Il Papa alla Curia Romana: “Andiamo avanti, sicuri della vittoria di Dio”

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Il tema delle meditazioni di quest’anno è stato “L’arte di credere, l’arte di pregare”. Una “camminata” tra i Salmi, condotta dal presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, ringraziato personalmente dal Papa.  “Siamo rimasti affascinati – ha detto il Pontefice – dalla ricchezza, dalla profondità, dalla bellezza di questo universo della fede, e rimaniamo grati perché la parola di Dio ci ha parlato in nuovo modo, con nuova forza”.

Benedetto XVI parte dai suoi amati teologi medievali, dal fatto che questi abbiano tradotto la parola Logos non solo con verbum, ma anche con ars. Due termini “intercambiabili”, e solamente insieme riescono a rendere tutto il significato della parola logos. “Il logos – dice il Papa – non è solo una ragione matematica; il logos ha un cuore; il logos è anche amore”. E il Papa dice: “La verità è bella e la verità e la bellezza vanno insieme. La bellezza è il sigillo della verità”.

Ravasi ha parlato del “molto bello” con cui il Creatore definisce la creazione al sesto giorno. Una bellezza che viene sempre – spiega Benedetto XVI – “contraddetta dal male di questo mondo, dalla sofferenza, dalla corruzione”. È il maligno che vuole – sottolinea il Papa – “sporcare la creazione per contraddire Dio e per rendere irriconoscibile la sua verità e la sua bellezza”. E allora, in un mondo marcato dal male, la bellezza eterna del logos appare come caput cruentatum, capo insanguinato. È per questo – dice Benedetto XVI – che “il Figlio incarnato, il Logos incarnato  è coronato con una corona di spine e tuttavia è proprio così: in questa figura sofferente del Figlio di Dio cominciamo a vedere la bellezza più profonda del nostro Creatore e Redentore possiamo, nel silenzio della ‘notte oscura’, ascoltare la Parola”. E credere  “non è altro che, nell’oscurità del mondo, toccare la mano di Dio e così, nel silenzio ascoltare la Parola, vedere l’amore”.

E’ un discorso sulla verità e sulla bellezza della fede, un discorso pieno di speranza perché – secondo il dettame evangelico – non praevalebunt. Ed è questa speranza che lascia la Curia Romana. Il Papa si congeda dai presenti, li ringrazia “per questi otto anni in cui avete portato con me, con grande competenza, affetto, amore, fede, il peso del ministero petrino. Rimane in me questa gratitudine  e anche se adesso finisce l’esteriore visibile comunione” rimane “la vicinanza spirituale, rimane una profonda comunione nella preghiera. In questa certezza  andiamo avanti, sicuri della vittoria di Dio, sicuri della verità della bellezza e dell’amore”.

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