Oltre 3000 città in preghiera per la pace in Terra Santa

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Sono già 3.074 le città di ogni parte del mondo da cui provengono adesioni alla V Giornata internazionale di Intercessione per la Pace in Terra Santa, che si svolgerà domenica 27 gennaio ed è promossa da alcune associazioni giovanili cattoliche, sotto il patrocinio del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace. Il cardinale Peter Turkson, presidente del dicastero, nel suo messaggio di saluto ha auspicato che la Giornata “sia, anche quest’anno, un buona occasione per sentirci parte della Chiesa pellegrinante che si fa vicina ai fratelli che hanno più bisogno”, ricordando che “la pace e il bene comune si perseguono comunitariamente, realizzando il bene pieno di ogni essere umano, di ogni popolo”. Al momento sono 92 le città italiane e ben 65 le chiese di Roma che si uniranno in quest’intenzione di preghiera, e oltre 5.000 le celebrazioni che si svolgeranno nelle chiese di ogni continente.

La parrocchia di Cristo Re della città di Nuuk, capitale della Groenlandia, è stata la prima a manifestare la propria adesione: domenica saranno celebrate tre messe e si svolgerà un’ora di adorazione eucaristica guidata dal vescovo diocesano. La Giornata, scrivono i promotori in un comunicato, “è diventata negli anni segno e stimolo per quanti vogliono davvero coltivare questo forte desiderio che nella Terra di Gesù regni quella pace e quella giustizia che può diventare segno di unità e crescita per tutto il mondo”. “Umanamente parlando, non c’e speranza di una soluzione imminente al conflitto israelo-palestinese – asserisce in una lettera monsignor William Shomali, vescovo ausiliare del Patriarcato latino di Gerusalemme –. Ma con gli occhi della fede, crediamo che il Signore è il Dio dell’impossibile, il Dio che può muovere le montagne dell’odio e il peso delle rappresaglie fra i due popoli in conflitto”.

Il presule ricorda le parole del salmo 121, ove il Signore chiede di pregare per la pace di Gerusalemme. “Il fatto che il Signore ci chieda di pregare e di bussare alla sua porta significa che ha la chiave per aprirci – prosegue monsignor Shomali –. Se tarda a rispondere, non significa che non c’è risposta. Un più lungo ritardo può significare che ci prepara una bella sorpresa, più grande delle nostre aspettative”. “Quando la nostra supplica diventa più forte – conclude il vescovo –, il Signore ci aiuterà a trapiantare le montagne dell’odio, del fanatismo e dell’intolleranza, e a portare invece pace e riconciliazione”.

Il custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa, ha inviato per l’occasione un messaggio nel quale invita a pregare “per Gerusalemme così com’è, accettandone la realtà di oggi”, senza giudicare. “Il che vuol dire – conclude il francescano – che prima di pregare, nel nostro cuore, ci deve essere una sincera, profonda e ragionata empatia verso questa situazione di sofferenza, verso tutte le persone coinvolte, verso l’una e l’altra parte”.

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