La dittatura dell’analfabetismo funzionale, intellettuale e morale abbranca – con i tentacoli dei campioni dell’asineria – poltrone e leve di comando

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Il principio dell’uno uguale uno, produce solo danni. Non è democrazia, vuol dire dittatura dell’ignoranza, da poco dopo la creazione il primo nemico dell’umanità, da allora fino ad oggi. L’ignoranza che è lo strumento prediletto del Gran Bugiardo, il Tentatore, il Seminatore di Zizzania, che la Madre del Signore schiaccia sotto i suoi piedi. Vi propongo oggi – non ho trovato il tempo ieri – l’excursus dell’amico e collega Renato Farina, che ribadisce che l’attuale classe dirigente è composta da incompetenti che sproloquiano su tutto. Un excursus non intesa come divagazione ed esposizione marginale, ma una breve disquisizione che centra in pieno il motivo perché ci siamo meritato il #brancodibalordi che ci governa. Giustamente, perché abbiamo abbandonato la via maestra della metacognizione e abbiamo spento le sinapsi, prestando l’orecchio il Nemico ancestrale. La zucca vuota, ma di successo, è il modello proposto alla gioventù: spegnete il cervello e sarete padroni del mondo: essere intelligenti costa fatica e con l’ignoranza potete ottenere tutto con facilità.

All’inizio delle Sacre Scritture troviamo già l’avvertimento a cosa porta l’ignoranza e il prestare l’orecchio al Principe delle Tenebre, il Gran Nemico dell’Umanità. Nel Libro del Genesi, Capitolo 3, Versi 1-5 apprendiamo che Satana assalì i nostri progenitori per indurli a peccare e la tentazione si rivelò mortale per loro. Il tentatore era il demonio sotto la forma e l’aspetto di un serpente. Il piano di Satana era quello di indurre i nostri progenitori a peccare per separarli così tra loro e dal loro Dio. Quindi il demonio fu fin dall’inizio un assassino e il grande ingannatore. La persona tentata fu la donna: la tattica di Satana consistette nel discutere con lei quando la trovò da sola. Ci sono molte tentazioni in cui essere da soli è un grande svantaggio, ma la comunione dei santi ci dà molta forza e sicurezza. Satana fu avvantaggiato, inoltre, per averla trovata vicino all’albero proibito. Essi, che non avrebbero mai mangiato il frutto proibito, non dovevano nemmeno avvicinarsi all’albero proibito. Satana tentò Eva affinché, per mezzo suo, potesse tentare Adamo. Ed è una sua tattica tentare per mezzo di gente che non sospettiamo nemmeno e per mezzo di coloro che hanno maggior influenza su di noi. Satana chiese se era peccato o no mangiare di questo albero. Egli non manifestò apertamente i suoi progetti ma pose una domanda che sembrava innocente. Colei che doveva mettersi al sicuro, cominciò timidamente a parlare con il tentatore. Egli le presentò il comando divino come sbagliato e le parlò beffardamente. Il demonio, in quanto bugiardo, fu schernitore fin dal principio e gli schernitori sono suoi figli. È arte di Satana parlare della legge Divina come incerta o irragionevole e indurre così la gente a peccare. La nostra saggezza deve consistere nel mantenerci nella solida convinzione del comando di Dio e rispettarlo in sommo grado. Dio non dirà anche più tardi apertamente: “Tu non mentirai, né pronuncerai il mio nome invano, né sarai ubriaco, ecc.”? Sì, certo che l’ha detto e questo è il bene per la mia anima e, per mezzo della sua grazia, mi atterrò fermamente a questo. La debolezza di Eva si manifestò nell’avventurarsi a discutere col serpente: ella avrebbe dovuto percepire nella sua domanda che non aveva buone intenzioni e perciò doveva fuggire. Satana insegna agli uomini prima a dubitare e quindi a negare. Il tentatore promise vantaggi dal loro cibarsi di questo frutto. Egli cercò di renderli insoddisfatti del loro stato presente, come se non fosse buono quel che avevano e doveva desiderare altro. Nessuna condizione porterà soddisfazione a meno che non sia la mente a convincersi. Egli li indusse a cercare qualcosa di meglio e cioè ad essere dei. Satana rovinò sé stesso per tentare di essere simile all’Altissimo, e così cercò di infettare i nostri progenitori con lo stesso desiderio, in modo tale da rovinare anche loro. E ancora il demonio conduce la gente secondo il suo interesse, suggerendo loro pensieri sbagliati su Dio e la falsa speranza di ottenere vantaggi peccando. Pensiamo, quindi, sempre positivamente di Dio come il vero Bene, e pensiamo negativamente del peccato come il male peggiore, così resisteremo al demonio ed egli fuggirà da noi.

Non si può pretendere la soluzione da coloro che il problema lo hanno creato. Conclude Farina: “Non verrà dai vertici la riparazione del modello (dis)educativo regnante. Si deve ripartire dal basso, dalle famiglie, dalla scuola, dagli oratori. Dal popolo insomma. Campa cavallo”. E l’erbe cresce soltanto nei campi dell’educazione alla metacognizione.

Buona lettura.

I veri maestri di ignoranza sono i nostri governanti
di Renato Farina
Libero, 12 marzo 2021


L’umanità ha riconosciuto dai primordi di avere un nemico: l’ignoranza. Ha sempre cercato di emanciparsi da essa per non consentire alla natura e ai prepotenti di sottomettere la brava gente. È sempre stato così. Fino all’arrivo di Di Maio e dei grillini al Potere. Dopo di che l’ignoranza è diventata un titolo di merito, una conquista agognata sul divano, la prova di una purezza adamantina.

Personalmente ho sempre ritenuta diabolica la pretesa della scienza di impadronirsi del mistero dell’essere. Diabolica e persino ridicola. Non c’era bisogno del Covid e delle baruffe gallinacee tra virologi per scoprirlo.  Gli scienziati sono in corsa per darci l’immortalità, ma non sono ancora riusciti a curare la calvizie e il raffreddore. Ma non è un buon motivo per l’instaurazione della dittatura dell’ignoranza, come forma di governo vigente in Italia. Non bisogna confonderla con la confessione di Socrate: “So di non sapere”, perché quella era lealtà dinanzi all’infinità dei mondi. Esprimeva la consapevolezza del limite e subito la voglia si scavalcarlo, di andare oltre l’orizzonte, aprendosi all’avventura mai appagata di “virtute e canoscenza”, per la quale nacque Ulisse e noi con lui.

Qui siamo invece alla prevalenza del “buon selvaggio” e alla affermazione della superiorità morale e persino intellettuale del vuoto mentale conclamato come passaporto per essere classe dirigente. Guai a rovinare con lo studio la foresta vergine e riccioluta come le chiome di Toninelli e della Taverna. I social ma anche i talk show sono dominati dalla filosofia dell’uno vale uno. L’opinione sulle origini del virus dell’analfabeta, ma deputato, dunque portavoce del popolo, vale più del giudizio del professor Giuseppe Remuzzi, in odore di Nobel della medicina, ma proprio per questo inquinato da rapporti università americane e addirittura ricercatori di aziende farmaceutiche. Uno uguale uno vuol dire dittatura dell’ignoranza. Il primo teorico della faccenda fu Jean Jacques Rousseau che, inconsapevole di poter essere due secoli dopo trasformato in piattaforma da Casaleggio, era un filosofo e persino un educatore, anche se siamo certi si sarebbe sparato se avesse intuito che cosa avrebbero fatto dell’Italia le sue idee in mano a Grillo. Sosteneva che la “volontà generale” esprimesse la verità. Essa è stata tradotta come volontà della Rete (Web). Risultato: la tabula rasa.  Non è additata quale modello la competenza esito della fatica e premiata per questo; è la zucca vuota ma di successo ad essere proposta come esempio alla nostra gioventù.

Il certificato di battesimo

Come ha scritto Antonio D’Anna su Italia Oggi l’unico titolo di studio che non è biasimato è il certificato di battesimo, anche perché nessuno ti può incolpare di aver sgobbato e passato notti insonni per ottenerlo. Siamo portati – e la mia modesta prosa lo dimostra – a scherzarci su. Ma è una tragedia della civiltà. E questo stato di cose è insieme esito e causa dello stato di crisi se non di coma delle grandi agenzie educative.  La famiglia, la scuola, la Chiesa, lo Stato, l’esercito sono stati, e dovrebbero tuttora essere, le forme con cui gli individui associandosi consegnano l’eredità di valori e conoscenze alla generazione successiva. I giovani per salire sulle spalle di chi li ha preceduti devono arrampicarsi, spellandosi le mani, giocando la loro libertà: per sviluppare o negare la proposta dei padri e delle madri, dei maestri e dei preti. Si annega tutti nel mar nero dell’uno vale uno, cioè zero, che è il nome della cultura prevalente: il nichilismo. Che non è colpa dei ragazzi ignoranti, ma degli adulti che non hanno saputo accendere la fiaccola affascinante di una bellezza e di una conoscenza da attingere come acqua fresca nel deserto.

È uscito di recente un libro illuminante: Sotto il segno dell’ignoranza (Ed. Egea, pagg. 184, € 22) di Paolo Iacci, che non è un filosofo teoretico ma uno che sta in trincea, grande esperto in gestione delle risorse umane. La prima riga del volume è lapidaria: “In Italia vige la dittatura dell’ignoranza”. Quel che segue è una fotografia tremenda. “Questa è la nuova questione morale del Paese. La classe dirigente ha da tempo abdicato a favore di una orda di incompetenti che stanno occupando i posti di potere e che si approfittano della volontà di cambiamento diffusa nel Paese per occupare indegnamente i principali posti di responsabilità”.

Dopo di che è arrivato Mario Draghi, che è tutto meno che incompetente e negazionista dei congiuntivi. Esaudendo l’invocazione disperata di Berlusconi a Mattarella e al buon Dio si sarebbe cambiato paradigma. Speranza assai tenue. Il catrame della divina ignoranza ha inzuppato i gangli vitali della società e i meccanismi di selezione della classe politica. La dittatura dell’analfabetismo intellettuale e morale allunga ancora i suoi tentacoli abbrancando poltrone e leve di comando. Tant’è che Draghi e Mattarella, pur avendone tutte le facoltà e i poteri, hanno “dovuto” stendere il tappeto del governo perché sia calpestato dagli zoccoli di alcuni campioni dell’asineria. Non verrà dai vertici la riparazione del modello (dis)educativo regnante. Si deve ripartire dal basso, dalle famiglie, dalla scuola, dagli oratori. Dal popolo insomma. Campa cavallo.

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