grave situazione verso una soluzione positiva”. 

Il rischio è quello di un impoverimento della società civile: “ Diventa più povera e più debole una società che non si fa carico di lavoratori e famiglie che non chiedono assistenza né elemosina bensì un’azione concordata per superare una condizione collettiva di difficoltà.  Ho ascoltato il dolore di questi fratelli e sorelle  attraverso le loro dirette testimonianze”.

Ed ha annunciato l’impegno della diocesi: “La Diocesi farà la sua parte per andare incontro alle necessità di chi non può essere lasciato andare alla deriva. L’impegno comune deve però essere quello di offrire congiuntamente un contributo concreto alla proiezione futura di un comparto nel quale al ‘saper fare’ va riconosciuto un valore sociale e morale superiore alle miopi operazioni di tornaconto finanziario di breve respiro”. 

E nel messaggio pasquale ha ‘lanciato’ un invito a non cedere allo sconforto: “A Pasqua, il Signore ci chiama ad alzarci, a risorgere sulla sua Parola, a guardare in alto e credere che siamo fatti per il Cielo, non per la terra. Dio ci chiede di guardare la vita come la guarda Lui che vede sempre in ciascuno di noi un nucleo insopprimibile di bellezza…

Non rimaniamo a guardare per terra impauriti, guardiamo a Gesù risorto: il suo sguardo ci infonde speranza, perché ci dice che siamo sempre amati e che, nonostante tutto quello che possiamo fare, il suo amore verso di noi non cambia.

Questa è la certezza non negoziabile della vita: il suo amore è immutabile perché Gesù si è alzato dal sepolcro affinché potessimo farlo anche noi e, grazie a Lui, poter risorgere dalle nostre macerie abbandonando la posizione dei morti per assumere quella da risorti”.

(Foto: artribune.com)

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