Australian Gate. Analisi capitolo 4. Child abuse for 1 billion dollars AUS. CRIN 2020 Catholic Church Report

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“Chi invece scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino, e fosse gettato negli abissi del mare. Guai al mondo per gli scandali! È inevitabile che avvengano scandali, ma guai all’uomo per colpa del quale avviene lo scandalo!” (Mt 18,6-7).

Australian Gate è un oceano dell’orrore. È un oceano da 60.000 vittime di violenze sessuali coperte da enormi operazioni finanziarie opache. È un oceano di depistaggi, collusioni e occultamenti della verità. È un “oscuro accordo” tra le gerarchie ecclesiastiche responsabili degli abusi e del loro occultamento. È un “patto criminale” tra la Chiesa Cattolica Romana in Australia e alcune istituzioni statali australiane, resesi complici di un crimine orrendo perpetrato in danno ai bambini.

Presentiamo ai nostri attenti e affezionati lettori questo quarto capitolo di analisi e approfondimento del caso “Australian Gate. Un oceano dell’orrore”. Il tema degli abusi e delle violenze sessuali perpetrati sui bambini e sulle persone vulnerabili ha scosso fortemente la nostra sensibilità. Ci siamo addentrati in questo lavoro provando dolorose emozioni e profondo rispetto per le vittime. È nostra convinzione, che oltre all’empatia e al rispetto dovuto per le vittime di crimini efferati, tutti noi dobbiamo impegnarci a fare di più. Abbiamo preso a cuore questa inchiesta e come è nostra abitudine, oltre all’analisi fredda e lucida, cerchiamo di trasmettere, per mezzo della comunicazione, emozioni umane che possano segnare nuovi confini nella coscienza delle persone che ci leggono. Il lavoro è iniziato, la strada da percorrere è lunga. In quest’alba del terzo millennio, nella quale la Chiesa Cattolica Romana viene posta di fronte alle proprie responsabilità, il popolo di Dio è chiamato ad un’opera coraggiosa di contrasto e di denuncia di crimini efferati, che vengono compiuti contro bambini innocenti e persone indifese e vulnerabili.

Nel 2018, dopo la pubblicazione del Final Report della Royal Commission, la Chiesa Cattolica Romana in Australia ha aderito al National Redress Scheme (Schema di Ricorso Nazionale), istituito in favore delle vittime di abuso sessuale [QUI]. Tale adesione è avvenuta a seguito della richiesta di vecchia data, presentata dal Care Leavers Australasia Network (CLAN) ed era stata caldamente raccomandata dalla stessa Royal Commission.

Il CLAN è un ente nazionale indipendente, fondato nel luglio 2000 da Joanna Penglase e Leonie Sheedy, sostenitori del movimento in supporto alle vittime di abusi nelle istituzioni australiane, grazie al quale è stata fatta una campagna efficace per il risarcimento. Il CLAN è una giusta combinazione di difesa delle vittime e giornalismo investigativo d’inchiesta, che ha portato l’attenzione dell’opinione pubblica sulla questione degli abusi sui minori ottenendo il coinvolgimento opportuno della politica con la successiva attivazione di diverse commissioni di inchiesta sia a livello statale che federale.

In precedenza, la Chiesa aveva già versato 276 milioni di dollari AUS (177,3 milioni di euro) a 3.066 vittime di abusi in 35 anni (tra il 1980 e il 2015) per una media di 91.000 dollari AUS (58.000 euro) a vittima, pari a 7,88 milioni di dollari AUS (5,06 milioni di euro) annui, per il National Redress Scheme). La Chiesa ha stimato che la propria quota dei pagamenti ammonterebbe a 1 miliardo di dollari AUS (642,5 milioni di euro), equivalente a circa il 3% dei beni della Chiesa Cattolica Romana in Australia (beni stimati in 30 miliardi di dollari AUS (19,3 miliardi di euro). Allo stato attuale solo il 5% delle domande di risarcimento è stato elaborato.

Nell’ultimo anno finanziario, il 2019, secondo dati governativi trasparenti verificati da The Age, sono stati effettuati 2.504 pagamenti per il risarcimento delle vittime di abusi sessuali, con una media di 81.876 dollari AUS (52.602 euro) a vittima, per un totale annuo di 205 milioni di dollari AUS (131,7 milioni di euro) [QUI]. Se consideriamo la cifra annuale di 205 milioni di dollari AUS (131,7 milioni di euro) moltiplicata per il periodo di sei anni (2014/2020), sul quale cercano di fare piena luce le indagini condotte dal governo australiano, basandosi su dati governativi relativi al 2019 possiamo ipotizzare, per tale periodo, una somma di risarcimenti pari a 1,2 miliardi di dollari AUS (771 milioni di euro) per 15.000 vittime pari al pagamento medio di 80.000 dollari AUS (56.500 euro) a vittima.

La nostra inchiesta ci induce a ragionare sul periodo 2014/2020 e alla “immensa discrepanza” di 2,2 miliardi di dollari AUS (1,4 miliardi di Euro) rilevata dall’Australian Transaction Reports and Analysis Centre (Austrac), il “cane da tartufi” dell’organo di controllo governativo australiano, su indicazione dell’Autorità di Supervisione e Informazione Finanziaria) (Asif) della Santa Sede [QUI]. L’ingente somma è un dato letto e insolitamente accantonato dall’Austrac, che per ammissione dell’Amministratore delegato Nicole Rose, ha evidenziato dei limiti di competenza in quanto non è autorizzato a effettuare verifiche sui flussi finanziari internazionali che transitano dalla banca centrale australiana. Alla luce del Comunicato della Polizia Federale Australiana del 3 febbraio 2021 [QUI] vi sono indagini in corso che riguardano i flussi finanziari internazionali riferiti a “qualsiasi entità o individuo” riconducibili alla Santa Sede che eventualmente fossero transitati per la banca centrale australiana. Sappiamo che sono stati effettuati pagamenti dallo Stato della Città del Vaticano per l’Australia. Sappiamo che sono stati riconosciuti “legali” per la somma di 9,5 milioni di dollari AUS (6,1 milioni di euro) e che per tali operazioni non sono state riscontrate “condotte criminali”. Oltre ad attendere maggiori informazioni in merito, registriamo e analizziamo la spiegazione fornita dal Comunicato ufficiale della Santa Sede del 13 gennaio 2021: “La cifra è riconducibile, tra l’altro, ad alcuni obblighi contrattuali e all’ordinaria gestione delle proprie risorse”, ponendo la lente sul fatto che nel periodo di 6 anni (2014/2020) la Santa Sede ha inviato in Australia 9,5 milioni di dollari AUS (6,1 milioni di euro), ovvero 1,5 milioni di dollari AUS (964.000 euro) annui per obblighi contrattuali e gestione delle proprie risorse [QUI].

Riteniamo che la spiegazione ufficiale lascia spazio ad ulteriori interrogativi. Se incrociamo la comunicazione ufficiale dalla Santa Sede con i dati che la Chiesa Cattolica Romana in Australia ha presentato per il National Redress Scheme, a nostro avviso ci sono delle incongruenze. Poiché risulta che nel 2018 è stato previsto lo stanziamento di 1 miliardo di dollari AUS (642,5 milioni di euro) per i risarcimenti alle vittime di abuso, se questa cifra (Australia per Australia) può essere intesa come “proprie risorse”  considerando che la Chiesa Cattolica australiana stanzia questa ingente somma per se stessa attingendo dalle proprie risorse, la domanda che sorge spontanea è la seguente, perché la Chiesa Cattolica Romana in Australia, che nel 2018 stanzia con proprie risorse, 1 miliardo di dollari AUS (642,5 milioni di euro), per un periodo di 6 anni ha bisogno di ricevere dal Vaticano, per obblighi contrattuali e ordinaria gestione delle proprie risorse 9.5 milioni di dollari AUS (6,1 milioni di euro) dal 2014 al 2020? La risposta più plausibile è che in Australia vediamo una montagna di denaro che partorisce un topolino di pochi spiccioli, tutto ciò appare quantomeno poco attendibile.

Nel 2020 il Child Rights International Network (CRIN) [Rete Internazionale dei Diritti dei Bambini] ha svolto una dettagliata analisi di studio denominata Child sexual abuse in the Catholic Church in Australia [Abusi sessuali su minori nella Chiesa Cattolica in Australia] dalla quale emergono elementi di rilevo: “La Chiesa Cattolica Romana in Australia ha stimato che la propria quota di pagamenti è di 1 miliardo di dollari AUS (642,5 milioni di euro)”, equivalente a circa il 3% dei beni della Chiesa australiana (beni stimati in 30 miliardi di dollari AUS (19,3 miliardi di euro) [QUI e QUI].

Per molti anni la Chiesa Cattolica Romana in Australia ha negato le proprie responsabilità in merito al crimine degli abusi sessuali sui bambini perpetrato dal clero cattolico all’interno delle proprie istituzioni. Sono stati diffusi crudeltà e abbandono. Grazie al persistente giornalismo investigativo, che ha aiutato le vittime a far emergere la verità, è stata avviata un’indagine nazionale in forma di Royal Commission. Lo studio svolto dal CRIN nel 2020 è un lavoro di analisi dei risultati della Royal Commission e del suo impatto sociale a tre anni dalla pubblicazione del Final Report nel 2017. “Molte vittime hanno parlato di furto della loro innocenza, della perdita della loro infanzia e della loro istruzione in relazione alla loro futura carriera in merito ai danni causati alle loro relazioni personali. Per molti, l’abuso sessuale è un trauma da cui non potranno mai guarire, si è anche assistito a una straordinaria determinazione personale e dimostrazione di resilienza delle vittime sopravvissute. Abbiamo visto molte vittime che, con l’aiuto di professionisti e il supporto adeguato, hanno compiuto passi significativi verso la riabilitazione”.

Se 1 miliardo di dollari AUS (642,5 milioni di euro) sono stati stimati per effettuare i risarcimenti alle vittime di abuso, pagando in media 91.000 dollari AUS (58.000 euro) a vittima, con questa somma si risarciscono circa 11.000 vittime di abuso, sappiamo che il numero delle vittime accertate ad oggi è 60.000, ma la Royal Commission afferma che le vittime sono decine di migliaia e che non è stato possibile accertare il numero reale. Quindi, probabilmente, 1 miliardo di dollari AUS (642,5 milioni di euro) non è sufficiente per i risarcimenti. L’immensa “discrepanza” rilevata da Austrac, insolitamente accantonata ed erroneamente attribuita al Vaticano di 2,2 miliardi di dollari AUS (1,4 miliardi di Euro) può essere stata destinata ai risarcimenti delle vittime di abuso sessuale perpetrato dal clero della Chiesa Cattolica Romana in Australia?

Ad oggi non abbiamo elementi sufficienti per rispondere a questa domanda. Sicuramente gli esiti dell’inchiesta governativa avviata dalla Senatrice Concetta Ferravanti-Wells potranno costituire elementi di prova, che serviranno per definire meglio quelle, che per ora, restano nostre ipotesi. Forse non sono tanto distanti dalla realtà, se nel 2020 sono stati effettuati pagamenti per il risarcimento pari a 205 milioni di dollari AUS (131,7 milioni di euro) moltiplicando questo dato per 6 anni per il periodo (2014-2020) la cifra è pari a 1,2 miliardi di dollari AUS (771 milioni di euro) che sommata alla cifra della stima di 1 miliardo di dollari AUS (642,5 milioni di euro) che la Chiesa Cattolica Romana in Australia ha destinato ai risarcimenti in totale fa proprio 2,2 miliardi di dollari AUS (1,4 miliardi di Euro), che, per strana coincidenza, è proprio la cifra della “discrepanza” segnalata dal noto errore ammesso da Austrac riferito alla “falla” nel sistema di lettura dei codici di “GEO-Codifica” dei flussi finanziari, letti ma insolitamente accantonati e non analizzati del potente organo di controllo finanziario del governo australiano.

Per quanto riguarda i risarcimenti alle vittime, la Royal Commission ha accertato l’evidente disparità dei risarcimenti decisi nei vari processi, la stessa ha indicato che la gestione dei risarcimenti per abuso dovrebbe essere gestita dal governo per garantire un sistema coerente ed equo. Questa importante indicazione della Royal Commission pone di fatto una svolta storica in merito alla trasparenza economica dei risarcimenti. La Chiesa Cattolica Romana in Australia, suo malgrado, è stata costretta a “presentare il conto”, che si traduce in una stima di un piano economico di risarcimento che per la prima volta deve transitare attraverso un percorso statale trasparente, il National Redress Scheme. La Chiesa ha stimato che la propria quota dei pagamenti ammonterebbe a 1 miliardo di dollari AUS (643 milioni di euro). Sebbene la Commissione abbia raccomandato di limitare un singolo pagamento massimo a 200.000 dollari AUS (129.000 euro), il governo purtroppo ha fissato un limite inferiore di 150.000 dollari AUS (97.000 euro). Ci sono tutt’ora richieste per aumentare il limite all’importo raccomandato dalla Royal Commission e sono state mosse critiche per il fatto che solo il 5% delle domande di risarcimento è stato evaso, il risarcimento per le vittime degli abusi è stato ottenuto anche nei tribunali civili grazie alle conclusioni della commissione reale poiché è stato possibile presentare le stesse conclusioni come prove nei vari processi, inoltre è potere della commissione reale avviare un procedimento giudiziale informando direttamente l’autorità giudiziaria delle notizie di reato riscontrate, al termine dei suoi lavori nel 2017 la commissione reale aveva presentato 2.575 deferimenti direttamente all’autorità giudiziaria.

Nel 2019, anche se la Chiesa Cattolica  Romana in Australia ha adottato nuovi standard di salvaguardia, tuttavia, ha rifiutato di adottare alcune indicazioni, compresa l’esortazione della Royal Commission a rimuovere le politiche che “impediscono, ostacolano o scoraggiano il rispetto delle leggi obbligatorie in materia di rendicontazione da parte di vescovi o superiori religiosi”.

Ulteriore raccomandazione riguarda il “sigillo” della confessione. Nel 2019, l’Arcivescovo di Melbourne, Mons. Peter Andrew Comensoli ha affermato di considerare sacro il sigillo e che non avrebbe denunciato sospetti abusi alla polizia se ciò venisse alla luce nel confessionale. Tuttavia, le legislazioni federali e statali stanno pianificando una nuova legge per rendere obbligatoria tale segnalazione, come già avviene in altri contesti professionali. Inoltre, è abolita la prescrizione riguardo i termini della presentazione delle denunce. Le vittime intenzionate a denunciare le violenze non avranno più limiti di tempo per intentare un’azione legale. A seguito delle raccomandazioni della Royal Commission, diversi stati australiani hanno avviato riforme in merito: nel 2015 Victoria, nel 2016 New South Wales e Queensland, nel 2018 South Australia.

Alla luce delle nuove misure adottate dal governo australiano, in sede civile, ci sono stati casi di risarcimenti record.

Nel 2019, una delle vittime del molestatore seriale, il sacerdote pedofilo Gerald Ridsdale, ha ricevuto un risarcimento di 1 milione di dollari AUS (643.000 euro), dopo che alla corte sono state presentate prove della Royal Commission che dimostrano che la Chiesa era a conoscenza che Ridsdale abusava di bambini e lo aveva comunque coperto e spostato di parrocchia in parrocchia quando veniva presentata una denuncia. È stato accertato che Ridsdale ha abusato sessualmente di centinaia di bambini e attualmente sta scontando una pena detentiva di 29 anni per reati sessuali su minori [QUI].

Il 21 gennaio 2021, Peter, vittima del prete pedofilo seriale Bertram Richard Adderley, ha ricevuto un risarcimento record di 2,45 milioni di dollari AUS (1,58 milioni di euro), il più alto della storia della Chiesa Cattolica Romana australiana [QUI].

L’approccio della Royal Commission alle persone sessualmente abusate, si è basato su un modello utilizzato nei servizi diplomatici. Questo approccio è stato elogiato da una delle vittime, John Ellis, che ha detto a ABC News [QUI] di essersi sentito “ascoltato per la prima volta”. “La selezione dei commissari è stata decisa in base al modo con cui gli stessi hanno trattato le vittime nelle sessioni private, ciò che i commissari hanno dimostrato alle vittime non ha prezzo, poiché hanno trattato con delicatezza e dignità le persone abusate”.

Dopo il 2017, il governo federale australiano e la Chiesa Cattolica Romana in Australia si sono impegnati ad attuare le raccomandazioni della Royal Commission. La maggior parte di esse è stata pubblicata prima della conclusione dell’indagine quinquennale, al fine di incoraggiare un cambiamento urgente, il prima possibile.

Nel 2018, l’allora Primo ministro Scott Morrison ha presentato le scuse nazionali: “Dobbiamo essere tanto umili da cadere in ginocchio davanti a chi è stato abbandonato e chiedere perdono. I crimini di abuso sessuale continuato si sono verificati nelle scuole, nelle chiese, nei gruppi giovanili, negli scout, negli orfanotrofi, nelle famiglie di adozione, nelle palestre, nelle case famiglia, negli enti caritativi” [QUI].

Riforme legali come queste segnano un punto di svolta. La cosiddetta “Difesa di Ellis”, impediva alle vittime di abusi di citare in giudizio organizzazioni prive di personalità giuridica, comprese Chiese e altre Istituzioni. Quindi, veniva utilizzata dalla Chiesa Cattolica Romana in Australia da anni per impedire azioni legali, sulla base del fatto che diocesi e arcidiocesi cattoliche non esistono legalmente, poiché i loro beni sono detenuti in un trust protetto da azioni legali. La Royal Commission ha raccomandato che la “Difesa di Ellis” fosse abolita, poiché era un ostacolo legale per i diritti delle vittime di abusi in cerca di giustizia. Nel 2018 il Parlamento dello Stato di Victoria ha chiuso la “scappatoia” legale. Il New South Wales ha seguito l’esempio nel 2019.

Grazie all’efficace combinazione di difesa delle vittime, di ricerca della verità, di giornalismo d’inchiesta e all’agente di polizia che ha vinto l’omertà, oggi si sono potute creare le condizioni politiche per un’importante inchiesta sugli abusi sessuali istituzionali sui bambini in tutta l’Australia. I risultati della Royal Commission hanno prodotto un resoconto storico ufficiale sulla portata e sulla gravità degli abusi nella Chiesa Cattolica Romana in Australia e in altre Istituzioni. La Royal Commission ha contribuito a porre la questione nella coscienza pubblica. In gran parte grazie ad una copertura mediatica coerente nel suo lavoro, le sue raccomandazioni hanno condotto a importanti riforme legali e politiche, alla creazione di un programma di ricorso nazionale e la stessa inchiesta è ora considerata un modello di verità e responsabilità dai gruppi di vittime a livello internazionale.

Ci congediamo dai nostri attenti e affezionati lettori con un arrivederci, condividendo con loro i sentimenti che hanno attraversato il nostro cuore nel corso di questa delicata inchiesta. È nostro pieno convincimento che non cambierà mai nulla senza il nostro impegno volto al contrasto e alla denuncia degli abusi.

Avvertiamo in modo preoccupante che intorno a noi esiste una certa idea di “omologare la pedofilia” in una chiave romantica. La pedofilia non è un’offesa alla morale. La pedofilia è un reato contro la persona del minore abusato. Il sesso imposto da un adulto ad un bambino, ad un minore o ad un adulto vulnerabile, è un atto criminale di violenza, anche quando avviene senza uso della forza. Siamo consapevoli che le nostre sono parole pesanti, che tuttavia consideriamo opportune, poiché servono a non dimenticare mai quale è la strada da seguire: una strada dritta, senza compromessi, alla ricerca e alla divulgazione della verità.

Abbiamo fatto, e tutt’ora facciamo, molta fatica a trattare questo tema, perché noi siamo per il contrasto di ogni abuso. Su questo tema saremo sempre intransigenti. Esprimendo questo nostro pensiero non ci riferiamo solo alla repressione per chi compie tali crimini. Ci riferiamo soprattutto alla mancata prevenzione, alla mancata vigilanza e in particolare all’occultamento e alla connivenza, che sono aggravanti di un crimine orrendo.

Nel corso della nostra inchiesta abbiamo provato un senso di disgusto, abbiamo provato internamente un male fisico e abbiamo pensato di fermarci. Ma non possiamo permetterci il lusso di girarci dall’altra parte. Come Popolo di Dio abbiamo il dovere di provare a cambiare la storia, ora più che mai!

Abbiamo fatto tanta fatica a fare questa inchiesta, lo confidiamo ai nostri cari lettori. Ma continueremo a condurre le nostre inchieste e le porteremo sempre a termine, costi quel che costi. Perché il dolore da noi provato non è nulla a confronto con i segni profondi che restano impressi nell’anima di vittime innocenti in modo indelebile per sempre.

Articoli precedenti

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