Papa Francesco chiede il silenzio delle armi in Iraq

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Dopo 15 mesi papa Francesco ha ripreso i viaggi apostolici ed oggi è atterrato in Iraq, culla della fede di Abramo, in una terra che avrebbe voluto visitare  san Giovanni Paolo II, ma che fu ‘scoraggiato’ da dinieghi delle autorità, ringraziando i giornalisti che seguiranno il viaggio:

“Buongiorno e grazie per la compagnia, grazie di venire ed io sono contento di riprendere i viaggi. Questo viaggio è emblematico ed è un dovere verso la terra martoriata da tanti anni. Grazie per accompagnarmi. Io cercherò di seguire le indicazioni e non dare la mano ad ognuno ma non voglio rimanere lontano, passerò a salutarvi più da vicino. Grazie tante”.

Nel primo discorso alle autorità civili ed al Corpo Diplomatico nella terra di Abramo papa Francesco ha detto di venire come pellegrino: “Vengo come pellegrino per incoraggiarli nella loro testimonianza di fede, speranza e carità in mezzo alla società irachena…

La mia visita avviene nel tempo in cui il mondo intero sta cercando di uscire dalla crisi della pandemia da Covid-19, che non ha solo colpito la salute di tante persone, ma ha anche provocato il deterioramento di condizioni sociali ed economiche già segnate da fragilità e instabilità”.

Ha chiesto ai governanti di costruire l’unità del Paese: “Negli scorsi decenni, l’Iraq ha patito i disastri delle guerre, il flagello del terrorismo e conflitti settari spesso basati su un fondamentalismo che non può accettare la pacifica coesistenza di vari gruppi etnici e religiosi, di idee e culture diverse.

Tutto ciò ha portato morte, distruzione, macerie tuttora visibili, e non solo a livello materiale: i danni sono ancora più profondi se si pensa alle ferite dei cuori di tante persone e comunità, che avranno bisogno di anni e anni per guarire”.

Ha ricordato che la pace è creata dalle ‘differenze’: “Pertanto, solo se riusciamo a guardarci tra noi, con le nostre differenze, come membri della stessa famiglia umana, possiamo avviare un effettivo processo di ricostruzione e lasciare alle future generazioni un mondo migliore, più giusto e più umano.

A questo riguardo, la diversità religiosa, culturale ed etnica, che ha caratterizzato la società irachena per millenni, è una preziosa risorsa a cui attingere, non un ostacolo da eliminare. Oggi l’Iraq è chiamato a mostrare a tutti, specialmente in Medio Oriente, che le differenze, anziché dar luogo a conflitti, devono cooperare in armonia nella vita civile”.

Ma anche sottolineato che la convivenza ‘pacifica’ è un compito difficile, che si basa sulla libertà religiosa: “La coesistenza fraterna ha bisogno del dialogo paziente e sincero, tutelato dalla giustizia e dal rispetto del diritto. Non è un compito facile: richiede fatica e impegno da parte di tutti per superare rivalità e contrapposizioni, e parlarsi a partire dall’identità più profonda che abbiamo, quella di figli dell’unico Dio e Creatore.

In base a questo principio la Santa Sede, in Iraq come altrove, non si stanca di appellarsi alle Autorità competenti perché concedano a tutte le comunità religiose riconoscimento, rispetto, diritti e protezione. Apprezzo gli sforzi già intrapresi in questo senso e unisco la mia voce a quella degli uomini e delle donne di buona volontà affinché essi proseguano a beneficio del Paese”.

Riprendendo il messaggio per la pace ha sottolineato che essa è una virtù: “E’ una virtù che ci porta a compiere gesti concreti di cura e di servizio, con particolare riguardo per i più vulnerabili e bisognosi. Penso a coloro che, a causa della violenza, della persecuzione e del terrorismo hanno perduto familiari e persone care, casa e beni primari.

Ma penso a tutta la gente che lotta ogni giorno in cerca di sicurezza e di mezzi per andare avanti, mentre aumentano disoccupazione e povertà… Dopo una crisi, non basta ricostruire, bisogna farlo bene: in modo che tutti possano avere una vita dignitosa. Da una crisi non si esce uguali a prima: si esce o migliori o peggiori”.

Rivolgendosi alle autorità ha chiesto di cessare la guerra: “Tacciano le armi! Se ne limiti la diffusione, qui e ovunque! Cessino gli interessi di parte, quegli interessi esterni che si disinteressano della popolazione locale. Si dia voce ai costruttori, agli artigiani della pace! Ai piccoli, ai poveri, alla gente semplice, che vuole vivere, lavorare, pregare in pace.

Basta violenze, basta estremismi, fazioni, intolleranze! Si dia spazio a tutti i cittadini che vogliono costruire insieme questo Paese, nel dialogo, nel confronto franco e sincero, costruttivo; a chi si impegna per la riconciliazione e, per il bene comune, è disposto a mettere da parte i propri interessi. In questi anni l’Iraq ha cercato di porre le basi per una società democratica”.

Poi il papa ha giudicato necessaria la partecipazione civile: “E’ indispensabile in tal senso assicurare la partecipazione di tutti i gruppi politici, sociali e religiosi e garantire i diritti fondamentali di tutti i cittadini. Nessuno sia considerato cittadino di seconda classe. Incoraggio i passi compiuti finora in questo percorso e spero che rafforzino la serenità e la concordia”.

Ha anche rivolto un appello alla comunità internazionale, affinchè abbia un ruolo importante per la pace in Medio Oriente: “Anche la comunità internazionale ha un ruolo decisivo da svolgere nella promozione della pace in questa terra e in tutto il Medio Oriente.

Come abbiamo visto durante il lungo conflitto nella vicina Siria (dal cui inizio si compiono in questi giorni ben dieci anni!), le sfide interpellano sempre più l’intera famiglia umana. Esse richiedono una cooperazione su scala globale al fine di affrontare anche le disuguaglianze economiche e le tensioni regionali che mettono a rischio la stabilità di queste terre”.

Ha chiesto che tutti collaborino alla costruzione della società civile: “Venire incontro ai bisogni essenziali di tanti fratelli e sorelle è atto di carità e di giustizia, e contribuisce a una pace duratura. Auspico che le nazioni non ritirino dal popolo iracheno la mano tesa dell’amicizia e dell’impegno costruttivo, ma continuino a operare in spirito di comune responsabilità con le Autorità locali, senza imporre interessi politici e ideologici”.

Infine anche la religione deve contribuire alla pace, ricordando il contributo dei cristiani in questa terra: “Al contrario Dio, che ha creato gli esseri umani uguali nella dignità e nei diritti, ci chiama a diffondere amore, benevolenza, concordia. Anche in Iraq la Chiesa Cattolica desidera essere amica di tutti e, attraverso il dialogo, collaborare in modo costruttivo con le altre religioni, per la causa della pace.

L’antichissima presenza dei cristiani in questa terra e il loro contributo alla vita del Paese costituiscono una ricca eredità, che vuole poter continuare al servizio di tutti. La loro partecipazione alla vita pubblica, da cittadini che godano pienamente di diritti, libertà e responsabilità, testimonierà che un sano pluralismo religioso, etnico e culturale può contribuire alla prosperità e all’armonia del Paese”.

(Foto: Santa Sede)

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