Il papa a Erbil: la Chiesa irakena è viva

Condividi su...

“Ora, si avvicina il momento di ripartire per Roma. Ma l’Iraq rimarrà sempre con me, nel mio cuore. Chiedo a tutti voi, cari fratelli e sorelle, di lavorare insieme in unità per un futuro di pace e prosperità che non lasci indietro nessuno e non discrimini nessuno. Vi assicuro le mie preghiere per questo amato Paese. In modo particolare, prego perché i membri delle varie comunità religiose, insieme a tutti gli uomini e le donne di buona volontà, cooperino per stringere legami di fraternità e solidarietà al servizio del bene e della pace. Salam, salam, salam! Shukrán! Dio benedica tutti! Dio benedica l’Iraq! Allah ma’akum!”

In questo modo papa Francesco, che domani rientra a Roma, ha chiesto pace per l’Iraq al termine della celebrazione eucaristica nello stadio di Erbil, ringraziando il popolo irakeno per l’ospitalità: “Sono grato a tutti voi che lo avete preparato e accompagnato con la preghiera e mi avete accolto con affetto.

Saluto in particolare la cara popolazione curda. Esprimo viva riconoscenza al Governo e alle autorità civili per il loro indispensabile contributo; e ringrazio tutti coloro che, in molti modi, hanno collaborato all’organizzazione di tutto il viaggio in Iraq, le autorità irachene, tutte, e i tanti volontari. Grazie a tutti!”

In particolare ha ringraziato coloro che hanno collaborato all’organizzazione di tale viaggio: “In questi giorni passati in mezzo a voi, ho sentito voci di dolore e di angoscia, ma ho sentito anche voci di speranza e di consolazione.

E questo è merito, in buona parte, di quella instancabile opera di bene che è stata resa possibile grazie alle istituzioni religiose di ogni confessione, grazie alle vostre Chiese locali e alle varie organizzazioni caritative, che assistono la gente di questo Paese nell’opera di ricostruzione e rinascita sociale. In modo particolare, ringrazio i membri della ROACO e le agenzie che essi rappresentano”.

Davanti a 10.000 fedeli papa Francesco ha chiesto di essere portatori di pace: “Com’è facile cadere nella trappola di pensare che dobbiamo dimostrare agli altri che siamo forti, che siamo sapienti… Nella trappola di farci immagini false di Dio che ci diano sicurezza…. In realtà, è il contrario, tutti noi abbiamo bisogno della potenza e della sapienza di Dio rivelata da Gesù sulla croce.

Sul Calvario, Lui ha offerto al Padre le ferite dalle quali noi siamo stati guariti. Qui in Iraq, quanti dei vostri fratelli e sorelle, amici e concittadini portano le ferite della guerra e della violenza, ferite visibili e invisibili!

La tentazione è di rispondere a questi e ad altri fatti dolorosi con una forza umana, con una sapienza umana. Invece Gesù ci mostra la via di Dio, quella che Lui ha percorso e sulla quale ci chiama a seguirlo”.

Poi il papa ha chiesto di purificare il proprio cuore: “Come Gesù non tollerò che la casa del Padre suo diventasse un mercato, così desidera che il nostro cuore non sia un luogo di subbuglio, disordine e confusione. Il cuore va pulito, va ordinato, va purificato. Da che cosa? Dalle falsità che lo sporcano, dalle doppiezze dell’ipocrisia. Tutti noi ne abbiamo”.

Occorre quindi purificare il cuore dalle sicurezze ingannevoli: “Sono malattie che fanno male al cuore, che infangano la vita, la rendono doppia. Abbiamo bisogno di essere ripuliti dalle nostre ingannevoli sicurezze che mercanteggiano la fede in Dio con cose che passano, con le convenienze del momento. Abbiamo bisogno che siano spazzate via dal nostro cuore e dalla Chiesa le nefaste suggestioni del potere e del denaro”.

E per fare questa pulizia c’è bisogno di sporcarsi le mani: “Per ripulire il cuore abbiamo bisogno di sporcarci le mani: di sentirci responsabili e non restare a guardare mentre il fratello e la sorella soffrono. Ma come purificare il cuore? Da soli non siamo capaci, abbiamo bisogno di Gesù. Lui ha il potere di vincere i nostri mali, di guarire le nostre malattie, di restaurare il tempio del nostro cuore”.

Con la cacciata dei mercanti dal tempio Gesù invita a pensare in altro modo la fede: “Gesù non solo ci purifica dai nostri peccati, ma ci rende partecipi della sua stessa potenza e sapienza. Ci libera da un modo di intendere la fede, la famiglia, la comunità che divide, che contrappone, che esclude, affinché possiamo costruire una Chiesa e una società aperte a tutti e sollecite verso i nostri fratelli e sorelle più bisognosi.

E nello stesso tempo ci rafforza, perché sappiamo resistere alla tentazione di cercare vendetta, che fa sprofondare in una spirale di ritorsioni senza fine”.

In questo modo possiamo essere testimoni di Dio: “Con la potenza dello Spirito Santo ci invia, non a fare proselitismo, ma come suoi discepoli missionari, uomini e donne chiamati a testimoniare che il Vangelo ha il potere di cambiare la vita. Il Risorto ci rende strumenti della pace di Dio e della sua misericordia, artigiani pazienti e coraggiosi di un nuovo ordine sociale”.

Questa è la promessa di Gesù: “Con gli occhi della fede, riconosciamo la presenza del Signore crocifisso e risorto in mezzo a noi, impariamo ad accogliere la sua sapienza liberatrice, a riposare nelle sue ferite e a trovare guarigione e forza per servire il suo Regno che viene nel nostro mondo.

Dalle sue piaghe siamo stati guariti; nelle sue piaghe, cari fratelli e sorelle, troviamo il balsamo del suo amore misericordioso; perché Egli, Buon Samaritano dell’umanità, desidera ungere ogni ferita, guarire ogni ricordo doloroso e ispirare un futuro di pace e di fraternità in questa terra”.

Il papa ha concluso l’omelia, ricordando il motivo di questo viaggio apostolico: “La Chiesa in Iraq, con la grazia di Dio, ha fatto e sta facendo molto per proclamare questa meravigliosa sapienza della croce diffondendo la misericordia e il perdono di Cristo, specialmente verso i più bisognosi.

Anche in mezzo a grande povertà e difficoltà, molti di voi hanno generosamente offerto aiuto concreto e solidarietà ai poveri e ai sofferenti. Questo è uno dei motivi che mi hanno spinto a venire in pellegrinaggio tra di voi a ringraziarvi e confermarvi nella fede e nella testimonianza. Oggi, posso vedere e toccare con mano che la Chiesa in Iraq è viva, che Cristo vive e opera in questo suo popolo santo e fedele”.

Al termine della celebrazione eucaristica l’arcivescovo di Erbil, mons. Bashar Watti Warda, ha ringraziato il papa per il suo coraggio: “La ringraziamo per le preghiere per i perseguitati e gli emarginati, qui in Iraq e nel mondo intero. Noi sappiamo che Lei ha continuato a pregare per noi in tutti i nostri periodi di oscurità. Sappiamo che attraverso le Sue preghiere, mai siamo stati dimenticati…

Infine, La ringraziamo per il messaggio di pace che ha portato a Erbil e a tutto l’Iraq. Il Suo potente messaggio di fratellanza e perdono è ora un dono per tutto il popolo dell’Iraq che ci lascia (a ciascuno di noi in questo Paese) una responsabilità perdurante a dare vita continuamente al Suo messaggio nella nostra vita quotidiana, da oggi in poi”.

Inoltre la Sala stampa vaticana ha riferito che al termine della messa papa Francesco ha incontrato Abdullah Kurdi, il padre del piccolo Alan, naufragato con il fratello e la madre sulle coste turche nel settembre 2015, mentre con la famiglia tentava di raggiungere l’Europa.

(Foto: Santa Sede)

Free Webcam Girls
151.11.48.50