Papa Francesco visiterà l’Ungheria

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Di ritorno dall’Iraq papa Francesco ha incontrato i giornalisti a bordo del volo papale, intrattenendosi in una articolata conferenza stampa che ha trattato del viaggio apostolico appena concluso e anche di altri argomenti di attualità, annunciando la sua prossima visita in Ungheria per la Santa Messa alla conclusione del 52^ Congresso Eucaristico Internazionale.

Dopo il suo atterraggio a Ciampino, ha informato la Sala Stampa vaticana, il papa si è fermato a pregare nella Basilica di Santa Maria Maggiore, davanti all’icona della Vergine Salus Populi Romani, sul cui altare ha deposto un mazzo di fiori portato dall’Iraq.

Il papa ha lasciato l’Iraq dopo aver abbracciato la comunità cattolica locale, emersa in certo modo dalle catacombe in cui l’aveva confinata la ferocia jihadista, ma anche allacciato nuovi rapporti lungo la strada del dialogo interreligioso, con il lungo dialogo avuto con l’Ayatollah Al-Sistani, massima autorità sciita del Paese, e con gli altri leader religiosi simbolicamente riuniti nella Piana di Ur dei Caldei, luogo di partenza di Abramo verso la Terra promessa che ora, negli auspici del papa, diventa quella della pace per tutto il Medio Oriente.

Nel viaggio di ritorno papa Francesco ha ringraziato i giornalisti, specialmente le giornaliste: “Prima di tutto grazie per il vostro lavoro, per la vostra compagnia, e la vostra stanchezza. Oggi è la festa della donna, complimenti alle donne!

Nell’incontro con la moglie del Presidente dell’Iraq parlavamo del perché non ci sia la festa degli uomini. Io ho detto: ma perché noi uomini siamo sempre in festa! La moglie del Presidente mi ha parlato delle donne, ha detto cose belle oggi, quella fortezza che hanno le donne nel portare avanti la vita, la storia, la famiglia, tante cose”.

Il papa ha risposto subito ad una domanda sulla dichiarazione della fratellanza e sulla situazione libanese: “Il documento di Abu Dhabi del 4 febbraio è stato preparato con il grande Imam in segreto, durante sei mesi, pregando, riflettendo e correggendo il testo… E’ importante il cammino della fratellanza.

Il documento di Abu Dhabi ha lasciato in me l’inquietudine della fratellanza, e poi è uscita ‘Fratelli tutti’. Ambedue i documenti si devono studiare perché vanno nella stessa direzione, sulla via della fratellanza. L’Ayatollah Al Sistani ha una frase che cerco di ricordare bene: gli uomini sono o fratelli per religione o uguali per creazione. Nella fratellanza è l’uguaglianza, ma sotto l’uguaglianza non possiamo andare. Credo che sia una strada anche culturale”.

Per quanto riguarda il Libano il papa ha detto di poter fare anche lì un viaggio apostolico: “Vengo alla seconda domanda: il Libano è un messaggio, il Libano soffre, il Libano è più di un equilibrio, ha la debolezza delle diversità, alcune ancora non riconciliate, ma ha la fortezza del grande popolo riconciliato, come la fortezza dei cedri.

Il patriarca Rai mi ha chiesto per favore durante questo viaggio di fare una sosta a Beirut, ma mi è sembrato un po’ poco… Una briciola davanti a un problema, a un Paese che soffre come il Libano. Gli ho scritto una lettera, ho fatto la promessa di fare un viaggio. Ma il Libano in questo momento è in crisi, ma in crisi, non voglio offendere, in crisi di vita. Il Libano è tanto generoso nell’accoglienza dei profughi”.

Ed ha parlato dell’incontro con Al Sistani: “Io credo che sia stato un messaggio universale Ho sentito il dovere di fare questo pellegrinaggio di fede e di penitenza, e di andare a trovare un grande, un saggio, un uomo di Dio: soltanto ascoltandolo si percepisce questo. Parlando di messaggi, direi che è un messaggio per tutti, e lui è una persona che ha quella saggezza e anche la prudenza”.

Dopo il Libano è stata posta una domanda sul Medio Oriente a 10 anni dal Sinodo: “La vita dei cristiani è travagliata, ma non solo quella dei cristiani, abbiamo parlato degli yazidi… E questo, non so perché, mi ha dato una forza molto grande.

C’è il problema della migrazione. Ieri mentre tornavamo in macchina da Qaraqosh a Erbil, vedevo tanta gente, giovani, l’età è molto molto bassa. E la domanda che qualcuno mi ha fatto: ma qual è il futuro per questi giovani? Dove andranno? In tanti dovranno lasciare il Paese.

Prima di partire per il viaggio l’altro giorno, venerdì, sono venuti a congedarmi dodici iracheni profughi: uno aveva una protesi alla gamba perché era scappato finendo sotto i camion e aveva avuto un incidente.

La migrazione è un diritto doppio: diritto a non migrare, diritto a migrare. Questa gente non ha nessuno dei due, perché non possono non migrare, non sanno come farlo. E non possono migrare perché il mondo ancora non ha preso coscienza che la migrazione è un diritto umano”.

Ed ha parlato dell’incontro con il babbo di Alan Kurdi, a cui ha regalato la scultura alla FAO: “Servono urgenti misure perché la gente abbia lavoro nei propri Paesi e non debba migrare. E poi misure per custodire il diritto di migrazione.

E’ vero che ogni Paese deve studiare bene la capacità di ricevere perché non è soltanto la capacità di ricevere e lasciarli sulla spiaggia. E’ riceverli, accompagnarli, farli progredire e integrarli. L’integrazione dei migranti è la chiave…

Io vorrei ringraziare i Paesi generosi che ricevono i migranti: il Libano che ha, credo, 2.000.000 di siriani; la Giordania (purtroppo non ci passeremo sopra e il re voleva farci un omaggio con gli aerei al nostro passaggio) è generosissima: più di 1.500.000 di migranti. Grazie a questi Paesi generosi! Grazie tante!”

Poi gli è stato chiesto di raccontare la sua visita a Qaraqosh: “Il contatto col popolo ci salva, ci aiuta, noi diamo l’eucarestia, la predicazione, la nostra funzione. Ma loro ci danno l’appartenenza. Non dimentichiamo questa appartenenza al popolo di Dio. Cosa ho incontrato in Iraq, a Qaraqosh? Io non mi immaginavo le rovine di Mosul, non mi immaginavo davvero… Sì, avrò visto le cose, ho letto il libro, ma questo tocca, è toccante.

Quello che più mi ha toccato è la testimonianza di una mamma a Qaraqosh. Hanno dato la loro testimonianza un prete che veramente conosce la povertà, il servizio, la penitenza, e una donna che nei primi bombardamenti dell’Isis ha perso il figlio. Lei ha detto una parola: perdono. Sono rimasto commosso. Una mamma che dice: io perdono, chiedo perdono per loro”.

Ed infine un pensiero dedicato alle donne: “Le donne si vendono, le donne si schiavizzano. Anche nel centro di Roma il lavoro contro la tratta è un lavoro di ogni giorno. Nel Giubileo sono stato a visitare una delle tante case dell’Opera don Benzi. Ragazze riscattate, una con l’orecchio tagliato perché non aveva portato i soldi quel giorno, l’altra portata da Bratislava nel bagagliaio della macchina, schiava, rapita. Questo succede fra noi, eh! La tratta della gente…

Pensare che in un posto è stata fatta una discussione se il ripudio alla moglie deve essere dato per scritto o soltanto orale. Neppure il diritto di avere l’atto di ripudio! Ma questo succede oggi, ma per non allontanarci pensiamo al centro di Roma, alle ragazze che sono rapite e sono sfruttate. Credo di aver detto tutto su questo”.

(Foto: Santa Sede)

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