Di conti, di draghi e di meloni: appunti liberi sull’attuale situazione politica. Riflettere sorridendo… Sorridere riflettendo…

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Una raccolta di pensieri sparsi sui temi caldi dell’attuale situazione politica italiana. L’articolo originale è stato pubblicato l’8 gennaio 2021 su Testa del Serpente-Rinunciare a tutto per salvare la testa.

“Che vinca o che perda… il PD governa” . Così il giornalista Stefano Magni su La Nuova Bussola Quotidiana parafrasa il celebre coro della curva Sud in onore della Lazio (la quale per i giallorossi del calcio, “che vinca o che perda”, resta sempre quello che è. Una…). In effetti come ricorda nel suo articolo del 5 febbraio, ripercorrendo le tappe di un vero e proprio “miracolo politico”: “dal 2011 ad oggi, il Pd è sempre stato al governo, indipendentemente dai suoi risultati elettorali“. Nonostante non faccia altro che perdere consensi e guadagnare sconfitte elettorali (si vedano, oltre alle regionali e comunali, le politiche del 2018 dove ha ottenuto il peggior risultato della sua storia, un 18,7% a meno di 4 anni dallo stratosferico 40,8% delle Europee 2014) il PD, in un modo o nell’altro, governa sempre. Sul carro dei vincitori c’è sempre un posto per loro. Eppure c’è chi, guardando alle masse che affollano le feste dell’unità, pensa che PD stia per “Partito Declinante” o “Partito Defunto”. Ad ogni modo te lo ritrovi al governo.

La “Lotteria dei Presidenti del Consiglio”. Più che “la lotteria degli scontrini” in Italia abbiamo la “lotteria dei presidenti del Consiglio”. Infatti dal 1989, dalla caduta del Muro di Berlino ad oggi, in Italia si sono dati il cambio 16 Presidenti del Consiglio, per un totale di ben 20 governi (in un arco temporale di 32 anni). Un grafico mostra l’impietoso confronto con la vicina Germania che nello stesso arco temporale ha avuto 3 presidenti (Qui gli esperti di scienze politiche e di democrazie parlamentari sapranno sicuramente spiegare ragionevolmente le differenze, ma il dato è curioso e fa pensare).

Intressi europei, interessi italiani. Conosco un amico che lavora come dipendente in un negozio di una catena nazionale. Dopo un avvicendamento, alla direzione del punto vendita è arrivato un nuovo direttore che, a quanto pare, non solo gode della massima stima della proprietà, ma coltiva da anni un rapporto di amicizia col direttore generale. Una stretta relazione personale di amicizia che è di fatto una spada a due tagli. Per la ditta è una soluzione ideale. Ma, si chiede il mio amico, in che modo la sua influenza potrà migliorare gli interessi del singolo punto vendita o di quelli che sono i suoi colleghi? “A volte sembra, mi confessa, di avere il CEO nella stessa stanza, che controlla e giudica ogni giorno il tuo lavoro”. Di certo la situazione del mio amico non è facile: pur essendo un onesto e fedele lavoratore non se la passa bene al lavoro col fiato del padrone sul collo. Così Draghi. Con tutta la sua influenza e famigliarità di cui gode in Europa, farà gli interessi dell’Italia in sede EU oppure gli interessi dell’Europa in Italia? La domanda non è priva di fondamento. “Il nuovo esecutivo” (comunque sia composto) “sarà europeista”, ha affermato il premier “non-eletto”. Qualunque cosa ciò significhi. “Ma voi davvero pensate che l’entusiasmo dell’establishment europeo per l’incarico a Draghi abbia le stesse motivazioni del vostro?”, si domanda l’economista Vladimiro Giacché.

I 5 Stelle stanno bene su tutto. Si sono candidati per un’impresa storica: “Apriremo il Parlamento come una scatoletta di tonno… Scopriremo tutti gli inciuci, gli inciucetti e gli inciucioni”. Così Grillo nel 2013. Poi è arrivato il consenso (a metà, ma a suficienza) e dunque il potere che logora. In poco tempo sono entrati nella scatoletta e diventati tonni. Alleati con la destra, alleati con la sinistra, e ora alleati con l’establishment finanziario che detestavano e forse detestano. Quando si dice che l’abito fa il monaco… I gialli cinque stelle stanno bene su tutto: col verde, col rosso e col grigio in cravatta. Per poco nella scatoletta, assieme col tonno, non ci troviamo anche le sardine.

A proposito… notizie delle “Sardine”?

Applauso a Bersani. Qualcuno suggerisce di fare un applauso a Bersani. O un minuto di silenzio. sembra sia l’unico politico rifiutato dal movimento grillino. Con lui i 5stelle (che stanno bene con chiunque, anche coi tonni e le sardine) non sono mai voluti accordarsi su nulla. Forse… forse, è un onore. Ad ogni modo si può dire che i 5 stelle stanno bene su tutto… tranne su Bersani.

Alfio l’ignorato. Diamo spazio al vignettista più… ignorato d’Italia. È bravo, è simpatico, riceve “molti like” sui social. Purtroppo per lui è di destra e senza padroni… Per questo ha sperimentato l’ebrezza dei “blocchi democratici” (censure pro tempore sui social per cattiva condotta) uscendone sempre onorato. Ma il buon Alfio continua sul suo blog a sparare velenose vignette che illustrano realisticamente e satiricamente la realtà. Sappiamo bene che il diritto di satira esiste solo a sinistra, dunque il fumettista non allineato viene puntualmente ignorato dai media. In questi giorni ne ha per tutti e, mentre si domanda se Boldrini ingoierà il rospo-Salvini (foto), si chiede su Twitter come mai venga ignorato anche dai giornalisti e dai programmi di destra… Un messaggio a Giordano, Porro e Del Debbio, che, afferma sconsolato l’artista incompreso, “non mi si cagano”. Situazione complessa…

Satira scorretta. A proposito di satira censurata. Ottiene sempre più successo Federico Palmaroli ideatore dell’account satirico “Le più belle frasi di Osho”. Peccato che non sia di sinistra e, come ha spiegato a chi lo ha accusato di “fasssismo”, la satira colpisce di solito chi è al potere”, e (vedi primo paragrafo…) la sinistra è sempre lì, salda al comando.

Zingaretti… un attimo dopo. Se vi fosse sfuggito andatevelo a leggere ora. Il ritratto del segretario del PD scritto da Emanuele Boffi, direttore di Tempi, merita qualche minuto di attenzione perché illustra con fine ironia “la fatica di essere Nicola Zingaretti”. Il PD, si dice, è sempre alla ricerca di un segretario. La palla è arrivata a Nicola e lui ce la mette tutta cercando di stare sempre in piedi e di non cadere mai, di non sbilanciarsi, di non muoversi, di non parlare. Ma quando si muove o parla… lo fa un attimo dopo. L’uomo giusto al posto giusto ma un attimo dopo. L’ultima di una serie di dichiarazioni imbarazzanti (Da «Mai con il Movimento 5 stelle» a «Sempre con il Movimento 5 stelle»; da «Mai più con Renzi» a «Nessun veto su Renzi»; da «O si rifà lo stesso governo o si vota» a «Votare non ha senso» e da «O Conte o le elezioni» a «Pronti a sostenere Draghi»), l’ultima è: «Abbiamo il consenso popolare perché affrontiamo i problemi della gente». Qualcuno tocca ferro… (QUI l’articolo)

Giorgia Meloni 1: il potere delle donne. Sempre su Tempi, qualche giorno fa ho recensito il libro di Luca Ricolfi che raccoglie tutti gli errori del governo Conte2 nella gestione della pandemia (La notte delle Ninfee, La Nave di Teseo 2021). Il libro termina con un’annotazione curiosa, raccolta in post scriptum, forse come una provocazione: i paesi che hanno ottenuto i migliori risultati contro il Coronavirus sono guidati da donne. Nuova Zelanda, Norvegia, Finlandia, Danimarca, Islanda… E, tra i maggiori stati europei, la Germania di Angela Merkel è stato l’unico paese a riuscire a contenere il disastro. “Può essere un caso”, afferma il professore, “o forse no”. Nel frattempo, mentre Draghi sale al Quirinale, Giorgia Meloni – l’unica a non salire sul carro del nuovo governo – si consola col sondaggio (tecné) che la vede al primo posto tra i leader politici più amati dagli italiani. Un sondaggio che fa tremare la sinistra (che però esulta per la prima donna vicepresidente degli Stati Uniti) e, forse, anche un po’ il Coronavirus e le sue ninfee.

Giorgia Meloni 2: la produttrice di bambini. Come la satira piace solo se di sinistra, anche le donne piacciono solo se appartengono al “lato nobile” della politica. Una volta contava la bellezza, poi ci si è concentrati sull’aspetto fisico. Ma ora, che ci hanno tolto anche i calendari sexy (qualcuno ha notizie in merito?) conta solo l’appartenenza politica. Ne sa qualcosa l’ex first lady Melania (bella ed elegante oltre che discreta, altruista ed intelligente) rea di amare l’uomo più odiato dell’ultimo decennio. Definita “escort” (puttana) dal noto Alan Friedman in diretta tivvu senza creare nessun problema alle femen italiche (e se lo avesse detto a Hillary Clinton o a Michelle Obama? leggete la Morresi sull’Occidentale). Anche Meloni è vittima del femminismo a senso unico che permette l’insulto e il discredito verso le donne non considerate “compagne”. È successo (ancora) su La Stampa. L’autore dell’articolo che ridicolizza la leader più amata dagli italiani Alberto Mattioli afferma che Meloni ha “prodotto” una figlia col compagno. Poi parla di un “errore professionale in buona fede”. Fatto sta che l’odio e l’ideologia accecano la ragione. Non si capisce infatti come per i compagni giornalisti due maschi possano “partorire” un figlio (Ferro, Ricky Martin, Miguel Bosè, Nichi Vendola…), mentre una donna assieme ad un uomo lo “producano”. Compagne femministe non pervenute.

Cambio di padrone. Con la caduta del governo giallorosso (o Conte Bis) alcuni giornali hanno cambiato drasticamente linea! Se non ricordate le critiche mosse da Il Corriere della Sera al governo Conte sulla gestione della pandemia, non preoccupatevi. Non è per una vostra mancanza di memoria ma per mancanza di critica da parte dei giornali. Ora però il governo è cambiato, e il religioso ossequio offerto a Conte &Co durante il suo mandato non è più dovuto. Gli articoli pubblicati da Il Corriere su Rocco Casalino e su Crimi dimostrano quanto i giornaloni siano liberi da influenze politiche. Poco o niente. Tutto giusto ma… Dove eravate fin’ora?

Il termometro della democrazia. Fa specie vedere il leader più apprezzato del paese solo all’opposizione. Tutti gli altri sono andati comandare.

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