Sofismi e sottigliezze

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Talora i messaggi del Cardinale Robert Sarah sono di estrema sottigliezza. D’altronde non potrebbe essere diversamente di fronte alla ruvidezza del Principale, di qua giù ovviamente. Quello di là su Lo vogliamo pensare ben più misericordioso. Riuscire a districarsi tra il gelo delle corti è cosa ai nostri tempi sconosciuta, oggi dominano il cinismo e la indifferenza, non meno temibili. Ahimè quanto rimpiangiamo l’ampio spettro delle umanità manzoniane, che sia pure tra le grandi tragedie non ci hanno fatto mai mancare il conforto, oggi raro, della bontà.

Noi cercheremo di estrapolare quelle chiarità in questo articolo di Matteo Matzuzzi sul Foglio del 10 marzo 2021, che potremmo definire inequivocabili, e che vorremmo fare uscire dall’alveo di untuosità del Cardinale nero, contrapposto al Papa nero, anche se Sarah nega decisamente ogni dialettica critica: “Io contro Francesco? Sciocchezze. Al Papa si obbedisce”. Intervista al cardinale Robert Sarah. Il rapporto con il Pontefice e la verità sul libro scritto con Benedetto XVI. Il Sinodo tedesco e il rischio di un’apostasia silenziosa.

E veniamo a delle precisazioni che mantengono una profonda suggestività: “La chiesa non è una amministrazione né una istituzione umana. la Chiesa prolunga misteriosamente la presenza di Cristo sulla terra. La liturgia, dice il Concilio Vaticano II è il culmine verso cui tende l’azione della Chiesa e, al tempo stesso, la fonte da cui promana tutta la sua energia e in quanto opera di Cristo sacerdote e del suo corpo, che è la Chiesa, è azione sacra per eccellenza, e nessun’altra azione della Chiesa ne eguaglia l’efficacia allo stesso titolo e allo stesso grado, cfr Sacrosanctum Concilium n.7. La Chiesa esiste per dare gli uomini a Dio e Dio agli uomini. Questo è precisamente il ruolo della liturgia: adorare Dio e comunicare la grazia divina alle anime. Quando la liturgia è malata, tutta la Chiesa è in pericolo perché il suo rapporto con Dio non è solo indebolito, ma profondamente danneggiato. La Chiesa corre quindi il rischio di staccarsi dalla sua fonte divina per diventare una istituzione autoreferenziale”.

“Sono molto colpito – aggiunge il Cardinale Sarah -, si parla molto della Chiesa, della sua necessaria riforma. Ma stiamo parlando di Dio?”.  La retorica molto raffinata del Cardinale africano, da tanti anni a Roma, in Curia – precisa di avere servito sotto tre Papi -, ci ricorda la ragione sociale, si direbbe oggi, della Chiesa, quella di prolungare misteriosamente la presenza di Cristo sulla terra. Questa presenza, da molte eresie messa addirittura in dubbio nella sua storicità (e quanto diedero fastidio i libri di Benedetto XVI su Gesù, perché ne riproposero scandalosamente per il nostro tempo, la esistenza storica), è il fulcro della fede: il dialogo con Cristo nel nostro intimo ci lega e ci obbliga ai fratelli.

Ogni altra premura, tutta umanamente ideologica, si sostituisce a questo. Non esiste nessuna premura più alta nella fede che l’amore di Cristo. Perché da quell’amore sincero discende tutto il resto. E invece senza quell’amore, tutte le politiche degli uomini sono faziosamente escludenti, non comprendono, ma escludono. Nonostante tutti i proclami di fratellanza universale.

Le successive notazioni sulla liturgia, ovvero l’essere rivolti verso la Croce, tutti insieme, fedeli e sacerdote, il volere conservare nella liturgia il silenzio che da posto a Dio, di contro a una loquacità che toglie il posto centrale alla Croce, sono questioni che si sono trasformate in questioni ideologiche. Ovvero in una inopportuna e infondata lotta tra progressisti e conservatori. Nella convinzione di taluni che nella storia della Chiesa vi sia un prima e un dopo rispetto al Concilio Vaticano II.

Che dire a commento: che la perdita di una profondità di sentire è forse il Leitmotiv di certa cultura contemporanea. Volere addossare la colpa di tutto ciò ai maestri del sospetto, penso alla psicanalisi ad esempio, è ridicolo. La cultura del nostro tempo nelle sue espressioni più limpide e vere mantiene la profondità della cultura di sempre. Esistono invece delle volgarizzazioni di essa, ovvero delle strumentalizzazioni che vogliono far prevalere il nulla, la ideologia. La divisione. Può definirsi questa vera cultura? Eppure, se l’uomo non è cambiato, mantenendo tutte le sue vive potenzialità, tuttavia non è cambiato nemmeno il Maligno con le sue insidie, le sue macchinazioni, le sue contorsioni.

Foto di copertina: Fra Angelico, Il Giudizio Universale (L’Inferno), 1432-1435, tempera su legno, Museo Nazionale di San Marco, Firenze.

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