Il monaco-ragioniere fondatore laico di Bose non sta dando un bell’esempio alle nuove generazioni

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Sull’attuale atto della commedia recitata dal fondatore della Comunità di Bose, il ragioniere divenuto monaco rimanendo laico Enzo Bianchi abbiamo riferito alcuni giorni fa [Lo stallo a Bose provoca “una sofferenza infruttuosa”. L’ex priore Enzo Bianchi si rifiuta nuovamente di obbedire alla Santa Sede – 18 febbraio 2021 [*]].Oggi riportiamo due passaggi da un articolo a firma di Marco Imarisio d Corriere.it L’ex priore Enzo Bianchi lascia Bose. La resa e il dolore dei suoi: «È un esilio» su Corriere.it di oggi, da cui emerge che Bianchi – forse (parola obbligatoria visto le disobbedienze e le piroette a cui il monaco-laico sui generis ci ha abituato) – sta per lasciare Bose, una frazione di Magnano in provincia di Biella. Poi seguono tre commenti da Settimananews.it: un commento Bianchi segue il rito ambrosiano, forse… a firma di Marcello Neri e due commenti di lettori.

L’ex priore Enzo Bianchi lascia Bose. La resa e il dolore dei suoi: «È un esilio»
Il monaco lascia la comunità che ha fondato, sollecitato anche da un decreto del Papa. Il dolore dei sui collaboratori più stretti. Le casse per il trasloco caricate su un furgone
di Marco Imarisio
Corriere.it, 21 febbraio 2021


La cassa di cartone che il volontario carica su un furgone Iveco vale più di ogni conferma ufficiale. Fratel Enzo Bianchi sta lasciando l’eremo nel quale ha trascorso gli ultimi mesi, a poche decine di metri dalla sua creatura, la comunità che aveva fondato nel 1963, eppure mai così lontano, sempre più lontano. Fino a un punto che si sperava non arrivasse mai. Per nessuna delle parti coinvolte in una contesa cominciata ormai quattro anni fa e ancora oggi incomprensibile ai più. (…)
Nessun ospite è autorizzato a parlare. Abbiamo saputo che questo capitolo si chiude con l’addio di fratel Enzo ai suoi luoghi da monaci che raccomandavano l’anonimato, da persone vicine al diretto interessato, e da quelle poche cose in attesa di essere portate via. «Non è un trasferimento, si tratta di un esilio» dice amaro un suo ex collaboratore, che gli vuole bene, come gliene vogliono quasi tutti. Non sta a noi dare giudizi su una vicenda che ha coinvolto anche il Papa. Ma quale che sia la causa del conflitto, sappiamo che non è stato ben gestito, lasciando trapelare voci, illazioni, sospetti, generando tensioni ulteriori. Fino a questa frattura così definitiva. Non è scritto da nessuna parte che le cose belle come Bose possano durare per sempre.

Bianchi segue il rito ambrosiano, forse…
di Marcello Neri
Settimananews.it, 21 febbraio 2021


Secondo un articolo pubblicato dal Corriere della Sera Enzo Bianchi sarebbe in procinto di lasciare Bose – come concordato da lui stesso con il visitatore nominato dalla Santa Sede e con la comunità. Avrebbe dovuto farlo con l’inizio della Quaresima (mercoledì 17 febbraio), secondo il rito romano; potrebbe farlo adeguandosi al calendario liturgico ambrosiano – dove la Quaresima inizia con la domenica.

Inutile ripercorrere le tappe di una storia che non si sa se è davvero finita, viste le piroette che Bianchi ha orchestrato a ogni passaggio – per guadagnarsi spazio sui media attraverso firme amiche, biasimo dai nemici di sempre, sconcerto tra coloro che a Bose devono un pezzo del loro cammino di fede o anche semplicemente di umanità. Una delle analisi più sobrie ed efficaci della vicenda può essere letta su Avvenire di ieri per mano di Massimo Faggioli, che inquadra la singolarità di Bose nel divenire storico della Chiesa (fatto di infinite singolarità) e nella stagione del post-concilio.

Ci sarà spazio, se Bianchi andrà effettivamente a Cellole, per riflettere in maniera dovuta su quanto accaduto – come un pezzo della storia della Chiesa ancora giovane del dopo Vaticano II. Ci sarà spazio per ritornare ad acquisire familiarità sul tema del carisma di fondazione che, inscritto nell’esperienza di fede di uno o di alcuni, non è mai di sua/loro proprietà.

Rimaniamo in attesa di vedere se una vicenda di Chiesa, certo importante ma piccola, riuscirà a scrivere una pagina migliore rispetto a quella delle istituzioni mondane. Perché nell’orgoglio ferito e vendicativo di Bianchi, venuto fuori in tutta la sua virulenza e collateralismo in questo anno, il difetto più grave è stato proprio quello della mancanza di senso istituzionale – quello che fa la differenza fra proprietà privata e bene comune.

Commenti

«Più che mancanza del senso istituzionale, nel comportamento di Bianchi quello che stupisce il comune fedele che segue questa vicenda, è il constatare che dopo cinquant’anni di vita monastica, al momento della prova l’uomo Bianchi si comporta come chiunque altro, rimanendo orgogliosamente aggrappato con le unghie e coi denti al suo posto. Ammettiamo pure che sia innocente ed ingiustamente allontanato, ma non è proprio questo il momento di mostrare con la propria vita lo spirito evangelico di umiltà, cuore docile, di rinuncia al proprio io, di rinuncia ad ogni possesso? Se cinquant’anni di vita monastica non hanno cambiato il cuore a cosa sono serviti? Sono solo belle parole? L’esempio che Bianchi sta dando alle nuove generazioni è devastante. Se ne rende conto?» (G.P.).

«Non ammettiamo proprio “…. che sia innocente ed ingiustamente allontanato” vogliamo scherzare? Un decreto singolare approvato da Papa Francesco sulla base di voluminosi dossier di vicende raccolte per anni e vogliamo credere alla criptica difesa che fa di sé stesso il signor Bianchi e chi lo spalleggia da vicino e da lontano? Certo stupisce il comune fedele il comportamento barbaro, parola molto usata proprio dal monaco-laico in persona, purtroppo è la triste deriva di una personalità così esagerata» (A.B.).

[*] Qui si trovano anche i link alla copertura precedente di questa saga, iniziata il 26 maggio 2020.

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