Socialcrazia: dal 1984 di Orwell al 1984 di Apple

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«Al posto delle confessioni estorte con la tortura subentra il denudamento volontario. Lo smartphone sostituisce la camera di tortura: il Grande Fratello assume ora un volto benevolo. La sua benevolenza è ciò che rende la sorveglianza così efficace». «Il potere furbo, dall’aspetto liberale, benevolo, che invoglia e seduce, è più efficace di quel potere che ordina, minaccia e prescrive. L’opzione-like è il suo segno: mentre si consuma e si comunica, ci si sottomette al rapporto di dominio. Il neoliberismo è il capitalismo del mi-piace» (Buyng-Chul han, Psicopolitica) [1]. “Il fatto che non sappiamo di essere osservati significa che ci stiamo normalizzando nel modo in cui il panopticon era inteso a correggere il comportamento?” (Jake Goldfrein).

Spot di Apple del 1984.

Dalla distopia alla realtà. Quello che George Orwell ci presentò come il peggiore dei mondi possibili è diventato realtà con l’arrivo di una dittatura non certo violenta e distruttiva come furono il nazismo o il comunismo ma ugualmente repressiva e pervasiva. Oggi, mentre emerge chiaramente il potere dei media e dei social e la loro pervasività si mostra lampante nelle censure applicate ai non allineati col beneplacito e il consenso dei media mainstream, tanto da poter parlare di una socialcrazia, è tornato di grande attualità il romanzo 1984 (pubblicato nel 1949) al punto che in questi giorni Twitter, nel suo delirio di onnipotenza, ha impedito agli utenti di citare il tag “#1984”, finendo però per sortire l’effetto contrario: voler negare ogni riferimento a 1984 con i metodi del regime del Grande Fratello del 1984. Così la dittatura gentile dei social ha gettato la maschera rivelandosi un nuovo 1984. Al romanzo orwelliano fanno riferimento sia il filosofo francese Michel Onfray nel suo libro Teoria della dittatura (Ponte alle grazie 2020) che il filosofo coreano (naturalizzato tedesco) Byung-Chul Han in Psicopolitica [1].

Del passaggio dal 1984 orwelliano alla dittatura gentile dei social (nata proprio nel 1984!), molto più efficace delle dittature violente del passato, parla Byan-Chul Han in un brano di Psicopolitica (pp. 48-50) che riportiamo di seguito.

Spot di Apple del 1984.

«Lo stato di sorveglianza orwelliano, coi suoi teleschermi e le sue stanze di tortura, è del tutto differente dal panottico1 digitale, con internet, gli smartphone e i Google Glass, dominato com’è dall’illusione di una libertà e di una comunicazione illimitate. In questo panottico non si viene torturati ma twittati o postati: non c’è, qui, alcun misterioso Ministero della Verità. A sostituire la verità sono la trasparenza e l’informazione. Il nuovo obiettivo del potere non è controllare il passato, ma indirizzare in senso psicopolitico il futuro.
La tecnica di potere del regime neoliberale non è proibitiva, protettiva o repressiva, bensì prospettiva, permissiva e proiettiva. Il consumo non viene represso ma massimizzato. Non si produce alcuna mancanza, bensì un’abbondanza, anzi un eccesso di positività: siamo tutti sollecitati a comunicare e a consumare. Il principio di negatività, che caratterizza ancora lo stato di sorveglianza orwelliano, lascia il posto al principio di positività: i bisogni non sono repressi ma stimolati. Al posto delle confessioni estorte con la tortura subentra il denudamento volontario. Lo smartphone sostituisce la camera di tortura: il Grande Fratello assume ora un volto benevolo. La sua benevolenza è ciò che rende la sorveglianza così efficace.
(…) Il panottico digitale fa uso di una rivelazione volontaria da parte dei suoi detenuti. L’autosfruttamento e l’autoesposizione seguono la stessa logica: ogni volta è la libertà a essere sfruttata. Nel panottico digitale manca quel Grande Fratello che ci estorce informazioni contro la nostra volontà. Piuttosto siamo noi stessi a svelarci, a metterci a nudo volontariamente.

Il video dello spot di Apple del 1984.

È diventato leggendario lo spot di Apple che, nel 1984, fu trasmesso sul maxischermo durante il Super Bowl: nello spot, Apple si presentava come il liberatore dallo stato di sorveglianza orwelliano. Marciando, una fila di lavoratori apatici e privi di volontà entra in una grande sala e ascolta il discorso fanatico del Grande Fratello sul teleschermo. Nella sala irrompe una donna che corre, inseguita dalla polizia del pensiero: continua a correre imperturbabile, reggendo un grande martello davanti al seno che sobbalza. Corre determinata verso il Grande Fratello e scaglia il martello con tutta la sua violenza contro il teleschermo che di conseguenza, esplode in una fiammata. Gli uomini si risvegliano dalla loro apatia e una voce annuncia: “Il 24 gennaio, Apple Computer lancerà Macintosh. E voi capirete perché il 1984 non sarà come il 1984”.
Contrariamente al messaggio di Apple, il 1984 non ha segnato la fine dello stato di sorveglianza, ma l’inizio di una società del controllo di nuovo genere, la cui efficacia supera di molto lo stato si sorveglianza orwelliano. La comunicazione coincide interamente col controllo. Ognuno è il panottico di sé stesso
».

Questo articolo è stato pubblicato sul blog di Miguel Cuartero “Testa del Serpente – Rinunciare a tutto per salvare la testa” il 10 gennaio 2021.

L’ex carcere dell’Isola di Santo Stefano.

[1] Byung Chul Han, Psicopolitica, 120 pagine (Edizioni Notte Tempo 2016). Un’infinita possibilità di connessione e di informazione ci rende veramente soggetti liberi? Partendo da questo interrogativo, Han tratteggia la nuova società del controllo psicopolitico, che non si impone con divieti e non ci obbliga al silenzio: ci invita invece di continuo a comunicare, a condividere, a partecipare, a esprimere opinioni e desideri, a raccontare la nostra vita. Con un volto amichevole ci seduce e ci lusinga, mappa la nostra psiche e la quantifica attraverso i big data, ci stimola all’uso di dispositivi di automonitoraggio, ottimizzando le nostre prestazioni. Nel panottico digitale del nuovo millennio – con internet, gli smartphone e i Google Glass – non si viene torturati, ma twittati o postati, il soggetto e la sua psiche diventano produttori attivi di beni immateriali, i dati personali e le emozioni sono costantemente monetizzati e commercializzati. In questo suo saggio, Han pone l’attenzione sul cambio di paradigma che stiamo vivendo, mostrando come la libertà oggi vada incontro a una fatale dialettica che la porta a rovesciarsi in costrizione: per ridefinirla è necessario diventare eretici, rivolgersi alla libera scelta, alla non conformità.
«In questo suo saggio, Han pone l’attenzione sul cambio di paradigma che stiamo vivendo, mostrando come la libertà oggi vada incontro a una fatale dialettica che la porta a rovesciarsi in costrizione: per ridefinirla è necessario diventare eretici, rivolgersi alla libera scelta, alla non conformità».

Byung-Chul Han, nato a Seul, è considerato uno dei piú interessanti filosofi contemporanei. Docente di Filosofia e Studi Culturali alla Universität der Künste di Berlino, ha pubblicato con nottetempo La società della stanchezza (2012, 2020), Eros in agonia (2013, 2019), La società della trasparenza (2014), Nello sciame (2015), Psicopolitica (2016), L’espulsione dell’Altro (2017), Filosofia del buddhismo zen (2018), La salvezza del bello (2019) e Che cos’è il potere? (2019).

Plan of the Panopticon, 1791, The works of Jeremy Bentham vol. IV, 172-3.

[2] Panòttico (vocabolario Treccani) s. m. e agg. XXXXdall’ingl. panopticon, comp. di pan– e del gr. ὀπτικός «visivo»XXXX (pl. m. –ci). – In architettura, tipo di edificio adibito a carcere (ideato dal filosofo e giurista ingl. J. Bentham alla fine del sec. 18°), di forma circolare, con un vano centrale che prende luce dal tetto in vetro e dal quale è possibile controllare tutte le celle, disposte lungo il perimetro. Il termine è stato successivamente usato per caratterizzare la pianta di edifici (generalmente carceri) a sviluppo radiale, con più corpi di fabbrica (bracci) che si dipartono da un elemento centrale.

Il complesso dell’abbandonato Presidio Modelo nel 1995. Il Presidio Modelo era una “prigione modello” con design panopticon, costruito su Isla de Pinos a Cuba. Si trova nel quartiere periferico di Chacón, Nueva Gerona.

Foto di copertina: Jake Goldenfein, ricercatore presso il Center for Media and Communications Law, Università di Melbourne, dice che è importante ricordare gli scopi correttivi del panopticon di Bentham, quando lo si considera come una metafora per la sorveglianza moderna: “La rilevanza del panopticon come metafora comincia a appassire quando iniziamo a pensare se i tipi contemporanei di visualizzazione (effettivamente digitale e basata sui dati) siano analoghi al concetto di torre centrale. Ad esempio, se questo tipo di visualizzazione è asimmetrico e – penso ancora più importante – essere cooptato per lo stesso esercizio politico. Il fatto che non sappiamo di essere osservati significa che ci stiamo normalizzando nel modo in cui il panopticon era inteso a correggere il comportamento?” (Cosa significa il panopticon nell’era della sorveglianza digitale?, The Guardian, 23 luglio 2015).

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