La Pav presenta un documento sulla condizione degli anziani

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Martedì scorso è stato presentato il documento della Pontificia Accademia per la Vita, ‘La vecchiaia: il nostro futuro. La condizione degli anziani dopo la pandemia’, che ha preso spunto da un ammonimento di papa Francesco nella preghiera dello scorso 27 marzo, in cui invitava a “trovare il coraggio di aprire spazi dove tutti possano sentirsi chiamati, e permettere nuove forme di ospitalità, di fraternità, di solidarietà”.

Così la Pontificia Accademia per la Vita, dopo i documenti ‘Pandemia e Fraternità universale’ e ‘Humana Communitas nell’era della pandemia. Riflessioni inattuali sulla rinascita della vita’, in accordo con il Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, interviene con una riflessione sugli insegnamenti da trarre dalla tragedia della pandemia e sulle sue conseguenze per l’oggi e per il prossimo futuro delle nostre società, come ha affermato mons. Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita:

“L’Accademia per la Vita, con questa Nota, intende sottolineare l’urgenza di una nuova attenzione alle persone anziane che in questi ultimi decenni sono aumentate ovunque di numero. Senza tuttavia che aumentasse la prossimità verso di loro e ancor meno una comprensione adeguata alla grande rivoluzione demografica di questi ultimi decenni. La pandemia da COVID-19, che ha trovato negli anziani le vittime più numerose, ha rilevato questa incapacità della società contemporanea di prendersi cura in maniera adeguata dei propri anziani”.

Il presidente della PAV ha sottolineato la ‘strage degli anziani’, riportando i dati italiani: “E la maggioranza di essi è deceduta negli istituti per anziani. I dati di alcuni paesi, ad esempio l’Italia, mostrano che la metà degli anziani vittime da Covid-19 viene dagli istituti e dalle Rsa, mentre solo un 24% del totale dei decessi riguarda gli anziani e i vecchi che vivevano a casa.

Insomma, il 50% delle morti è avvenuto tra i circa 300.000 ospiti di case di riposo ed RSA mentre solo il 24% ha colpito i 7.000.000 di anziani over 75 che vivono a casa. La propria dimora, anche durante la pandemia, a parità di condizioni, ha protetto molto di più”.

Ciò che è avvenuto deve ancor più far riflettere sulla questione della cura: “E’ urgente ripensare globalmente la prossimità della società verso gli anziani. Nel sistema di cura e assistenza degli anziani molto è da rivedere. L’istituzionalizzazione degli anziani nelle case di riposo, in ogni paese, non ha garantito necessariamente migliori condizioni di assistenza, tanto meno per chi tra loro è più debole.

E’ necessario un serio ripensamento non solo relativamente alle residenze per gli anziani ma per l’intero sistema assistenziale del vasto popolo di anziani che oggi caratterizza tutte le società”.

Mons. Bruno-Marie Duffè, segretario del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, ha sottolineato che gli anziani sono la memoria: “Gli anziani sono la nostra memoria e, di conseguenza, sono, paradossalmente, la nostra speranza. Se ci basiamo sulla loro esperienza e sulle loro scoperte, possiamo continuare l’avventura della storia umana.

Infatti, con la memoria, la speranza è possibile. Il paradosso è, dunque, questo: gli anziani sono sempre un passo avanti. Hanno già attraversato i luoghi che stiamo attraversando noi e possono dirci cosa produrranno certe esperienze che viviamo per la prima volta”.

Ha concluso l’intervento parlando di ‘sogno e tenerezza’: “Se gli anziani continuano a sognare, i più giovani possono continuare a inventare. Se lo sguardo dell’anziano incoraggia dolcemente i progetti del più giovane, entrambi vivranno nella speranza che supera le paure…

Tutti quegli educatori e pastori che hanno fatto sì che i bambini incontrassero gli anziani, sanno che quei bambini non hanno mai dimenticato quell’incontro: … con un contadino, un pescatore, un artista, un inventore, un mendicante di strada o un religioso nel suo monastero.

L’anziano, del resto, non ha che una cosa da fare: offrire ciò che ha scoperto della vita, in modo che il bambino sperimenti ancora, e sempre, il desiderio di scoprire e inventare la vita”.

Infine in collegamento dal Giappone la prof.ssa Etsuo Akiba, docente all’Università di Toyama, ed accademico ordinario della Pontificia Accademia per la Vita, ha evidenziato che nel suo Paese gli anziani rappresentano il 98% dei morti:

“Non solo a livello di comunità regionali, ma a livello generale i giapponesi devono credere nell’importanza di una visione comunitaria eticamente fondata. Per questo dobbiamo superare il nostro trauma, la perdita dell’etica comune giapponese radicata nello ‘State Shintoism’ (Shintoismo di Stato, uso delle tradizioni popolari) prima della Seconda Guerra Mondiale…

L’attuale guerra mondiale contro il Covid-19 è una rara possibilità per noi di sfuggire dalla mentalità solitaria di un paese insulare e raggiungere una prospettiva cosmopolita.

Ora lo sviluppo della Bioetica Globale, promossa dalla Pontificia Accademia per la Vita, ci apre alla nostra comune origine, al Creatore dell’Universo, e potrebbe essere un potente strumento. Inoltre potrebbe essere uno strumento per il lavoro missionario. In effetti, è storia comune che non pochi intellettuali siano stati battezzati da adulti e anziani in Giappone”.

(Foto: Santa Sede)

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