Papa: la fraternità è fruttuosa
Nell’udienza generale di oggi, in streaming da Palazzo Apostolico, papa Francesco ha raccontato il viaggio compiuto in Iraq, portando a compimento il ‘sogno’ di san Giovanni Paolo II, ma soprattutto ha posto interrogativi sulle responsabilità di chi ha causato la guerra:
“Baghdad è stata nella storia una città di primaria importanza, che ha ospitato per secoli la biblioteca più ricca del mondo. E che cosa l’ha distrutta? La guerra. Sempre la guerra è il mostro che, col mutare delle epoche, si trasforma e continua a divorare l’umanità. Ma la risposta alla guerra non è un’altra guerra, la risposta alle armi non sono altre armi.”
Il papa ha ricordato di aver portato a termine, ringraziando Dio, il progetto di san Giovanni Paolo II: “Mai un Papa era stato nella terra di Abramo; la Provvidenza ha voluto che ciò accadesse ora, come segno di speranza dopo anni di guerra e terrorismo e durante una dura pandemia. Dopo questa Visita, il mio animo è colmo di gratitudine”.
Una gratitudine a Dio ed a chi ha reso possibile questo pellegrinaggio: “Ho sentito forte il senso penitenziale di questo pellegrinaggio: non potevo avvicinarmi a quel popolo martoriato, a quella Chiesa martire, senza prendere su di me, a nome della Chiesa Cattolica, la croce che loro portano da anni; una croce grande, come quella posta all’entrata di Qaraqosh”.
Il papa ha visto la distruzione, però ha visto la gioia degli iracheni: “L’ho sentito in modo particolare vedendo le ferite ancora aperte delle distruzioni, e più ancora incontrando ed ascoltando i testimoni sopravvissuti alle violenze, alle persecuzioni, all’esilio…
E nello stesso tempo ho visto intorno a me la gioia di accogliere il messaggero di Cristo; ho visto la speranza di aprirsi a un orizzonte di pace e di fraternità, riassunto nelle parole di Gesù che erano il motto della visita: ‘Voi siete tutti fratelli’.
Ho riscontrato questa speranza nel discorso del Presidente della Repubblica, l’ho ritrovata in tanti saluti e testimonianze, nei canti e nei gesti della gente. L’ho letta sui volti luminosi dei giovani e negli occhi vivaci degli anziani”.
Inoltre ha ribadito il diritto alla pace del popolo iracheno: “Il popolo iracheno ha diritto a vivere in pace, ha diritto a ritrovare la dignità che gli appartiene. Le sue radici religiose e culturali sono millenarie… La risposta è la fraternità. Questa è la sfida per l’Iraq, ma non solo: è la sfida per tante regioni di conflitto e, in definitiva, per il mondo intero”.
Per tale ragione è stato pregato insieme in nome di Abramo: “Per questo ci siamo incontrati e abbiamo pregato, cristiani e musulmani, con rappresentanti di altre religioni, a Ur, dove Abramo ricevette la chiamata di Dio circa quattromila anni fa.
Abramo è padre nella fede perché ascoltò la voce di Dio che gli prometteva una discendenza, lasciò tutto e partì. Dio è fedele alle sue promesse e ancora oggi guida i nostri passi di pace, guida i passi di chi cammina in Terra con lo sguardo rivolto al Cielo. E a Ur, stando insieme sotto quel cielo luminoso, lo stesso cielo nel quale il nostro padre Abramo vide noi, sua discendenza, ci è sembrata risuonare ancora nei cuori quella frase: Voi siete tutti fratelli”.
Ha ricordato i martiri cristiani dell’Iraq: “La Chiesa in Iraq è una Chiesa martire e in quel tempio, che porta inscritto nella pietra il ricordo di quei martiri, è risuonata la gioia dell’incontro: il mio stupore di essere in mezzo a loro si fondeva con la loro gioia di avere il papa con sé.
Un messaggio di fraternità abbiamo lanciato da Mosul e da Qaraqosh, sul fiume Tigri, presso le rovine dell’antica Ninive. L’occupazione dell’Isis ha causato la fuga di migliaia e migliaia di abitanti, tra cui molti cristiani di diverse confessioni e altre minoranze perseguitate, specialmente gli yazidi. E’ stata rovinata l’antica identità di queste città”.
Però ora resta il sogno abramitico: “La speranza di Abramo e della sua discendenza si è realizzata nel mistero che abbiamo celebrato, in Gesù, il Figlio che Dio Padre non ha risparmiato, ma ha donato per la salvezza di tutti: Lui, con la sua morte e risurrezione, ci ha aperto il passaggio alla terra promessa, alla vita nuova dove le lacrime sono asciugate, le ferite sanate, i fratelli riconciliati.
Cari fratelli e sorelle, lodiamo Dio per questa storica Visita e continuiamo a pregare per quella Terra e per il Medio Oriente.In Iraq, nonostante il fragore della distruzione e delle armi, le palme, simbolo del Paese e della sua speranza, hanno continuato a crescere e portare frutto.
Così è per la fraternità: non fa rumore, ma è fruttuosa e ci fa crescere. Dio, che è pace, conceda un avvenire di fraternità all’Iraq, al Medio Oriente e al mondo intero!”