Lo stallo a Bose provoca “una sofferenza infruttuosa”. L’ex priore Enzo Bianchi si rifiuta nuovamente di obbedire alla Santa Sede

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La Comunità di Bose, in una Nota pubblicata sul proprio sito, ha espresso “profonda amarezza”, perché Enzo Bianchi non si è trasferito da Bose (provincia di Biella in Piemonte) a Cellole (comune di San Gimignano in Toscana), prima dell’inizio della Quaresima, in ottemperanza dell’accordo concordato tra Bianchi, la Comunità e il Delegato del Santo Padre, che avrebbe posto fine ai litigi e alle tensioni nella comunità monastica (composta da ottanta monaci, uomini e donne, fondata nel 1965 da Bianchi, laico e icona del progressismo cattolico), iniziati dopo l’insediamento del nuovo priore, Luciano Manicardi. Lo stallo continua dal 13 maggio 2020.

“Dopo prolungato e attento discernimento e preghiera”, la Santa Sede era giunta a delle conclusioni, sotto forma di un decreto singolare del 13 maggio 2020, a firma del Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato di Sua Santità e “approvato in forma specifica dal Papa”. Fr. Enzo Bianchi, fr. Goffredo Boselli, fr. Lino Breda e suor Antonella Casiraghi “dovranno separarsi dalla Comunità Monastica di Bose e trasferirsi in altro luogo, decadendo da tutti gli incarichi attualmente detenuti”. Era la sofferta decisione presa dalla Santa Sede e comunicata dalla stessa Comunità al termine della Visita apostolica che si era svolta dal 6 dicembre 2019 al 6 gennaio 2020. A darne notizia una Nota pubblicato il 26 maggio 2020 dal Monastero di Bose sul proprio sito, con il titolo “Speranza nella prova”.

L’ex priore di Bose, che era stato chiamato a lasciare entro Mercoledì delle Cenere, 17 febbraio definitivamente la Comunità di Bose, il 13 febbraio su Twitter aveva scritto: “L’esercizio del silenzio è per tutti noi difficile e faticoso, ma viene l’ora nella quale la verità grida proprio con il silenzio: anche Gesù, secondo i Vangeli, ha taciuto davanti ad Erode, e non si è degnato di dargli una risposta. Dunque silenzio sì, assenso alla menzogna no!”. Per la cronaca, Bianchi non ha mai osservato il silenzio, continuando a twittare (per esempio, il 7 gennaio anche con una foto e esternazione in riferimento ai fatti di Capitol Hill) [Comunità di Bose. Il rapporto borderline con la verità del ex priore, twittaro compulsivo ossessivo- 19 agosto 2020].

La pieve di Santa Maria Assunta a Cellole, “una delle più importanti pievi romaniche risalenti al XII secolo esistenti nel territorio” della Valdelsa – secondo il giudizio del professor Antonio Paolucci –, è situata nel comune di San Gimignano (il cui territorio si trova in provincia e, per gran parte, in diocesi di Siena), all’interno del magnifico paesaggio delle colline della Valdelsa.

Nota della Comunità di Bose
Una sofferenza infruttuosa


Con profonda amarezza la Comunità ha dovuto prendere atto che fr. Enzo non si è recato a Cellole nei tempi indicatigli dal Decreto del Delegato Pontificio dello scorso 4 gennaio.

Si trattava di una soluzione messa a punto in questi mesi con l’assenso ribadito per iscritto dallo stesso fr. Enzo e da alcuni fratelli e sorelle disposti a seguirlo per fornirgli tutta l’assistenza necessaria.

Come abbiamo spiegato nel darne notizia, la Comunità ha dovuto rinunciare alla sua Fraternità di Cellole affinché fosse rispettata l’indicazione del Decreto singolare approvato in forma specifica dal Papa che prevedeva per fr. Enzo un allontanamento da Bose e dalle sue Fraternità.

Agendo così la Comunità aveva cercato una modalità di osservanza del Decreto singolare che permettesse a fr. Enzo di andare a vivere in un luogo da lui amato, alla cui ristrutturazione aveva contribuito attivamente, arrivando a determinare anche la disposizione dei locali atti ad accoglierlo una volta dimessosi da priore. Con la soluzione indicata i fratelli extra domum avrebbero continuato a godere di tutti i diritti propri dei membri professi della Comunità, come la partecipazione ai Consigli.

Al contempo, lo spostamento di fr. Enzo a Cellole avrebbe contribuito ad allentare la tensione e la sofferenza di tutti e avrebbe facilitato il lento cammino di riconciliazione e comprensione reciproca.

Per attuare tutto questo, da una settimana i fratelli già presenti a Cellole si sono spostati a Bose e altri due, tra quanti avevano dato la propria disponibilità, si sono recati a Cellole per predisporre al meglio l’arrivo di fr. Enzo.

Purtroppo la mano tesa non è stata accolta e ora la Comunità dovrà anche affrontare l’impegnativo onere di far ripartire la Fraternità di Cellole, poiché la sua chiusura avrebbe prodotto piena efficacia solo a partire dall’arrivo di fr. Enzo alla Pieve.

La presenza di Bose in quel luogo, infatti, è un impegno nei confronti della Diocesi e una responsabilità morale verso le tante persone che là avevano trovato un alimento per la loro vita spirituale e umana. Impegno e responsabilità che sono stati abbondantemente ricompensati dal grande dono dell’amicizia e della comunione fraterna.

Mentre ringraziamo la Santa Sede per come ci sta accompagnando e confermando, affidiamo ancora una volta il nostro cammino alle preghiere di amici e ospiti.

«A Bose ormai è peggio della guerra dei Roses, l’ex priore Enzo Bianchi non se ne va e disubbidisce. (…) è stato fatto fuori dal suo ex braccio destro, fratel Luciano Manicardi, con motivazioni che ad oggi restano sconosciute ai più. Il Vaticano, infatti, nonostante i decreti, le sanzioni e le ingiunzioni di espulsione non ha ancora fornito una spiegazione trasparente sul perché si è generata una situazione tanto difficile e strampalata. (…) Di questa vicenda resta insoluto il mistero di questo provvedimento tanto duro. Ma finora in Vaticano nessuno ha voluto dare spiegazioni ai fedeli, con buona pace della trasparenza richiesta» (Franca Giansoldati – Il Messaggero, 18 febbraio 2021). Indovinello. Di chi sarà mai la colpa di questa “cacciata” in assenza di totale trasparenza? Anche se è unico, ce ne sono tanti. Chi ne detiene il copyright?

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