La premura dei pastori per le cose che riguardano Dio

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I pastori conoscono l’identità di quel Bambino, l’Angelo aveva parlato loro chiaramente: «Oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore… troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia» (Lc 2,11-12). Essi, dunque, si muovono verso Gesù, e la loro condizione, fondamentalmente povera, sembra essere un privilegio di fronte a tutto il mondo. Paul Claudel osservava: “Essi sono così poveri, che il buon Dio non se ne accorge nemmeno. E il Figlio suo si sente subito a casa sua, quando è in loro compagnia”. L’estrema povertà di quest’ultimi si rivela, in definitiva, una vera e propria fortuna; scriverà allora il Manzoni: “Senza indugiar, cercarono / l’albergo poveretto / què fortunati, e videro, / siccome a lor fu detto, / videro in panni avvolto, / in un presepe accolto, / vagire il Re del Ciel”.

I pastori – ricorda l’Evangelista Luca – «Andarono, senza indugio» (Lc 2, 16), si affrettarono, scrive Papa Benedetto XVI, nel suo ultimo libro, L’infanzia di Gesù, “i pastori s’affrettarono certamente anche per curiosità umana, per vedere la cosa grande che era stata loro annunciata. Ma sicuramente erano anche pieni di slancio a causa della gioia per il fatto che era veramente nato il Salvatore, il Messia, il Signore, di cui tutto era in attesa e che essi avevano potuto vedere per primi”.

“Quali cristiani – prosegue il Pontefice regalandoci una preziosa e attualissima provocazione – s’affrettano oggi quando si tratta delle cose di Dio? Se qualcosa merita fretta – questo forse vuole anche dirci tacitamente l’evangelista – sono proprio le cose di Dio”. «Abbi premura di queste cose, – scrive San Paolo nella prima Lettera a Timoteo – dèdicati ad esse interamente» (1Tm 4, 15).

 

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