I Padri della Chiesa on line grazie alla Biblioteca Vaticana

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Un piccolo seme, che contiene un’energia immensa: con questa immagine di evangelica memoria, ormai tre anni fa, nel marzo 2010, l’attuale prefetto della Biblioteca apostolica vaticana, monsignor Cesare Pasini, parlava dei progetti di digitalizzazione dell’immenso patrimonio racchiuso nel cuore del Palazzo apostolico. Ora il primo “gruzzolo” di questo lavoro (si parla di 80 mila manoscritti da mettere in rete, anni di lavoro e 45 Petabyte, ovvero 45 milioni di miliardi di byte) è a portata di “click” nella sezione “manoscritti digitalizzati” del sito della Bav (www.vaticanlibrary.va).

Si tratta di manoscritti latini del Fondo palatino, tra cui ci sono alcuni pezzi di grande valore, come il codice Palatino 1071, risalente alla metà del XIII secolo, che contiene il trattato di falconeria di Federico II di Svevia (“De arte venandi cum avibus”), e il “Vergilius Palatinus”, il codice Palatino 1631, scritto nel V-VI secolo in Italia. Il progetto è condotto dalla Bav in collaborazione con l’università di Heidelberg, dove la Biblioteca Palatina ha le sue origini nel 1386. Dopo il progetto pilota avviato nel 2010, che ha portato a digitalizzare 133 manoscritti medievali (si tratta dei codici anticamente conservati nel monastero di Lorsch), a gennaio 2012 ha avuto inizio il progetto vero e proprio: ogni settimana da quattro a sette manoscritti vengono prelevati dalle stanze del Vaticano e trasportati nello studio di digitalizzazione, oscurato e climatizzato, per essere riprodotti attraverso una fotocamera ad alta risoluzione e archiviati in formato open standard FITS (Flexible Image Transport System), in uso in ambienti scientifici nell’astrofisica e nella medicina.

Ha preso avvio lo scorso aprile e continua, intanto, il Polonsky Foundation Digitisation Project, un’altra iniziativa di digitalizzazione portata avanti dalla Bav insieme alle Bodleian Libraries di Oxford, grazie alla sponsorizzazione della Polonsky Foundation. Cinque anni di lavoro, per digitalizzare un milione e mezzo di pagine, circa 2.500 volumi – tra manoscritti e incunaboli – delle due istituzioni. Della collezione di manoscritti ebraici saranno digitalizzate opere di particolare valore, come il Sifra (IX-X secolo), probabilmente il più antico codice ebraico giunto fino a noi. Tra i manoscritti greci saranno disponibili importanti testimoni delle opere di Omero, Sofocle, Platone, Ippocrate, oltre a codici del Nuovo Testamento e dei Padri della Chiesa, molti decorati con miniature bizantine.

Quanto agli incunaboli sono circa 800 quelli per cui è prevista la digitalizzazione, tra cui il “De Europa” di Pio II Piccolomini, stampato da Albrecht Kunne a Memmingen non oltre il 1491, e la Bibbia latina delle 42 linee di Johann Gutenberg, il primo libro stampato a caratteri mobili (1454-1455). “Attendiamo con fiducia che il seme diventi pianta e attendiamo i nostri lettori, se non delicatamente appoggiati sui rami di una pianticella di senape, accomodati dinanzi ai loro computer a scorrere le immagini che speriamo presto di poter fornire loro nella rete”.

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