Il presidente Mattarella: ricordare è un sentimento civile

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Sono trascorsi 76 anni dal 27 gennaio 1945, quando le truppe dell’Armata Rossa liberarono il campo di concentramento di Auschwitz, una data che l’Assemblea dell’Onu decise di ricordare ogni anno, istituendo nel 2005 il Giorno della Memoria, per fare in modo che quel dramma non si ripeta mai più, come ha detto papa Francesco al termine dell’udienza generale di ieri: “Ricordare è una espressione di umanità, ricordare è segno di civiltà, ricordare è condizione per un futuro migliore di pace e di fraternità,… State attenti a come è incominciata questa strada di morte, di sterminio, di brutalità”.

Anche il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha posto l’accento sull’obbligo del ricordo, come ‘un dovere di civiltà’ e ‘fondamento della Costituzione’, rivolgendo un pensiero a Nedo Fiano, scomparso alcuni giorni prima, ed un ringraziamento per la testimonianza a Sami Modiano: “Sono passati vent’anni da quella legge che ha istituito il Giorno della Memoria, dedicato al ricordo dello sterminio e delle persecuzioni del popolo ebraico e dei deportati militari e politici italiani nei campi nazisti.

E, tutte le volte, ci accostiamo al tema della Memoria con commozione e turbamento; e sempre pervasi da inquietudine, dubbi e interrogativi irrisolti. Perché Auschwitz, che simboleggia e riassume tutto l’orrore e la lucida follia del totalitarismo razzista, racchiude in sé i termini di un tragico paradosso. Si tratta, infatti, della costruzione più disumana mai concepita dall’uomo. Uomini contro l’umanità”.

Il presidente della Repubblica ha descritto un campo di concentramento: “Una spaventosa fabbrica di morte. Il non luogo, l’inaudito, il mai visto, l’inimmaginabile. Sono questi i termini ricorrenti con cui i sopravvissuti hanno descritto il loro tremendo passaggio in quei luoghi di violenza e di abiezione…

Un unicum, nella storia dell’umanità, che pur è costellata purtroppo di stragi, genocidi, guerre e crudeltà. Una mostruosa costruzione, realizzata nel cuore della civile ed evoluta Europa. In un secolo che pure si era aperto con la speranza nel progresso, nella pace e nella giustizia sociale e con la fiducia nella scienza, nella tecnica e nelle istituzioni della democrazia”.

E quel periodo non è stato un ‘accidenti’ della storia: “Ma faremmo un’offesa grave a quegli uomini, a quelle donne, a quei bambini mandati a morire nelle camere a gas, se considerassimo quella infausta stagione come un accidente della storia, da mettere tra parentesi. Se, insomma, rinchiudessimo soltanto nella memoria quei tragici accadimenti, chiudendo gli occhi sulle origini che hanno avuto e sulle loro dinamiche.

Il fascismo, il nazismo, il razzismo non furono funghi velenosi nati per caso nel giardino ben curato della civiltà europea. Furono invece il prodotto di pulsioni, di correnti pseudo culturali, e persino di mode e atteggiamenti che affondavano le radici nei decenni e, persino, nei secoli precedenti”.

Il presidente Mattarella ha concluso il discorso, ricordando che la memoria è un ‘sentimento civile’: “La memoria non è, dunque, gettare lo sguardo su una fotografia che sbiadisce con il trascorrere del tempo. Ma un sentimento civile, energico e impegnativo.

Una passione autentica per tutto quello che concerne la pace, la fratellanza, l’amicizia tra i popoli, il diritto, il dialogo, l’eguaglianza, la libertà, la democrazia… Sta a noi vigilare e guidare gli avvenimenti e trasmettere alle future generazioni i valori della civiltà umana”.

Sami Modiano ha affermato: “Non si può uscire da Auschwitz, è impossibile. Io sono ancora là”, una testimonianza dei campi di concentramento, raccontata nel libro ‘Per questo ho vissuto’: “Una volta vestiti ci fecero tornare all’aperto, in uno spazio dove avevano messo dei tavoli ai quali sedeva un prigioniero come noi.

Era l’ultima procedura dell’immatricolazione: il tatuaggio, che ci venne fatto da quello stesso prigioniero. Mio padre mi teneva ancora per mano, fin qui non mi aveva mai lasciato; mi spinse verso il tavolo dove mise il suo braccio, davanti a me, quasi per farmi vedere come si doveva fare, perché io non provassi paura. Allora io lo imitai, mentre lui aspettava che finissero di tatuarmi. Infatti io ho il numero B7456, mio padre aveva il B7455”.

Mentre il  presidente di Gariwo, Gabriele Nissim, alla Commissione Affari Esteri della Camera dei deputati nell’ambito di un’audizione sulla prevenzione dei Genocidi, ha presentato una proposta perché si faccia un passo ulteriore per tenere fede all’impegno che l’Italia ha preso quando ha firmato il 2 agosto del 1953 la Convenzione delle Nazioni Unite sulla prevenzione dei genocidi, e per mantenere la promessa del ‘mai più’:

“…nominare nel Parlamento un Advisor italiano dei genocidi che lavori in collaborazione con il Consulente speciale sulla prevenzione dei genocidi delle Nazioni Unite e le istituzioni dell’Unione europea; impegnare la Commissione Esteri del Parlamento a redigere ogni anno un rapporto dove si presentano all’opinione pubblica i pericoli di nuovi genocidi nel mondo e le possibili misure da prendere per prevenirli;

creare anche in Italia una agenzia autonoma e indipendente sui diritti umani, come proposto dall’Unione europea, che in collaborazione con la Corte Penale Internazionale indaghi in modo permanente sullo stato dei diritti nel mondo e sui crimini contro l’umanità”.

(Foto: Quirinale)

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