Socialcrazia e Twittatura dei miliardari social. Annunziata sui blocchi Twitter: “Un fatto gravissimo, temo il grande esercito invisibile nella nostra tasca”

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Intanto, Libero è stato “liberato” su Twitter, ma non si sa cosa sia successo. Un caso inquietante. La storia è nota: Twitter ha tolto la voce a Libero per circa 12 ore e lo ha fatto per motivi che non sono stati spiegati. Un “blocco temporaneo” imposto da Twitter per non meglio precisate “attività sospette”. Un mistero.

Lo stesso numero di 12 ore di silenzio imposte da Twitter a Donald Trump, prima di procedere alla sua rimozione coatta. La differenza tra il caso di Libero e quello di Trump è che le ragioni che hanno portato al silenziamento di quest’ultimo erano chiare – senza entrare nel merito di quanto sia inquietante il fatto che un social censuri il Presidente degli Stati Uniti d’America, sottolineando che non ha mai inneggiato alla violenza -, mentre i motivi per cui Libero è stato silenziato non sono noti.

Libero ha chiesto spiegazioni e non ne ha ricevuto, così come non ha ricevuto spiegazioni ufficiali da parte di Twitter neanche durante il blocco. Libero è stato all’improvviso bannato e, poi, semplicemente e magicamente, tornato a twittare.

Paolo Becchi.

Paolo Becchi e Libero bloccato da Twitter: “#IostoconLibero, chi è il vero sovrano oggi”

“Sovrano oggi è chi decide sulla vita e sul digitale. Dopo averci chiuso in casa, ora chiudono anche i giornali”: Paolo Becchi si schiera con Libero per il blocco su Twitter. A chi allude l’editorialista, che tra l’altro si è visto perdere 500 follower in poche ore su Twitter? “Sovrano è chi decide sullo stato di eccezione”, è una celebre frase di Carl Schmitt, uno dei più grandi giuristi del secolo scorso. “I tempi cambiano – spiega il filosofo d’area sovranista -. Oggi il sovrano è chi decide sulla tua vita chiudendoti in casa e chi decide sul digitale. Altro che fine del sovranismo. Dobbiamo ritornare sovrani sulle nostre vite e abbiamo bisogno di un sovranismo digitale, contro lo strapotere dei padroni della rete. Vogliamo una rete libera. Il politicamente corretto non domini anche qui, nella rete. Qui almeno lasciateci liberi”. Poi l’hashtag #iostoconLibero. “I sovrani oggi sono le Big tech della Silicon Valley, che gestiscono le piattaforme, e poi il Pentagono e il Dipartimento di Stato americano che controllano l’infrastruttura di Internet (cavi sottomarini e satelliti). Fine”, ha concluso Becchi: “La ‘Costituzione più bella del mondo nata dalla resistenza nel ’48 e i suoi articoli puoi farteli a brodo”.

Twitter limita Libero. Annunziata: “Politicizzare libertà di espressione gravissimo”. “Vale anche per Trump, i dittatori si combattono togliendogli il consenso, non la voce”

È disceso in campo – vox clamantis in deserto scrive Renato Farina – anche Lucia Annunziata, la giornalista-conduttrice di Mezz’ora in più-Il mondo che verrà (Rai 3), che in una lunga intervista con l’Adnkronos, ha spiegato il suo pensiero sulle limitazioni che Twitter ha imposto all’account di Libero e, più in generale, sui “tagli” che i social stanno operando in queste settimane: “È un fatto gravissimo, sono preoccupatissima del controllo dall’alto di queste società che fanno questa operazione. C’è una guerra che stiamo combattendo, la pandemia, la crisi delle istituzioni, ed è come se ci fosse un grande esercito invisibile che sinora è stato nostro amico e che è nella tasca di ciascuno di noi, il telefonino con tutto quello che porta, che ora autonomamente in maniera autoritaria decide di entrare nella nostra tasca e cambiare il nostro destino”.

Spiega Lucia Annunziata: “È il principio che io non condivido. È la politicizzazione della libertà di espressione, che si traduce nella libertà di stampa, che poi arriva anche su di noi. Il risultato di questo controllo qual è? È la prova provata che noi abbiamo consegnato i nostri destini a istituzioni che consideriamo non dico benefiche, ma neutre, e che neutre si rivelano non essere affatto: questo è gravissimo. Io penso che tutte le azioni che incitano all’odio vadano censurate, ma loro hanno i soldi per mettere un esercito di persone a controllare puntualmente queste violazioni, e questo è un problema generale”.

“È una vicenda estremamente grave”, che per la conduttrice di Mezz’ora in più vale anche e soprattutto nella vicenda Trump: “Chi pensa di togliersi dai piedi Trump dall’America facendo un impeachment, togliendogli la voce dai social, o facendolo mandare a casa dai giudici ancora una volta è chi pensa che la politica possa essere risolta con armi diverse dalla politica. Trump ha sollevato un problema sociale visibile, e invece di lavorare su quello noi diamo il permesso a queste società di togliergli la voce? No way. Anche perché la prossima volta rivince Trump… e tutti noi fuori”.

In sostanza, “avevamo un esercito invisibile nella nostra tasca, tanti amici che ci aiutavano a vivere nel nuovo mondo globale, bello, e improvvisamente abbiamo capito che quell’amico è un nemico. E risponde a un generale che si chiama Zuckerberg che improvvisamente fa quello che cazz… gli pare delle nostre cose”, affonda la Annunziata.

“E la politica? Il problema dei dittatori, cui aspira essere naturalmente Trump, è di sottrargli il consenso, non di chiudergli la bocca a lui e ai suoi”. C’è però “un lato buono in tutto questo, ed è che questo che ci ha permesso di focalizzare oggi quello che si sarebbe ripresentato troppo tardi, perché magari avevamo già concesso troppo a queste società”, osserva la giornalista. Che conclude con un’osservazione: “Sai quanto hanno dato alla campagna di Biden queste due grandi società? Mezzo miliardo di dollari. E io avrei votato Biden, e penso che Trump sia un rivoltoso. Ma per onestà intellettuale, bisogna dirlo”.

Lucia Annunciata e Vittorio Feltri nel 2002 alla presentazione di un libro di Paolo Cirino Pomicino (Foto Lapresse).

Il bavaglio in rete
La Annunziata sta con Libero contro Twitter
“La libertà non va politicizzata”
“È un fatto gravissimo”, dice la giornalista progressista. Che attacca lo strapotere globale dei pochi che controllano i social
di Renato Farina
Libero, 14 gennaio 2021


Lucia Annunziata è scesa in campo, vox clamantis in deserto [1] della sinistra. per denunciare il sopruso subito da Libero da parte di Twitter. Lo ha fatto con un’intervista ad Adnkronos, dove chiama le cose con il loro nome, e pronuncia il nome del giornale bandito con il classico Achtung [2] delle dittature. Sia chiaro, non salta sul carro di Feltri e Senaldi, e ci mancherebbe, ma fa coincidere la nostra libertà con quella di tutti. E lo fa delegittimando l’arbitro che ci ha espulsi dal campo.

Per ragioni tempistiche non si è potuta esprimere a casa sua – Mezz’ora in più, la trasmissione su Rai Tre di cui è mattatrice che va in onda di domenica – e vedremo se l’azienda cui è delegato dal parlamento il servizio pubblico sarà sensibile al tema o si adeguerà al verbo dei «signori Bezos, Zuckerberg o Dorsey» (Galli della Loggia, sul Corriere della Sera).

Ha detto l’Annunziata, 70 anni – già presidente della Rai, dove diresse il Tg3, esordì al Manifesto, e poi firmò per Corriere, Repubblica e Stampa, fino alla direzione di Huffington Post –, non proprio una outsider: «La limitazione dell’account di Libero da parte di Twitter è un fatto gravissimo, sono preoccupatissima del controllo dall’alto di queste società che fanno questa operazione. C’è una guerra che stiamo combattendo, la pandemia, la crisi delle istituzioni, ed è come se ci fosse un grande esercito invisibile che sinora è stato nostro amico e che è nella tasca di ciascuno di noi, il telefonino con tutto quello che porta, che ora autonomamente in maniera autoritaria decide di entrare nella nostra tasca e cambiare il nostro destino».

Minaccia vicina

Fantastica Lucia. Non sono parole di poco conto. Fin quando si blocca Donald Trump, la cosa è gigantesca, ma appartiene a un’altra galassia. Ma è la ferita inflitta a Libero che costringe a rendersi conto dello straordinario e capillare potere di queste entità ricchissime e dal volto giovanile, finti angeli dai denti aguzzi.

Annunziata dice: non c’era il fallo, soprattutto chi ha deliberato l’esclusione non ha titoli per estrarre il cartellino rosso. Ribadisce la propria appartenenza all’area politica che vede in Biden il proprio temporaneo astro, ritiene Trump un rivoltoso, ma segnala come sia proprio il campo progressista dominato dai ricconi il luogo di questa incipiente dittatura che si rivela proprio nella zampa ungulata che graffia la guancia del quotidiano fondato da Vittorio Feltri, intanto come avvertimento, poi si vedrà. È quella che Guido Crosetto sulle pagine di Libero ha chiamato Twittatura. Una tirannide che si consolida non più con l’uso politico delle manette (per ora, aggiungiamo noi) ma si connota – sostiene l’Annunziata – con il potere dei padroni delle autostrade elettroniche di impedire a proprio arbitrio di percorrerle a chi è fuori dal loro mondo globalista e progressista. Sono come il tiranno di Siracusa, autocrati di regni invisibili, ma più vasti dell’impero romano e cinese messi insieme: non hanno confini, né legioni che si oppongano alla loro occupazione dello spazio infinito di Internet.

Ci si chiami Trump o Libero, si sia grandi o piccoli, non importa. In questo i despoti sono democratici, uccidono la libertà di espressione alla Casa Bianca, Washington D.C., o in viale Majno, Milano-Porta Venezia dove ci sono le nostre insegne, con equanime pervasività. Come dire: la legge è uguale per tutti. Chi li ha messi lì a giudicare? Il problema è semplice: di chi è quel campo? Si dice giustamente: è proprietà privata. Ma essa può arrivare all’occupazione prepotente, con un colpo di pirateria certo geniale, del Web? Lo hanno fatto. Esistono però beni immateriali, che sono dimensioni dell’esistenza, non possono essere confiscati. Coincidono con la libertà. E il coperchio salta, i popoli si ribellano. Esiste, dovrebbe esistere anche il dovere dei governanti e il diritto dei popoli a tutelare sé stessi dal barbaro invasore, anche se naviga su meravigliosi dirigibili stellari. Oggi invece nessun politico si sente di levare all’arbitro abusivo il fischietto.

E così dovunque le parole non siano conformi agli standard moralmente pelosi della parrocchia, ecco che Facebook e Twitter fanno clic, non hanno bisogno neppure di ordinanze firmate da qualche gip. Negano l’agibilità dell’areopago del XXI secolo, il campo più vasto dove si fanno valere le proprie opinioni, giudizi, insomma la stessa esistenza in vita di quella parte dell’umanità che non ci sta a indossare il pensiero confezionato su misura da algoritmi idioti politicamente corretti.

Esiste lo spazio per costruire nuove autostrade del Web? In teoria sì. In pratica questi signori hanno però la forza di soffocare nella culla chi accenna a lasciar spazi di libertà a quelli che loro hanno scartato. È accaduto a Parler dove si erano iscritti i trumpiani e in Italia Matteo Salvini: Amazon in un amen ha fatto sparire Parler e le sue voci. Una brutta storia progressista. Segnala questa perversione la stessa Annunziata quando detta questa frase all’intervistatore: «Sai quanto hanno dato alla campagna di Biden queste due grandi società (Facebook-Zuckerberg e Amazon-Bezos)? Mezzo miliardo di dollari. E io avrei votato Biden, e penso che Trump sia un rivoltoso. Ma per onestà intellettuale, bisogna dirlo». Diciamolo in tivù, forza!

Miliardi e politica

La gente intanto comincia a sentire il calcagno sul collo di questi sultani bideniani armati di miliardi e di museruole social. Il sintomo? È bastato che Musk, quello delle auto elettriche Tesla, invitasse a uscire da Twitter per iscriversi a Signal e milioni di persone hanno traslocato lì.

Andiamo verso mondi separati, muri tra autostrade elettroniche. Di là i progressisti, di qui i «paria» (ancora Galli della Loggia)? E ci si sparerà con la catapulta? La sinistra al seguito di Jeff Bezos (patrimonio netto:184 miliardi di dollari) e Mark Zuckerberg (101,7 miliardi) contro i politicamente scorretti patrocinati da Elon Musk (153,5 miliardi)? Sempre a rincorrere i ricconi?

[1] Letteralmente “la voce di colui che grida nel deserto” (riferibile a persona i cui consigli rimangono inascoltati).
[2] “Achtung” in tedesco, con il significato di “attenzione!”, “pericolo!”. Come nell’avvertimento “Achtung Banditen!” (Attenzione banditi!).

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