Papa Luciani raccontato a Dixit religio

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«Ostensus magis quam status a cento anni dalla nascita di Albino Luciani», di Antonia Pillosio, è il titolo della puntata di «Dixit religio» in onda domenica 3 febbraio alle 16.00 su Rai Storia. Attraverso le testimonianze  degli storici Gianpaolo Romanato, Roberto Pertici, Sylvie Barnay e dello scrittore spagnolo Juan Manuel de Prada, verrà proposta una sintesi del convegno — organizzato dal «Messaggero di sant’Antonio» e da «L’Osservatore Romano» — che si è tenuto in Vaticano nel centenario della nascita di Albino Luciani ed è stato concluso dal patriarca di Venezia, monsignor Francesco Moraglia. La collaborazione di Albino Luciani con il Messaggero di sant’ Antonio nasce nella primavera del 1971 con la popolarissima rubrica di lettere a personaggi storici o della letteratura.

Nel 1974 le lettere erano quaranta, e nei mesi successivi divennero un libro: Illustrissimi. Prima edizione, 1976. Poi arrivò il 1978, Luciani venne eletto Papa. Illustrissimi venne ristampato: tre edizioni in tre anni. La quarta venne rivista dall’autore appena eletto Papa, che la corresse in alcuni punti. Ma il Pontefice non arrivò a vederla, così come non riuscì a vedere le diverse traduzioni moltiplicatesi dopo l’elezione. In seguito, il libro è stato più volte ristampato e ora, nel centenario della nascita dell’autore, viene ripresentato in una nuova edizione. Questa, con l’aggiunta di una nota editoriale e di una breve cronologia, include la prefazione scritta nel 1976 da Igino Giordani (1894-1980), giornalista e politico, esponente di rilievo del cattolicesimo italiano e del movimento dei Focolari.

“Un magistero nuovo, attraente e suadente, fatto per tutti, dotti e indotti, vicini e lontani” scrive Giordani. Una scrittura gentile, una prosa semplice ma sorvegliata, a tratti desueta, a volte benevolmente ironica. L’ultima lettera del cardinale, nella primavera del 1974, è al «caro Gesù», al quale alla fine confessa: “Ho scritto, ma mai sono stato così malcontento di scrivere come questa volta”. Ma aggiungendo con umiltà e fiducia la parola finale di questo singolare epistolario: “C’è un conforto, questo: l’importante non è che uno scriva di Cristo, ma che molti amino e imitino Cristo. E, per fortuna — nonostante tutto — questo avviene ancora”.

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