Istat: allarme per la natalità

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Un’Italia ingrigita, fragile, con prospettive di crescita sempre più incerte: è quella che emerge dal report dell’Istat, ‘Primi riscontri e riflessioni sul bilancio demografico del 2020’, in cui il presidente Giancarlo Blangiardo ha confermato le anticipazioni determinate dal Covid-19 e dei suoi effetti, diretti e indiretti: impennata dei morti, crollo delle nascite, dimezzamento del numero dei matrimoni: 700.000 morti e 400.000 nati nel 2020:

“Il passaggio oltre i 700.000 morti annui appare pressoché certo ed è la risultante di un conteggio che aggiunge ai 665.000 decessi stimati, via ANPR, a tutto novembre 2020 altri 62.000 casi attribuibili al mese di dicembre. Una stima, quest’ultima, che si ottiene partendo dalla media dei morti di dicembre nel quinquennio 2015-2019 (54.448 unità) e procedendo ad accrescerla sulla base della variazione accertata, tra il 2020 e la media 2015-2019, per l’insieme dei primi undici mesi dell’anno. Ciò porta a prospettare un totale di 726.000 decessi su base annua, che corrispondono a una media giornaliera di 1990 casi nel 2020”.

Di contro è diminuita la natalità: “Così come sembra oggettivamente ben argomentabile la prospettiva di spingersi oltre i 700.000 morti nel bilancio demografico del 2020, lo stesso vale per quanto riguarda l’ipotetico raggiungimento della soglia minima dei 400.000 nati.

Di fatto, già le risultanze del periodo gennaio-agosto 2020, ossia gli esiti dei concepimenti orientativamente avvenuti, senza alcuna influenza di COVID-19, nel periodo che va da aprile a novembre del 2019, testimoniano un calo di nati del 2,3%. Tale andamento, se mantenuto per il successivo bimestre settembre-ottobre, ancora legato a concepimenti del tutto COVID-free, porterebbe il totale dei nati nei primi dieci mesi del 2020 a 343.000 unità”.

La pandemia ha gravi conseguenze sulla demografia italiana, come la migrazione: “…il recente report Istat sulle iscrizioni e cancellazioni anagrafiche non manca di sottolineare come nei primi otto mesi del 2020 (secondo le prime anticipazioni disponibili) le migrazioni nel nostro Paese abbiano subito una drastica riduzione (-17,4%). In particolare, rispetto al confronto con gli stessi otto mesi del quinquennio 2015-2019 si è registrata una flessione del 6% per i movimenti interni, tra comuni, e del 42% e 12%, rispettivamente, per quelli da e per l’estero”

Il covid ha colpito soprattutto la nuzionalità: “Quanto poi ai processi di formazione familiare, i primi dati sulla nuzialità, disponibili in via provvisoria per il periodo gennaio-ottobre, segnalano per il 2020 circa 85.000 matrimoni, a fronte dei 170.000 nei primi dieci mesi del 2019 e dei 182.000 nello stesso intervallo del 2018.

La variazione negativa del numero di matrimoni è stata nel complesso del 50,3% (rispetto al 2019 e a parità di periodo) ma il calo raggiunge la punta del 69,6% se ci si limita a quelli religiosi. Questi ultimi rappresentavano il 49,5% del totale delle unioni nei primi dieci mesi del 2019 (erano il 51,8% nello stesso periodo del 2018) e sono scesi al 30,3% nel 2020”.

La conclusione è amaramente negativa: “Se oltre a ciò mettiamo in conto il prosieguo degli effetti del rinvio dei concepimenti, qui valutati sui nati di dicembre (e in parte di novembre) ma verosimilmente destinati a protrarsi nel corso del 2021 (almeno nei primi mesi), si forma la piena convinzione che, a meno di inaspettati e improbabili fattori a supporto della fecondità, difficilmente si ci potrà sollevare in tempi brevi dalla soglia dei 400 mila nati toccata nel 2020. In realtà, il timore è che il confine possa ancor più discostarsi, sempre al ribasso, nel bilancio finale del 2021”.

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