Ecco perché la critica al Concilio gode di ottima salute. Un libro curato da Aldo Maria Valli

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Riprendiamo l’articolo che l’Abbé Claude Barthe ha dedicato su Resnovae.fr al tema del Concilio Vaticano II, con un particolare attenzione al libro L’altro Vaticano II. Voci da un Concilio che non vuole finire (Chorabooks 2021), curato dall’amico e collega Aldo Maria Valli. Un libro che offre un modo alternativo e controcorrente di guardare al Concilio Vaticano II, tema imprescindibile se si vuole affrontare la questione della crisi della Chiesa e della fede stessa. Con contributi di Enrico Maria Radaelli, Padre Serafino Maria Lanzetta, Padre Giovanni Cavalcoli, Fabio Scaffardi, Alessandro Martinetti, Roberto de Mattei, Cardinale Joseph Zen Ze-kiun, Eric Sammons, Arcivescovo Carlo Maria Viganò, Arcivescovo Guido Pozzo, Giovanni Formicola, Don Alberto Strumia, Vescovo Athanasius Schneider, Aldo Maria Valli.

La critica al Consiglio gode di ottima salute
di Claude Barthe


«Il Concilio è il Magistero della Chiesa. O tu stai con la Chiesa e pertanto segui il Concilio, e se tu non segui il Concilio o l’interpreti a modo tuo, come lo desideri, tu non stai con la Chiesa». Questa dichiarazione di papa Francesco è stata fatta durante l’udienza del 30 gennaio 2021 ai membri dell’Ufficio catechistico della Conferenza episcopale italiana, che celebrava il sessantesimo anniversario.

I riferimenti di papa Bergoglio al Vaticano II sono rari [1]: lui non deve affatto provare di essere conciliare, si dice scherzosamente, poiché è l’incarnazione vivente del Concilio e del suo spirito. È il risultato del Concilio. Ma, tutto considerato, non ha inventato lui la sottomissione al Vaticano II. Ci si deve, in effetti, ricordare della dichiarazione richiesta a (e firmata da) monsignor Lefebvre, poi dai fondatori degli istituti tradizionali «ufficiali»: «Noi dichiariamo di accettare gli insegnamenti del Magistero della Chiesa in materia di fede e di morale, compresi quelli del Concilio Vaticano II». È vero che questa dichiarazione soggiungeva: «dando ad ogni affermazione dottrinale il grado di adesione richiesto», il che consentiva qualsiasi restrizione di coscienza si volesse.

Ma chi è questa gente cattiva, che parla male del Vaticano II?

Nell’intervista che ha rilasciato, all’inizio del suo pontificato, a diverse riviste gesuitiche, nell’agosto 2013, papa Francesco dichiarava con forza: «Il Vaticano II è stato una rilettura del Vangelo alla luce della cultura contemporanea. Ha prodotto un movimento di rinnovamento, che viene semplicemente dallo stesso Vangelo. I frutti sono considerevoli. È sufficiente richiamare la liturgia. Il lavoro di riforma liturgica fu un servizio al popolo come rilettura del Vangelo a partire da una situazione storica concreta. Ci sono certamente delle linee ermeneutiche di continuità o discontinuità, tuttavia una cosa è chiara: il modo in cui si legge il Vangelo attualizzandolo, che fu proprio del Concilio, è assolutamente irreversibile». L’allusione alle «linee ermeneutiche di continuità o di discontinuità» era rivolta a quanti si rifugiassero con Benedetto XVI dietro la fragile barriera dell’«ermeneutica di rinnovamento nella continuità» (discorso alla Curia romana del 22 dicembre 2005).

Ma chi viene preso di mira con la dichiarazione dello scorso 30 gennaio, che abbiamo citato all’inizio? Il papa si rivolse quel giorno a un organismo della Conferenza episcopale italiana. Ora, una potente lobby progressista di prelati italiani è alquanto più attiva oggi che il pontificato volge al termine e che questo gruppo intende cementare le posizioni acquisite. Il suo accesso ai posti-chiave della Curia nelle ultime nomine lo dimostra. Tanto sulla liturgia conciliare quanto sulla dottrina conciliare, Francesco, in merito, viene costantemente messo in guardia dal suo entourage: «Attenzione! I fautori della Messa antica e delle critiche al Concilio sono in agguato!».

Paranoia di progressisti, cui piace spaventarsi, anche quando il pericolo sia divenuto per loro assai debole? In effetti, hanno forse buone ragioni per temere ancora il virus della critica al Concilio, più che mai contagioso. Poiché, per seguire la metafora epidemiologica, il virus in questione è mutato ed è più virulento che mai. Sotto il pontificato di Benedetto XVI, molti si sono aggrappati alla sua «ermeneutica del rinnovamento nella continuità», essa stessa assoggettata all’ermeneutica che più conviene a ciascuno. Ne è risultata una corporazione tipo «unione delle destre», tra quelle classiche e quelle tradizionali, corporazione che le aveva alquanto riavvicinate, soprattutto in Italia. Gli osservatori come Sandro Magister avevano all’epoca evidenziato (e lui lo aveva d’altronde notato per sé medesimo) come il motu proprio Summorum pontificum le spingesse a compiere un cammino assieme. Il famoso «arricchimento reciproco», che ha de facto giocato a favore della forma «extraordinaria» rendendola comune, s’è concretizzato anche dal punto di vista teorico: la critica del Concilio, essa stessa, ha acquisito diritto di cittadinanza.

Nel 2013 è giunto lo choc delle dimissioni di Benedetto e dell’elezione di Francesco, che ha contribuito a far risalire la riflessione dagli effetti (il bergoglismo) alle cause (il Vaticano II). In altre parole, un buon numero di ratzingeriani è passato dalla critica a papa Francesco alla critica al Vaticano II: l’evoluzione di monsignor Carlo Maria Viganò lo mostra in modo speciale. Inoltre, il trauma del 2013 ha contribuito a sottolineare la continuità tra tutti i Papi del Vaticano II: la dichiarazione di Abu Dhabi, firmata da papa Francesco, mostra un’evidente affinità con le giornate succedutesi ad Assisi, presiedute da Giovanni Paolo II e Benedetto XVI; e in principio, quanto accaduto ad Assisi come quanto accaduto ad Abu Dhabi non avrebbe potuto aver luogo senza il «rispetto» che Nostra ætate accorda alle religioni non cristiane.

Come stupirsi allora se il blog ratzingeriano del vaticanista Sandro Magister, originariamente vicino al cardinale Ruini, ha dedicato ampio spazio al dibattito sul Concilio Vaticano II, così come quelli di Marco Tosatti e di Aldo Maria Valli?

Un libro-evento: L’altro Vaticano II di Aldo Maria Valli

Si dà il caso che quest’ultimo avesse appena pubblicato, una quindicina di giorni prima dell’intervento sopra citato del Papa, un libro dedicato alla critica del Concilio [2]. Si può dire che fosse in particolare a questo testo, che infastidiva il suo entourage, che il pontefice pensasse durante il suo discorso? Perché Valli non è una figura marginale. Giornalista specializzato nelle questioni religiose, ha lavorato o lavora per riviste come Studi cattolici, Il Regno, per la televisione (Tg3 nazionale, Tg1, vale a dire i telegiornali del principale canale televisivo pubblico italiano, la Rai).

Il suo testo riunisce autori tra loro relativamente diversi, ma che formulano tutti grosse riserve in merito all’ultimo concilio: Enrico Radaelli, che è in breve il prosecutore del pensiero di Romano Amerio; Éric Sammons; padre Serafino Lanzetta, che insegna presso la facoltà cattolica di Lugano; monsignor Guido Pozzo, ex-presidente della Commissione Ecclesia Dei; il cardinale Zen; padre Alberto Strumia; monsignor Schneider; Giovanni Formicola, che scrive in particolare su Cultura & Identità; monsignor Viganò; Roberto de Mattei di Corrispondenza Romana; Padre Giovanni Cavalcoli, domenicano.

Padre Cavalcoli qui spiega, ad esempio, come i risultati pastorali del Concilio possano essere discussi, ma le sue dottrine debbano essere accolte. Al contrario, Éric Sammons reputa di dover contestare con forza questo Concilio in quanto tale, benché un tempo lo avesse difeso. Padre Strumia riconosce come il Vaticano II abbia numerosi difetti, ma senza farne un capro espiatorio. Monsignor Pozzo si concentra sull’ermeneutica del rinnovamento nella continuità, alla quale Padre Lanzetta non crede, richiamando il principio in claris non fit interpretatio. «Affidarsi – scrive – all’ermeneutica per risolvere il problema della continuità è in sé un problema» (pag. 17). E monsignor Viganò insiste dicendo che il ricorso all’ermeneutica, «cosa che non è mai stata necessaria per nessun altro concilio», considera l’eterogeneità del Vaticano II in relazione ai concili precedenti.

Un tema forte tra gli interventi riguarda logicamente il carattere «pastorale» del Vaticano II. «La pastoralità prevedeva un’assenza di condanna ed una non-definizione della fede, secondo un modo d’insegnare nuovo per i nostri tempi. Questo modo nuovo ha influenzato la dottrina e viceversa. Noi percepiamo il problema nella sua pienezza oggi, in un tempo in cui si preferisce lasciar da parte la dottrina per motivi eminentemente pastorali, senza tuttavia poter fare a meno d’insegnare un’altra dottrina» (Serafino Lanzetta, pag. 19).

Ma come uscire da questa situazione? Il cardinale Brandmüller aveva suggerito di «storicizzare» il Vaticano II e di superarlo senza colpo ferire, evitandone una correzione magisteriale diretta: ad esempio, la dichiarazione Nostra ætate, che viene ridotta a una presa di posizione storica dalla pubblicazione dell’Istruzione Dominus Jesus. Ciò non risolve veramente la difficoltà, in quanto Nostra ætate resta un riferimento in quanto tale. Quanto a monsignor Viganò, questi propone di rigettare magisterialmente l’intero corpus conciliare, in quanto le parti difettose influenzano il tutto. Tra i due si pone monsignor Schneider, che immagina possibile la correzione magisteriale delle espressioni e delle dottrine ambigue, ciò che permetterebbe di conservare gli insegnamenti fondati su quanto sia incontestabilmente tradizionale.

Questo dibattito potrebbe essere tacciato come insignificante col pretesto d’aver luogo tra persone considerate marginali. Ma è necessario resistere a tale giudizio, poiché in un contesto ideologico, come quello della Chiesa dopo il Vaticano II, qualsiasi voce discordante viene immediatamente bollata come marginale. Giudizio ch’essa stessa può aggravare con goffaggini di comunicazione e d’espressione (si pensi alla critica pur fondata di monsignor Lefebvre contro la nuova messa, considerata tuttavia con disprezzo col pretesto ch’egli definisse il novus ordo la «messa di Lutero»).

D’altronde, occorre ben notare come qualsiasi critica relativa a punti discutibili o erronei del Vaticano II non possa che sfociare necessariamente in riflessioni relative all’«uscita» da questa situazione. Per questo, invece di ritenere insignificanti tali discussioni sull’«uscita» dal Concilio, poiché tenute da prelati che non dispongono di alcun potere per trasformarle con processi operativi, bisogna piuttosto valutare come essi contribuiscano ad accrescere la critica del Concilio all’interno di un cattolicesimo che continuerà a nutrirsi dell’esasperazione delle tensioni di fine pontificato. In modo tale che, se la critica del Vaticano II, ai tempi dell’apparente rinnovamento wojtyliano, poteva sembrare trascurabile (si basava timidamente sul riformismo ovattato di Rapporto sulla fede), ora fa ormai espressamente parte del panorama nel tempo del «non importa cosa» bergogliano.

[1] «Tra Francesco ed il Vaticano II, c’è piuttosto un legame simbolico, quasi mai testuale» (Serafino Lanzetta in L’altro Vaticano II. Voci su un Concilio che non vuole finire, Chorabooks, gennaio 2021, pag. 21).
[2] Op. cit.

“Questa mattina per l’ultima volta i sacerdoti offriranno il Santo Sacrificio individualmente e simultaneamente sui numerosi altari della Basilica di San Pietro, portando a termine una pratica secolare, sopravvissuta a pestilenze, guerre, alla presa di Roma e al Vaticano II” (Eugenio Cecchini @CecchiniEugenio – Twitter, 21 marzo 2021).

Una sciagurata disposizione contrario al diritto ecclesiale universale e che condiziona ingiustamente il dovere primario del singolo sacerdote di offrire quotidianamente la Santa Messa per la salvezza del mondo. Non si tratta solo di un diritto del sacerdote ma anche di grande frutto spirituale per tutta la Chiesa, poiché gli infiniti meriti del Santo Sacrificio della Messa sono applicati più ampiamente e ampiamente in un modo che si addice alla nostra natura finita e temporale, come ha affermato con coraggio cattolico il Cardinale Raymond Leo Burke.

“Ricordatevi che non esistono domande vietate. Quindi fatevele e fatele” (Azzurra Barbuto @AzzurraBarbuto – Twitter, 21 marzo 2021).

Singularem celebrandi

“Salva tamen semper sit cuique sacerdoti facultas Missam singularem celebrandi” (Resti sempre però ad ogni sacerdote la facoltà di celebrare la messa individualmente” (Costituzione del Concilio Vaticano II sulla Sacra Liturgia Sacrosanctum Concilium, paragrafo 57, parte 2, punto 2).

Sacrosanctum Concilium è il documento del Concilio Vaticano II che stabilisce i parametri generali e formula alcune linee guida specifiche, su come celebrare la Santa Messa per renderla spiritualmente più efficace e feconda per la vita del Popolo di Dio. Fu il primo documento in assoluto promulgata dal Concilio Vaticano II, al termine della seconda sessione nell’autunno del 1963. Dopo essere stata votata favorevolmente dai Padri conciliari, la Costituzione fu promulgata da Papa Paolo VI il 4 dicembre 1963.

Pertanto, sulla base di questo punto, si può sostenere che i Padri conciliari hanno espressamente stabilito che un prete cattolico ha e sempre dovrebbe avere il diritto di celebrare la Santa Messa individualmente, senza la necessità che qualcun altro fosse presente e anche senza la necessità di avere altri sacerdoti presenti per concelebrare. Questo sembra un elemento importante da tenere presente quando si cerca oggi, quasi 60 anni dopo, lo “spirito conciliare” su tali questioni liturgiche.

14 marzo 2021

Nello Stato della Città del Vaticano non si muove foglia che Papa Bergoglio non voglia – A Buenos Aires nei tempi dell’Arcivescovo metropolita, Cardinale Jorge Maria Bergoglio si diceva “No vuela un chajá en la pampa sin que lo sepa el Sr. Cardenal”

Le disposizioni emanate con l’insolito documento della Segreteria di Stato, che impartisce – fuori dalle proprie competenze, in violazione del diritto canonico e della dottrina della Chiesa Cattolica Romana – disposizioni per le funzioni liturgiche nella Basilica papale di San Pietro, sarà effettiva a far data dal 22 marzo 2021. Da quel giorno non sarà più permesso celebrare delle Sante Messe individuali nella Basilica di San Pietro, celebrate da un prete da solo, senza fedeli, e la drastica riduzione, con la limitazione ad un solo altare, nella cripta della Basilica, per le Sante Messe nella Forma Straordinaria del Rito Romano.

Si riceve conferma certa – da fonte interna – che l’autore di tale disposizione è il Sostituto per gli Affari Generali della Segreteria di Stato e che la sigla sul timbro della Nota è autentica, cioè suo. Questo a conferma che il Sostituto è solo un fedele esecutore di ordini superiori. Lo era Becciu, lo è Peña Parra.
Inoltre, si apprende – dalla medesima fonte interna – che l’insolita disposizione è stata emessa per volontà di Papa Francesco. Quindi, il motivo della comunicazione impartita con questa inconsueta e irrituale modalità è l’assoluta discrezione richiesta dal Pontefice, affinché la disposizione venisse recepita con un basso profilo.

Il tempismo con la quale è stata emessa questa Nota è sorprendente – non è passato neanche un mese – dalla rinuncia per raggiunti limito di età del Card. Angelo Comastri [QUI]. Tutto ciò rende bene l’idea – e ci convince – che l’operazione è stata organizzata da tempo.

Il documento viene inoltrato come una Nota interna, per la quale è prassi del Sostituto apporre solo una sigla. Ma c’è di più. Il documento è privo del numero di protocollo, segno evidente che del documento non si deve lasciare un tracciamento ufficiale.

Il Sostituto ha eseguito ciò che il Papa ha ordinato e l’ha fatto con la discrezione richiesta. Il Cardinale Burke ha dichiarato illegittima la disposizione, in quanto è fuori dalla competenza della Segreteria di Stato. Per questo il Cardinale Burke ne ha richiesto il ritiro prima del 22 marzo p.v., data di entrata in vigore della stessa.

Rimane la domanda cruciale in questo strano caso – per usare un eufemismo: se il documento è stato richiesto dal Papa, nonostante la violazione del diritto canonico e della Dottrina della Chiesa Cattolica Romana, la disposizione è legittima?

15 marzo 2021

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