Uomo dei dolori che conosce il patire

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«Disprezzato e reietto dagli uomini,
uomo dei dolori che ben conosce il patire,
come uno davanti al quale ci si copre la faccia,
era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima.
Eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze,
si è addossato i nostri dolori
e noi lo giudicavamo castigato,
percosso da Dio e umiliato.
Egli è stato trafitto per i nostri delitti,
schiacciato per le nostre iniquità.
Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui;
per le sue piaghe noi siamo stati guariti
(Isaia 53, 3-5).

Come abbiamo riferito [QUI] domenica 21 marzo a Cosseria è stato vandalizzato un Crocifisso. Cose che fanno fatica a provocare ancora l’indignazione – ha commentato in un Tweet Azzurra Barbuto -, riservata per chi indossa il Rosario, per chi espone la Croce nelle aule, per chi fa il Presepio, per chi celebra la Pasqua, perché offende chi non è cristiano. A questo è stata ridotta quello che fu la Cristianità. “Quelli che storcono il naso per la cristianofobia, minimizzando il fenomeno e relegandolo alla fantasia dei credenti – scrive in un tweet Don Salvatore Lazzara -. Sono gli stessi che hanno promosso la giornata contro l’islamofobia. Però sembra che a pagare il prezzo più alto è il cristianesimo ed i suoi simboli”.

La notizia ha scosso non solo degli abitanti della piccola comunità di Cosseria. Mentre continuano le reazioni del mondo politico e sui social, si fa ancora la caccia ai responsabili dell’atto vandalico e blasmemo. Nel frattempo, il Crocifisso ligneo che subì l’orrenda mutilazione è stato affidato all’artigiano che lo restaurò 15 anni fa per farlo tornare al suo antico splendore.

Ieri, i due parlamentari savonesi della Lega, Paolo Ripamonti e Sara Foscolo si sono recati a Cosseria per esprimere la loro vicinanza al primo cittadino, ai residenti e a tutta la Valbormida, profondamente turbata per l’orribile sfregio del Crocifisso ligneo.

Il sindaco Molinaro ha comunicato la partenza di una raccolta fondi spontanea in cui sono coinvolti anche i comuni confinanti, per il restauro del Crocifisso e per fare un’opera ancora più bella, rappresentativa di un patrimonio storico, culturale, identitario e simbolico che unisce tutti, credenti e non credenti.

«Viene da pensare al segno della croce, che è diventato nei secoli l’emblema per eccellenza dei cristiani. Chi anche oggi vuole “vedere Gesù”, magari provenendo da Paesi e culture dove il cristianesimo è poco conosciuto, che cosa vede prima di tutto? Qual è il segno più comune che incontra? Il crocifisso, la croce. Nelle chiese, nelle case dei cristiani, anche portato sul proprio corpo. L’importante è che il segno sia coerente con il Vangelo: la croce non può che esprimere amore, servizio, dono di sé senza riserve: solo così essa è veramente l’“albero della vita”, della vita sovrabbondante.Anche oggi tante persone, spesso senza dirlo, in modo implicito, vorrebbero “vedere Gesù”, incontrarlo, conoscerlo. Da qui si comprende la grande responsabilità di noi cristiani e delle nostre comunità. Anche noi dobbiamo rispondere con la testimonianza di una vita che si dona nel servizio, di una vita che prenda su di sé lo stile di Dio – vicinanza, compassione e tenerezza – e si dona nel servizio. Si tratta di seminare semi di amore non con parole che volano via, ma con esempi concreti, semplici e coraggiosi, non con condanne teoriche, ma con gesti di amore. Allora il Signore, con la sua grazia, ci fa portare frutto, anche quando il terreno è arido a causa di incomprensioni, difficoltà o persecuzioni, o pretese di legalismi o moralismi clericali. Questo è terreno arido. Proprio allora, nella prova e nella solitudine, mentre il seme muore, è il momento in cui la vita germoglia, per produrre frutti maturi a suo tempo. è in questo intreccio di morte e di vita che possiamo sperimentare la gioia e la vera fecondità dell’amore, che sempre, ripeto, si dà nello stile di Dio: vicinanza, compassione, tenerezza.La Vergine Maria ci aiuti a seguire Gesù, a camminare forti e lieti sulla strada del servizio, affinché l’amore di Cristo risplenda in ogni nostro atteggiamento e diventi sempre più lo stile della nostra vita quotidiana» (Papa Francesco – Angelus Domini, 21 marzo 2021).

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