Dovete costruire il mondo e non solo sognarlo. Lo Sdegno e il Coraggio, due bellissimi figli della Speranza

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Riproponiamo ai nostri attenti e affezionati lettori le parole della Dott.ssa Valentina Villano, giovane psicologa clinica. La sua Lettera aperta a Papa Francesco continua a destare in noi spunti interessanti di riflessione, stimolando un approfondimento sull’approccio alla vita e alla testimonianza cristiana, in tempo di pandemia. Condividiamo il pensiero di Sant’Agostino, considerato dalla Dott.ssa Villano. Ci soffermiamo, in particolare, sulla capacità degli esseri umani, di essere attori protagonisti della loro vita.

La vita che viviamo può condurci ad attuare un cambiamento, se possediamo dentro di noi il convincimento che lo sdegno ha un limite, superato il quale è richiesto un nostro intervento. La speranza deve essere sempre una fiamma accesa nel cammino della nostra esistenza. Ma la speranza, da sola, non è sufficiente per modificare la storia. Noi possiamo, e dobbiamo, essere protagonisti della nostra vita, essendo consapevoli che siamo noi a doverla rendere migliore.

Il cambiamento spesso è una necessità; è la conseguenza di voler uscire da una situazione di criticità familiare, professionale o personale. Riuscire a cambiare lo “status” di vita, nella quale ci troviamo, non è mai affar semplice. Per riuscire ad essere artefici di un cambiamento, dobbiamo riuscire a compiere atti che richiedono grande forza di volontà. Il cambiamento spaventa. La perdita dei nostri punti fermi, desta in noi paura, poiché crea uno squilibrio nella nostra zona di comfort, nella quale ci sentiamo a nostro agio.

La speranza di una vita migliore si concretizza attraverso l’azione di cambiamento. Il cambiamento avviene tramite una trasformazione soggettiva, nei confronti del mondo che ci circonda, nel quale viviamo, lavoriamo e amiamo. Se un rapporto umano diventa “malsano”, va inevitabilmente modificato. A maggior ragione va cambiata la situazione di vita, che ci crea sdegno, nella quale rileviamo abusi, soprusi e ingiustizie. Nella quale non vediamo considerata, come primaria, la Parola di Dio.

Per trovare, dentro di noi, la forza di volontà capace di sovvertire lo sdegno per ciò che ci circonda, dobbiamo inevitabilmente liberarci delle strutture che ci siamo costruiti intorno. Strutture caratteriali e comportamentali, che reprimono i nostri sentimenti di giustizia, di equità, di difesa dei diritti dei più deboli. Liberandoci delle strutture che impediscono la nostra trasformazione, saremo più liberi di attuare il cambiamento sperato. Il primo cambiamento che dobbiamo volere, è la trasformazione che avviene dentro noi stessi. Cambiando noi stessi, cambiamo la realtà che ci crea sdegno.

Preghiera della serenità
Signore, concedimi la serenità di accettare le cose che non posso cambiare; la forza ed il coraggio di cambiare le cose che posso cambiare; e la saggezza di conoscerne la differenza. Vivendo un giorno alla volta; godendo di un momento alla volta; accettando le avversità come la via alla pace; prendendo, come egli stesso ha fatto, questo mondo di peccati com’è, e non come lo vorrei io; fidandomi che egli farà tutto giusto se mi arrendo alla sua volontà; che io sia ragionevolmente felice in questa vita e supremamente felice con lui per sempre nella prossima (Reinhold Niebuhr, 1943).

Condividendo le parole della Dott.ssa Villano, concordiamo che la preparazione del futuro passa per lo sdegno nei confronti della realtà delle cose. Cambiare il nostro futuro, significa iniziare a modificare il nostro presente, consapevoli che l’unica strada da percorrere è la via del coraggio.

L’essere umano, dopo aver raggiunto la nausea per la realtà che lo circonda, può fare due scelte: assuefarsi alla realtà nauseabonda, oppure provare a cambiare la realtà che lo circonda.

Siamo convinti, che la storia viene scritta ogni giorno dal coraggio delle persone. Siamo convinti che, nessuno ha mai scritto la storia dalla “comfort zone” della propria personalità.

Il Popolo di Dio è capace di non arrendersi di fronte alle distorte realtà, che troppo spesso il mondo propone.

“In questo mondo ci sono delle frontiere e delle divisioni tra gli uomini, come pure delle incomprensioni tra le generazioni; vi sono anche razzismo, guerre, ingiustizie, come vi sono fame, sprechi, disoccupazione. Questi sono mali drammatici che colpiscono tutti, in particolare i giovani, nel mondo intero. Certi rischiano di scoraggiarsi, altri rischiano di rassegnarsi, altri ancora rischiano di voler cambiare tutto con la violenza o con soluzioni estreme. La saggezza c’insegna che l’autodisciplina e l’amore sono allora le sole leve del rinnovamento desiderato. Dio non vuole che gli uomini restino passivi. Ha affidato loro la terra perché sia da essi dominata, perché la coltivino e la facciano fruttificare insieme. Voi siete responsabili del mondo di domani. Assumendo pienamente le vostre responsabilità, con coraggio, voi potrete vincere le attuali difficoltà. Spetta a voi dunque prendere iniziative e non aspettare tutto dagli adulti e da chi ha autorità. Dovete costruire il mondo, e non solo sognarlo” (San Giovanni Paolo II, Discorso ai giovani nello Stadio di Casablanca, 19 agosto 1985).

Condividendo gli interrogativi della Dott.ssa Villano, ci interroghiamo sulla preparazione più opportuna, volta allo sguardo sul futuro, nel quale pensiamo di proiettarci. Ci interroghiamo continuamente, sul mediocre presente che viviamo. Intorno a noi vediamo spadroneggiare confusione e incertezza, in ogni ambito della vita umana.

Gli interrogativi che la Dott.ssa Villano rivolge a Papa Francesco, somigliano alle parole evocate da una altura montana; voci urlate al vento che, accavallandosi tra loro, creano eco nella valle. Domande che riecheggiano nella storia, senza adeguata risposta.

La risposta a questi interrogativi, va ricercata, secondo noi, in quelle parole capaci di donare linfa vitale, per affrontare un presente, che ci vede sempre più fisicamente divisi, sempre più isolati e rinchiusi in noi stessi. Le risposte non vanno cercate nell’eco delle domande urlate al vento, da una altura montana. Perché Il vento non porta risposte, il vento porta solo altro vento.

Cercando spunti interessanti nelle “parole in volo”, pronunciate da Papa Francesco al ritorno dall’Iraq, abbiamo appreso che anche lui, in questo tempo di pandemia, si è sentito isolato, si è sentito imprigionato. Svolgendo il Viaggio Apostolico in Iraq, il Papa ha dichiarato in un certo senso di essere ritornato alla vita: “Io mi sento diverso quando sono lontano dalla gente nelle udienze. Vorrei ricominciare le udienze generali al più presto. Speriamo che ci siano le condizioni, in questo io seguo le norme delle autorità. Loro sono i responsabili e loro hanno la grazia di Dio per aiutarci in questo, sono i responsabili nel dare le norme. Ci piacciano o non ci piacciano, i responsabili sono loro e devono fare così. Adesso ho ricominciato con l’Angelus in piazza, con le distanze si può fare. C’è la proposta di piccole udienze generali, ma non ho deciso finché non si rende chiaro lo sviluppo della situazione. Dopo questi mesi di prigione, davvero mi sentivo un po’ imprigionato, questo viaggio è stato per me rivivere” [QUI].

Alla luce della conferma, che il prossimo Viaggio Apostolico avrà luogo in Ungheria e sul discernimento, nel quale il Papa attende una risposta intima, consideriamo opportuno incrociare questo aspetto della dimensione umana del Papa, con la modalità di scelta dei Viaggi Apostolici da compiere: “A me fa bene ascoltare, questo mi aiuta a prendere più avanti delle decisioni. Ascolto i consiglieri e alla fine prego, rifletto tanto, su alcuni viaggi io rifletto tanto. Poi la decisione viene da dentro, di pancia, quasi spontanea, ma come frutto maturo. È un percorso lungo. Alcuni sono più difficili altri più facili” – prosegue – ” i viaggi si ‘cucinano’ nel tempo nella mia coscienza, e questa è una delle cose che mi faceva forza. Ho pensato tanto, ho pregato tanto su questo e alla fine ho preso la decisione che veramente veniva da dentro. E io ho detto che Quello che mi dà di decidere così, si occupi della gente. Ma dopo la preghiera e dopo la consapevolezza dei rischi. Dopo tutto”.

Come la Dott.ssa Villano ha affermato nella sua Lettera aperta a Papa Francesco, anche noi siamo convinti che il futuro è frutto di una lunga e precisa preparazione, che riferendosi al passato, mette in pratica nel presente azioni accurate. La visione d’insieme di frasi ad effetto enunciate restano frasi astratte, che non aiutano i fedeli nel percorso quotidiano del discernimento. A noi mancano le Udienze, mancano le catechesi, in cui viene approfondita la Parola di Dio; Parola che diviene roccia e salvezza, per un Popolo di Dio in costante cammino. Nella consapevolezza che non possiamo trovare risposte, dove le risposte non ci sono; e non possiamo trovare la luce dove dominano le tenebre.

Ringraziando la Dott.ssa Villano, ci congediamo dai nostri attentati e affezionati lettori, con un quesito. Con un quesito che viene formulato e subito svelato, per confermare nella Fede il Popolo di Dio, mostrando la giusta direzione nella quale deve proseguire il nostro cammino.

“Che cosa siete venuti a cercare? O meglio, chi siete venuti a cercare? La risposta non può essere che una sola: siete venuti a cercare Gesù Cristo! Gesù Cristo che però, per primo, viene a cercare voi” (San Giovanni Paolo II, Cerimonia di accoglienza, XV Giornata mondiale della gioventù, Piazza San Pietro, 15 agosto 2000).

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