Il papa invita a vedere la realtà

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“La chiamata a ‘venire e vedere’ è anche ‘il metodo di ogni autentica comunicazione umana”: è questo il cuore del messaggio di papa Francesco per la 55^ Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali sul tema giovanneo del vedere: ‘Comunicare incontrando le persone dove e come sono’, reso noto alla vigilia della memoria di san Francesco di Sales, patrono dei giornalisti,  che si celebra il 16 maggio.

Nel messaggio il papa richiama il nucleo centrale dello scorso anno, cioè la vita si fa storia: “Per poter raccontare la verità della vita che si fa storia è necessario uscire dalla comoda presunzione del ‘già saputo’ e mettersi in movimento, andare a vedere, stare con le persone, ascoltarle, raccogliere le suggestioni della realtà, che sempre ci sorprenderà in qualche suo aspetto”.

Quindi quest’anno la riflessione papale si sofferma sul significato del vedere: “Desidero quindi dedicare il Messaggio, quest’anno, alla chiamata a ‘venire e vedere’, come suggerimento per ogni espressione comunicativa che voglia essere limpida e onesta: nella redazione di un giornale come nel mondo del web, nella predicazione ordinaria della Chiesa come nella comunicazione politica o sociale. ‘Vieni e vedi’ è il modo con cui la fede cristiana si è comunicata, a partire da quei primi incontri sulle rive del fiume Giordano e del lago di Galilea”.

Nel messaggio il papa invita ad approfondire la verità del fatto e non accontentarsi al sentito dire: “Voci attente lamentano da tempo il rischio di un appiattimento in ‘giornali fotocopia’ o in notiziari tv e radio e siti web sostanzialmente uguali, dove il genere dell’inchiesta e del reportage perdono spazio e qualità a vantaggio di una informazione preconfezionata, ‘di palazzo’, autoreferenziale, che sempre meno riesce a intercettare la verità delle cose e la vita concreta delle persone, e non sa più cogliere né i fenomeni sociali più gravi né le energie positive che si sprigionano dalla base della società”.

E’ un invito a verificare la veridicità della notizia: “La crisi dell’editoria rischia di portare a un’informazione costruita nelle redazioni, davanti al computer, ai terminali delle agenzie, sulle reti sociali, senza mai uscire per strada, senza più ‘consumare le suole delle scarpe’, senza incontrare persone per cercare storie o verificare de visu certe situazioni.

Se non ci apriamo all’incontro, rimaniamo spettatori esterni, nonostante le innovazioni tecnologiche che hanno la capacità di metterci davanti a una realtà aumentata nella quale ci sembra di essere immersi. Ogni strumento è utile e prezioso solo se ci spinge ad andare e vedere cose che altrimenti non sapremmo, se mette in rete conoscenze che altrimenti non circolerebbero, se permette incontri che altrimenti non avverrebbero”.

Vedere è il modo più importante per conoscere la realtà: “Ai primi discepoli che vogliono conoscerlo, dopo il battesimo nel fiume Giordano, Gesù risponde: ‘Venite e vedrete’, invitandoli ad abitare la relazione con Lui. Oltre mezzo secolo dopo, quando Giovanni, molto anziano, redige il suo Vangelo, ricorda alcuni dettagli ‘di cronaca’ che rivelano la sua presenza nel luogo e l’impatto che quell’esperienza ha avuto nella sua vita…

Il ‘vieni e vedi’ è il metodo più semplice per conoscere una realtà. E’ la verifica più onesta di ogni annuncio, perché per conoscere bisogna incontrare, permettere che colui che ho di fronte mi parli, lasciare che la sua testimonianza mi raggiunga”.

Per questo ringrazia quei giornalisti che hanno il coraggio di raccontare: “Anche il giornalismo, come racconto della realtà, richiede la capacità di andare laddove nessuno va: un muoversi e un desiderio di vedere. Una curiosità, un’apertura, una passione.

Dobbiamo dire grazie al coraggio e all’impegno di tanti professionisti (giornalisti, cineoperatori, montatori, registi che spesso lavorano correndo grandi rischi) se oggi conosciamo, ad esempio, la condizione difficile delle minoranze perseguitate in varie parti del mondo; se molti soprusi e ingiustizie contro i poveri e contro il creato sono stati denunciati; se tante guerre dimenticate sono state raccontate.

Sarebbe una perdita non solo per l’informazione, ma per tutta la società e per la democrazia se queste voci venissero meno: un impoverimento per la nostra umanità”.

Anche nel messaggio è ritornato sulla questione dei vaccini: “Pensiamo alla questione dei vaccini, come delle cure mediche in genere, al rischio di esclusione delle popolazioni più indigenti. Chi ci racconterà l’attesa di guarigione nei villaggi più poveri dell’Asia, dell’America Latina e dell’Africa?

Così le differenze sociali ed economiche a livello planetario rischiano di segnare l’ordine della distribuzione dei vaccini anti-Covid. Con i poveri sempre ultimi e il diritto alla salute per tutti, affermato in linea di principio, svuotato della sua reale valenza.

Ma anche nel mondo dei più fortunati il dramma sociale delle famiglie scivolate rapidamente nella povertà resta in gran parte nascosto: feriscono e non fanno troppa notizia le persone che, vincendo la vergogna, fanno la fila davanti ai centri Caritas per ricevere un pacco di viveri”.

Ed ha evidenziato che ogni strumento è utile se mette in circolo le conoscenze: “La rete, con le sue innumerevoli espressioni social, può moltiplicare la capacità di racconto e di condivisione: tanti occhi in più aperti sul mondo, un flusso continuo di immagini e testimonianze.

La tecnologia digitale ci dà la possibilità di una informazione di prima mano e tempestiva, a volte molto utile: pensiamo a certe emergenze in occasione delle quali le prime notizie e anche le prime comunicazioni di servizio alle popolazioni viaggiano proprio sul web. E’ uno strumento formidabile, che ci responsabilizza tutti come utenti e come fruitori”.

Quindi occorre una visione critica per testimoniare la verità: “Tale consapevolezza critica spinge non a demonizzare lo strumento, ma a una maggiore capacità di discernimento e a un più maturo senso di responsabilità, sia quando si diffondono sia quando si ricevono contenuti.

Tutti siamo responsabili della comunicazione che facciamo, delle informazioni che diamo, del controllo che insieme possiamo esercitare sulle notizie false, smascherandole. Tutti siamo chiamati a essere testimoni della verità: ad andare, vedere e condividere”.

Infine il papa sottolinea la necessità di incontrare la persona: “Nella comunicazione nulla può mai completamente sostituire il vedere di persona. Alcune cose si possono imparare solo facendone esperienza. Non si comunica, infatti, solo con le parole, ma con gli occhi, con il tono della voce, con i gesti. La forte attrattiva di Gesù su chi lo incontrava dipendeva dalla verità della sua predicazione, ma l’efficacia di ciò che diceva era inscindibile dal suo sguardo, dai suoi atteggiamenti e persino dai suoi silenzi”.

E’ necessario vedere e comunicare la realtà: “Tutti gli strumenti sono importanti, e quel grande comunicatore che si chiamava Paolo di Tarso si sarebbe certamente servito della posta elettronica e dei messaggi social; ma furono la sua fede, la sua speranza e la sua carità a impressionare i contemporanei che lo sentirono predicare ed ebbero la fortuna di passare del tempo con lui, di vederlo durante un’assemblea o in un colloquio individuale.

Verificavano, vedendolo in azione nei luoghi dove si trovava, quanto vero e fruttuoso per la vita fosse l’annuncio di salvezza di cui era per grazia di Dio portatore. E anche laddove questo collaboratore di Dio non poteva essere incontrato in persona, il suo modo di vivere in Cristo era testimoniato dai discepoli che inviava”.

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