Don Ruccia: i misericordianti sulla strada della Croce

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“Passare a far parte della comunità dei pasti significa conseguire la titolarità attraverso la logica dell’amore gratuito. La condivisione, l’accoglienza, la promozione di chi nel mondo è un escluso, la lungimiranza per la promozione del lavoro e l’investimento oscillante tra evangelizzazione e carità fino al punto da sentirsi prima ed essere dopo famiglia, vuol dire mangiare lo stesso pasto nello stesso posto e sullo stesso scanno”.

Partiamo da un commento al passo evangelico di un banchetto per parlare con don Antonio Ruccia, parroco e docente  di Teologia Pastorale presso la facoltà teologica di Bari, che insieme a Mimma Scalera, ha scritto una Via Crucis, incentrata su ‘I misericordianti. Insieme sulla strada del Calvario’, chiedendogli di spiegarci che sono i ‘misericordianti’:

“I misericordianti non sono gli operai di una fabbrica che, indossata la tuta al mattino, ne escono solo nel primo pomeriggio con il volto segnato dalla fatica. Non sono i questuanti che vivono alle spalle degli altri, piangendosi addosso e sperando che qualcuno, impietosito dai lamenti, lasci cadere qualche monetina.

Non sono una nuova confraternita ‘della buona morte’ che rispolvera, nelle settimane della quaresima, gli abiti neri e gli strumenti che hanno inchiodato Gesù alla periferia di Gerusalemme. I misericordianti sono uomini e donne che, seguendo le orme di Gesù, producono un’energia nuova in grado di ribaltare ogni croce che è stata conficcata nella terra.

Le opere di misericordia corporali e quelle spirituali richiedono che i cristiani non siano un popolo di ‘trascinanti’, ma di ‘edificanti’ in grado di restituire la dignità ad ogni persona permettendole di riscattare il proprio peccato e la situazione di disagio in cui si trova”.

In quale modo è possibile risorgere da misericordianti?

“In tanti continuano a pensare che la risurrezione sia una questione dell’aldilà, dimenticando che Gesù è risorto nella storia. I misericordianti sono tutti quelli che, avendo percorso la strada dietro la croce di Gesù, non si sono fermati alle prime difficoltà, non si sono lasciati condizionare dalla fatica di un’ascesa o dalla costante tentazione di guardare in basso piuttosto che volgere lo sguardo verso l’alto.

I misericordianti hanno il volto delle donne che vanno al sepolcro la mattina di Pasqua mettendo da parte la paura di essere tacciate di bigottismo e sfidando quelli che le avrebbero voluto rinchiuse per sempre nel dolore. Si risorge da misericordianti ogni volta che non ci si chiude nelle sicurezze della propria vita. La nostra è una società dell’egoismo che sta pagando una cambiale con una morte preconfezionata.

La crisi pandemica che stiamo vivendo ha allargato i confini dei cimiteri e ha fatto funzionare ‘a mille’ i forni crematori tristemente famosi dopo il secondo conflitto mondiale. Essa è frutto di una crisi economica sfociata in una guerra assurda e subdola dove, senza distinzione, tutti sono stati reclutati.

I misericordianti  della risurrezione sono menti pensanti, cuori battenti e mani operanti che con Cristo continuano a rimettere in vita. Oggi, nella quaresima della pandemia, il messaggio è chiaro: solo agendo per il bene, denunziando le forme di violenza e oppressione e, soprattutto, reinventando un cristianesimo di strada è possibile risorgere con Cristo”.

Come è possibile camminare sulla strada del Calvario?

“La strada che conduce al Calvario non è carrabile. Non va percorsa con gli scarponi del montanaro, né con gli anfibi dei militari. Non è un percorso ad ostacoli da superare per conseguire un premio dopo aver oltrepassato il traguardo. La strada del Calvario si percorre insieme agli operatori di pace, ai costruttori della carità che smascherano i soprusi che si perpetuano a danno dei poveri e a quelli che credono in una nuova economia di giustizia.

Sono i cristiani senza aureole che, con una tempra marcata, intendono essere una Chiesa ‘senza periferie’ dove ognuno è centro ed è determinante tanto da assumere i tratti somatici della bellezza che Cristo ha mostrato sul Tabor.

Sulla strada del Calvario si cammina uscendo da una vita di penombra, da un cristianesimo della superficialità e dell’anonimato per dare dignità ad ogni persona e ad ogni bambino in particolare, gridando il proprio ‘no’ ad ogni forma di xenofobia, ad ogni forma di discriminazione e ad un’economia che stritola o uccide”.  

Come vivere la Quaresima da misericordianti?

“Anche sul Calvario ci sono spettatori non paganti. Sono persone insignificanti che non stanno mai dalla parte di nessuno. Sono curiosi che stanno attendendo il miracolo della croce vuota. Sono i figuranti  di sempre. Sono quelli che nel terzo millennio vivono la quaresima in maniera ‘preconfezionata’.

Sono quelli che digiunano secondo le regole e che non sono mai assenti alle manifestazioni folcloristiche ponendosi in prima fila. Se si intende passare da figuranti a misericordianti, la quaresima va vissuta con le ginocchia piegate dinanzi al tabernacolo e a tutti i tabernacoli viventi della vita; con le mani bucate dall’invocare la pace e la giustizia e dallo spendersi gratuitamente per i poveri;

con la voce dei profeti che meditano sul Vangelo annunciando che ogni volta che sarà salvato un bambino dal massacro di una morte annunziata da una cartella clinica o da una bomba che scende dall’alto, si potrà dire che la misericordia è l’altra faccia della risurrezione di Gesù”.   

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