Cei: occorre riconciliare il Paese

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Oggi in videoconferenza si è concluso il Consiglio episcopale permanente, presieduto dal card. Gualtiero Bassetti, Arcivescovo di Perugia – Città della Pieve e presidente della CEI, nel quale i Vescovi hanno ribadito la loro preoccupazione sia per la situazione politica italiana, sia per il protrarsi dell’emergenza sanitaria dovuta alla pandemia di coronavirus.

In questa fase delicata, è emersa l’urgenza di un’opera di riconciliazione che sappia sanare le diverse fratture che la pandemia ha provocato sul territorio nazionale, andando ad ‘aggredire’ tutte le fasce della popolazione, in particolare i più vulnerabili e gli ultimi:

“La cronaca e i costanti contatti sul territorio restituiscono un quadro in chiaroscuro, dove alla creatività e alla resilienza dell’intera comunità italiana fanno da contraltare l’incertezza del futuro, l’inquietudine per la mancanza o la perdita del lavoro, una crescita significativa del disagio psicologico, l’emergere delle nuove povertà che stanno stritolando famiglie e imprese. Preoccupa nondimeno la questione educativa, da affrontare insieme e con il contributo di tutti per elaborare progetti che rinnovino e vitalizzino scuole, parrocchie, percorsi catechistici”.

I vescovi hanno sollecitato ad una visione di un tempo come opportunità: “Sebbene complesso, questo non è un tempo sospeso, ma deve essere colto come un’opportunità. La riconciliazione diventa, allora, lo strumento da utilizzare per ricucire il tessuto sociale lacerato e per dare speranza alle donne e agli uomini di oggi…

Solo superando la frammentazione e mettendosi in ascolto attento delle persone, sarà possibile offrire una visione comune, radicata nel contesto ma in grado di proiettarsi oltre il contingente in modo progettuale. Una visione capace di sostenere le comunità, aiutandole a riscoprirsi tali e a comprendere che quello che ognuno sta attraversando (con fatica e in alcuni casi con disillusione) è, comunque sia, ‘un tempo di grazia donatoci per capire la volontà di Dio’”.

I vescovi sono preoccupati dalla crisi di natalità: “A preoccupare è il calo demografico al quale si aggiunge un invecchiamento progressivo della popolazione e la desertificazione di alcuni territori. Su questo fronte, il Consiglio Permanente ha rilevato la necessità di una lettura lucida che si traduca in un impegno forte e in politiche familiari adeguate”.

Per i Vescovi, occorre moltiplicare gli sforzi per continuare, nonostante le gravi difficoltà nelle quali le famiglie, gli insegnanti e i catechisti si trovano a operare, l’impegno educativo nei confronti delle nuove generazioni e per ricostruire al più presto condizioni e contesti che permettano esperienze formative integrali:

“Le nuove tecnologie sono di grande aiuto per tenere i contatti e per svolgere attività, ma non possono sostituire la ricchezza dell’incontro personale, della presenza. Aumentano le difficoltà dei bambini e soprattutto degli adolescenti, a cui va riconosciuto di avere vissuto, nella maggioranza dei casi, questi mesi con grande responsabilità e senso civico. Non si può tuttavia nascondere che sembrano crescere l’insofferenza dei giovani e la preoccupazione delle famiglie”.

Un’attenzione particolare è stata posta al sistema educativo: “I bambini, i ragazzi, i giovani e l’intera comunità hanno bisogno che le scuole, i centri educativi, le parrocchie, gli oratori possano tornare il prima possibile a svolgere la loro funzione di contesti di crescita. Non ci potrà essere un ritorno improvviso alle condizioni di prima, ma fin d’ora tutti, comunità civili ed ecclesiali, sono sollecitati a fare la propria parte, partendo da quello che questo tempo sta mettendo in evidenza.

Sta maturando la consapevolezza che i processi educativi sono significativi per le persone quando si basano sulla comunicazione dell’attenzione e della cura, anche quando si è costretti a interagire a distanza. E’ chiaro ormai che le realtà educative, a partire dalle scuole, hanno bisogno di essere sostenute dalla collaborazione di tutti. In questa direzione, è fondamentale attivarsi per costruire sui territori alleanze educative, secondo la proposta di Papa Francesco ad operare per un Global Compact on Education”.

Una considerazione particolare è stata fatta sulle ‘nuove povertà’: “Come Pastori non possiamo chiudere gli occhi di fronte alle molteplici povertà: a quelle degli ultimi, che la pandemia ha reso in molti casi invisibili; a quelle di tanti che, per la prima volta, sono costretti a bussare alle porte delle Caritas, che in questi mesi hanno moltiplicato gli sforzi per non lasciare indietro nessuno;

a quelle di un numero sempre crescente di famiglie e imprese strette nella morsa dell’usura a causa del sovraindebitamento; a quelle dei migranti che continuano ad arrivare sulle nostre coste o sono bloccati sulla frontiera balcanica, al gelo e in condizioni disumane. La paura non deve infatti farci rinchiudere in noi stessi né impedirci di tendere la mano al prossimo, se si vuole costruire una società più equa e più solidale”.

I vescovi hanno espresso apprezzamento per il Trattato delle Nazioni Unite sulla proibizione delle armi nucleari, sollecitato anche dall’appello che ha visto tra i firmatari il card. Gualtiero Bassetti, mons. Giovanni Ricchiuti, arcivescovo di Altamura-Gravina-Acquaviva delle Fonti e presidente di Pax Christi Italia, mons. Luigi Bettazzi, vescovo emerito di Ivrea e già presidente di Pax Christi International e di Pax Christi Italia.

Infine i vescovi hanno chiesto alle diocesi maggior attenzione all’ascolto: “Ricomporre le fratture non significa cancellare le ferite né far finta che non ci siano mai state, ma chiede un di più di coraggio e di pazienza per valorizzarle, farle diventare un’opportunità e il segno della rinascita”.

Nel comunicato finale, nel rispetto delle prescrizioni sanitarie vigenti, il Consiglio episcopale permanente ha deciso che da domenica 14 febbraio tornerà il segno della pace durante la celebrazione della Messa,senza la stretta di mano o l’abbraccio, ma ci si potrà scambiare la pace guardandosi negli occhi o chinando il capo:

“Secondo i Vescovi può esprimere in modo eloquente, sicuro e sensibile, la ricerca del volto dell’altro, per accogliere e scambiare il dono della pace, fondamento di ogni fraternità. Là dove necessario, si potrà ribadire che non è possibile darsi la mano e che il guardarsi e prendere contatto visivo con il proprio vicino, augurando: la pace sia con te, può essere un modo sobrio ed efficace per recuperare un gesto rituale”.

(Foto: Cei)

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