Mala tempora currunt sed peiora parantur | Tempora bona veniant, Pax Christi veniat, Regnum Christi veniat | Parte 2

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Prosegue dalla Parte 1: QUI.

Fa discutere parecchio, da quando è uscito alcuni giorni fa, il nuovo libro scritto con coraggio e realismo da Marco Tosatti, vaticanista di lunga corsa e gestore del blog Stilum Curiae. Galleria neovaticana. Modernismo, vizi innominabili e corruzione ai tempi di Bergoglio (Edizioni Radio Spada 2021, 128 pagina). Il libro dell’amico e collega Tosatti è uscito con la Prefazione da Mons. Carlo Maria Viganò, Arcivescovo titolare di Ulpiana, già Nunzio apostolico negli Stati Uniti d’America dal 2011 al 2016; l’Introduzione di Maike Hickson, PhD, studiosa di letteratura e collaboratrice di LifeSiteNews e OnePeterFive; e la Nota delle Edizioni Radio Spada di Piergiorgio Seveso.

Marco Tosatti, 15 gennaio 2007 (Foto di Donat Brykczynski).

Conversazione (esplosiva) Radio Spada – Marco Tosatti su “Galleria neovaticana”
Radiospada.org, 6 marzo 2021

Il libro Galleria neovaticana è stato annunciato da pochi giorni e già desta grande attenzione. Facendo riferimento al sottotitolo Modernismo, vizi innominabili e corruzione ai tempi di Bergoglio il lettore noterà che l’aspetto più strettamente dottrinale si trova nelle premesse (in particolare rimandiamo alla nota editoriale), mentre la “galleria neovaticana” propriamente intesa, si può scoprire sfogliando i vari capitoli del lavoro di Marco Tosatti e nell’introduzione di Maike Hickson. Oggi Radio Spada ha voluto conversare – pur nella netta diversità di posizioni sulle origini della crisi nella Chiesa – con l’Autore del volume, per fornire qualche elemento in più alle tante persone interessate.

RS: Gentile Dott. Tosatti, benvenuto. Partiamo dalle domande più immediate: cos’è Galleria neovaticana e perché è un libro da leggere?
Credo che sia un libro – pur piccolo, avrebbe potuto certamente essere più corposo – importante. Perché dimostra come il problema degli abusi sia stato nascosto, sottovalutato e mistificato negli anni passati; e ancora adesso, a dispetto delle dichiarazioni roboanti sia un reale problema. Parlo di abusi, e non di pedofilia; perché molto spesso le vittime sono seminaristi, o giovani sacerdoti, magari già maggiorenni. E anche quando sono minorenni, gli studi dimostrano che le vittime sono adolescenti post-puberi dai 16 ai 18 anni, in percentuali che sfiorano il 90 per cento. Gli abusi sono in grandissima maggioranza di maschi su maschi: e questo apre il capitolo dell’omosessualità nella Chiesa.

RS: Un’obiezione che arriva subito è: c’è davvero bisogno di parlare di fatti sconvenienti e di accuse un po’ scabrose, quando la crisi che investe il clero odierno è prima di tutto dottrinale?
In realtà se leggete il libro vi accorgete che non c’è nessun cedimento a dettagli piccanti e/o pruriginosi e tantomeno si solletica la fantasia del lettore. Lo sforzo è quello di dimostrare che a causa della mancanza di fede, che è la prima causa, nella Chiesa sono invalsi comportamenti illeciti; e che anche l’autorità massima che dovrebbe sanzionare questi comportamenti sembra chiudere un occhio (e anche tutti e due). Anzi, la quantità di persone protagoniste di questi comportamenti promosse fa pensare che vengano scelte proprio per la loro vulnerabilità personale, che ne fa strumenti docili. Chi è integerrimo può parlare con coraggio e chiarezza.

RS: Non riveliamo nulla ai lettori ma sfogliando il libro si ha da subito una doppia impressione: 1. che possa esistere, a prescindere dalle implicazioni dei singoli, una sorta di lobby filogay nei vertici ecclesiastici; 2. che pure alcuni Suoi colleghi giornalisti siano coscienti di questo fatto o almeno abbiano indizi in tal senso. Le domande a questo punto sorgono spontanee. Perché sono solo una stretta minoranza quelli che ne parlano (o anche solo ne accennano)? Oltre a quanto scritto nel libro – e rigorosamente senza far nomi – Lei, alla luce della Sua lunga carriera, ha elementi ulteriori che confermano questa ipotesi?
Sono i fatti che parlano, purtroppo e avallano l’impressione a cui accennate nel punto 1). E scelte recentissime: mi riferisco ad esempio alla nomina del card. Tobin alla Congregazione dei Vescovi. Vedete, questo libro non dà giudizi, ma si limita a elencare fatti e circostanze ben note, di pubblico dominio nella maggior parte; alcune che erano frutto di informazioni personali mentre lo stavo preparando, sono nel frattempo venute alla luce pubblicamente. E la forza dei fatti e delle circostanze è schiacciante, per quanti vogliano prenderne atto. E così veniamo al punto 2).  Perché assistiamo, dal punto di vista dell’informazione che riguarda il Vaticano, a un’omologazione senza precedenti alla narrazione voluta dal regime. Ciò – purtroppo lo vediamo quotidianamente – accade anche nell’informazione generale. Ma nell’informazione vaticana, per tutta una serie di cause – vicinanza ideologica, debolezza professionale, pressioni psicologiche, semplice idolatria del personaggio – mettere in luce i legami, le simpatie, le tolleranze che il vertice attuale della Chiesa esercita nei confronti di questo tipo di persone è coraggioso, e problematico. Perché metterebbe in luce un meccanismo di potere che di evangelico sembra avere molto poco. E chi lo facesse si troverebbe immediatamente in una posizione difficile. Così è più comodo per il quieto vivere adagiarsi sulla narrazione dominante. Guardate che cosa è successo con la denuncia dell’arcivescovo Viganò: solo due colleghe, Anna Matranga e Cindy Wooden, su un parterre di decine di inviati, hanno avuto il coraggio di porre domande precise al Pontefice regnante. Gli altri, muti. Anzi c’è chi ancora adesso, nelle grandi agenzie internazionali, sembra avere come unico scopo quello di attaccare Viganò…Penoso, per la professione.

RS: Facciamo un passo indietro. Lei fa il vaticanista da decenni, ha seguito le vicende dei vertici della Chiesa, ha assistito al succedersi sul soglio di Pietro di uomini tra loro diversi. Negli ultimi anni, in particolare con il lavoro quotidiano di Stilum Curiae, ha approfondito sempre più il drammatico tema della crisi nella Chiesa. È stata una presa di coscienza graduale? C’è stato un fatto scatenante? Insomma, è stato il “bergoglismo” a far scattare il Lei l’allarme?
Il dicembre prossimo saranno quarant’anni esatti che seguo questo settore, dopo aver coperto in precedenza cronaca parlamentare, diplomazia, scuola e università, cronaca sindacale e cronaca. Fra l’altro, per una serie di circostanze fortunate, fui presente, unico giornalista, al ritrovamento del cadavere di Aldo Moro in via Caetani, e detti la notizia con mezz’ora di anticipo su tutti. Lavoravo per La Stampa e Stampa Sera, che uscì con un’edizione straordinaria. Ho seguito Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, e dopo decenni di distanza dalla fede sono tornato a credere. Questo, diciamo, verso la fine degli anni ’90. Il problema però è che io sono rimasto a credere quello che la Chiesa proclamava e credeva fino al marzo 2013, in parole, fatti, e, soprattutto scelta di uomini. Ora assistiamo a uno smantellamento strisciante. E non si può non rendersene conto, come diceva il compianto card. Caffarra. “Solo i ciechi…”.

RS: Dal 2016 non pubblica più per La Stampa. Le Sue posizioni non erano più gradite? Recentemente abbiamo dialogato col Dott. Valli e anche a Lei vorremmo fare la stessa domanda. Oltre al campo lavorativo, come sono state recepite la critiche al “bergoglismo” nei Suoi ambienti di riferimento?
Ho lavorato per La Stampa per oltre quarant’anni. Ho scritto talvolta articoli che certamente non piacevano alla proprietà. Ma non sono mai stato censurato. Questo invece è accaduto nel 2016, nel blog che curavo, San Pietro e Dintorni, in due diversi articoli che trattavano di questioni legate alla famiglia e alla lobby gay. Inoltre, in precedenza, collaboravo con Vatican Insider; ma come ha scritto Sandro Magister, senza essere, a quel che mi risulta, smentito, Vatican Insider riceveva finanziamenti da organizzazioni cattoliche americane, probabilmente grazie a buoni uffici della Segreteria di Stato. E la mia posizione di denuncia di determinati fatti – in particolare nei due Sinodi sulla Famiglia – mi rendeva molesto…Torniamo alla domanda precedente, quella sull’informazione.

RS: Da parte nostra, come sa, l’operato di Bergoglio è visto come conseguenza naturale del Vaticano II in primis e dei gravi errori dei suoi ultimi predecessori in secundis. Lei ha avuto l’opportunità di seguire da vicino sia Giovanni Paolo II che Benedetto XVI. Può darci, in quanto vaticanista, l’impressione personale che ha avuto su questi due regni e sulle figure che li hanno retti?
Non credo si possano avere dubbi che sia l’uno che l’altro abbiano commesso errori, sia nella scelta degli uomini che da un punto di vista dottrinale (non a caso il card. Ratzinger non andò ad Assisi, nel primo incontro per la pace). Ma in entrambi la fede era forte, e il rispetto per la tradizione bimillenaria della Chiesa radicato e solido. Non pensavano né l’uno né l’altro di costituire il km. zero della Chiesa cattolica, come invece ho l’impressione che si voglia fare adesso.

RS: Queste domande ne potrebbero aprire molte altre ma, per ora, fermiamoci qui. Grazie ancora!

Prosegue con la Parte 3: QUI.

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