Mons. Nosiglia davanti alla Sindone: l’amore di Dio è per sempre

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Anche quest’anno ancora una Pasqua in lockdown e di nuovo il sabato santo in preghiera davanti alla Sindone in preghiera per ricordare Gesù che ha portato la Croce nell’attesa che le donne diano l’annuncio che Gesù è risorto.

Davanti alla Sacra Sindone, custodita nel duomo di Torino ed esposta con la sua teca, il rito ha seguito la liturgia dell’Ora della Madre con una prima parte di meditazione sul  calvario del Signore e nella seconda parte la preghiera con occhi e il cuore della Madre  di Gesù nel momento supremo della sua morte e sepoltura.

Mons. Nosiglia ha deciso di proporre nuovamente un momento forte di contemplazione convocando di fronte alla Sindone un ‘popolo’ che continua a patire i disagi del distanziamento, le paure del contagio e anche, nell’area torinese, le forti preoccupazioni per una situazione economica sempre più compromessa, che potrebbe aprire a una crisi, anche sociale, difficile da gestire. La preghiera di fronte alla Sindone è un modo per ‘sentirsi uniti’, riscoprire insieme quel valore di solidarietà, di ‘fratellanza’ che da quell’immagine:

“Ci sono molti modi per portare la croce di Gesù. Quello del Cireneo è uno dei più comuni. La croce ti viene messa sulle spalle per forza e tu ti rassegni a portarla. Sono tutte quelle croci di cui sembra che nessuno possa fare a meno.

Una malattia grave, un problema difficile di famiglia o di lavoro, una realtà pesante e dura da sopportare per te o per chi ti è vicino, la morte di una persona cara. Insieme a questi si è aggiunto nel tempo presente anche la pandemia che ci obbliga a gestire una realtà faticosa e di sofferenza per molti ammalati e soggetti al coronavirus.

Insomma nella vita si sa che la croce è parte integrante dell’esperienza di ognuno. In tale circostanza lamentarsi è d’obbligo, dimenticando che di croci ben più pesanti delle nostre è pieno il mondo e che comunque, per chi ha fede, la croce è anche via di purificazione e di redenzione, come lo è stata per Gesù”.

Ma c’è anche il ‘modo’ della Madre di Dio nel portare la croce: “C’è però un altro modo di portare la croce, quello di Maria, la madre di Dio. Ella sceglie di portare la croce con il Figlio sul Calvario. E’ la croce del dolore di madre, che vive la solitudine e l’abbandono; è la croce dell’offerta del proprio sacrificio in unione a quello del Figlio per redimere il mondo dal peccato e dalla morte. E’ via di solidarietà, dunque, e di amore, dono di sé e atto di confidenza in Dio e di speranza”.

Gesù unisce questi due modi: “E’ Gesù stesso che li fa diventare una cosa sola, quando dall’alto della sua croce, vedendo Giovanni e la Madre, li affida l’uno all’altro. Così la croce dei discepoli viene associata a quella di Maria e diventa scelta di amore e di consolazione, e quella di Maria viene associata a quella dei discepoli e diviene intercessione e mediazione di grazia.

Maria, la Madre, dunque aiuta i figli a portare la croce del Figlio suo. Maria si fa presente sempre in ogni casa ed è in ogni vita dove c’è la prova e la sofferenza; è presente quando la Chiesa è nella persecuzione, quando nel mondo è in pericolo la pace.

Ella è presente, perché è la Madre a cui ogni uomo è stato affidato affinché trovi in lei la sponda desiderata per vincere la paura della croce e vivere nella speranza della vittoria pasquale”.

Ed ha concluso l’omelia ricordando che l’amore di Gesù è per sempre: “Come ci ha ricordato papa Francesco il nostro sguardo incrocia anzitutto quello di Gesù stesso che dalla Sindone ci invita ad andare oltre il mistero della sua passione e morte e apre il nostro cuore insieme a tutta la Chiesa perché vediamo il suo volto in quello di tanti nostri fratelli e sorelle sofferenti, poveri e bisognosi di affetto e di sostegno umano e spirituale, mentre lodiamo e rendiamo grazie al Signore sicuri e gioiosi della sua risurrezionee professiamo con fede”.

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