Esuli vaticani: Cipriani e Tulli scaricati e isolati a Malta. Lo IOR e il caso del palazzo ungherese

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Se al palazzo al numero 60 di Sloane Avenue di Londra si affianca il palazzo della Borsa di Budapest, all’isola-continente australiana si affianca l’isola maltese, dove vengono scaricati e isolati Paolo Cipriani e Massimo Tulli, ex Direttore generale e ex Vicedirettore generale dell’Istituto delle Opere di Religione. Erano stati condannati nello Stato della Città del Vaticano nel 2018 (in realtà erano stati riconosciuti colpevoli di solo 3 dei 9 capi di imputazione e erano 3 capi minori rispetto a quelli che costituivano l’impianto principale del processo, avendo catturato l’attenzione dell’opinione pubblica) e assolti in Italia nel 2020 (perché il fatto non sussiste) (QUI e QUI).

Paolo Cipriani e Massimo Tulli.

Anche se non si tratta di sentenze emesse su medesimi atti, i diversi esiti restano comunque indicativi ai fini della comprensione della condotta professionale dei soggetti condannati e assolti, che appare in evidente antitesi. Condotta contradittoria per i quali vengono attribuite due diverse sentenze da due diversi stati per i medesimi dirigenti, che quasi colti da una “crisi di personalità” si apprestano ad affrontare l’ennesimo sforzo giudiziario a Malta. Non c’è due senza tre.

I conti correnti dello IOR in Europa sono sotto attacco: un giudice maltese su richiesta del fondo di investimento Futura ha emesso un provvedimento di sequestro fino a 29,5 milioni di euro. Lo si apprende da ambienti legali. È il più recente passaggio di una complicata guerra giudiziaria che va avanti da tempo, legata anch’essa — come la storia del palazzo di Sloane Avenue a Londra della Segreteria di Stato — a un investimento immobiliare: l’acquisto dell’ex sede della Borsa a Budapest.

A prendere le difese di Cipriani e Tulli insolitamente, in questo caso è la terza parte chiamata in causa. I legali di Alberto Matta danno una lettura interessante della situazione d’Oltretevere, per la quale lo IOR scaricherebbe responsabilità sui due malcapitati. Quindi, Cipriani e Tulli si trovano nel mezzo di un vero e proprio “scarica barile”, risultanza di un braccio di ferro tra “vecchia” e “nuova” gestione IOR. Uno spartiacque della questione, che divide le due epoche gestionali è il 2014, anno che vede Papa Francesco eletto al soglio pontificio da pochi mesi (13 marzo 2013).

In tema di processi economico/finanziari targati IOR-SCV il prossimo 21 gennaio è attesa la sentenza che vede imputati l’ex Presidente dello IOR Angelo Caloia e l’ex direttore generale Scaletti (deceduto) con l’Avv. Gabriele Liuzzo e il Professore Lamberto Liuzzo (era incriminato anche l’ex Direttore generale Lelio Scaletti, morto alla fine del 2015). Sarà una sentenza storica che giudicherà per la prima volta i presunti illeciti della Presidenza dello IOR per presunti reati perpetrati nel periodo presidenziale 2001-2008. Cipriani e Tulli hanno ricoperto rispettivamente le cariche di Direttore generale e Vicedirettore quando Presidente dello IOR era Ettore Gotti Tedeschi (dal 2009 al 2012).

Lo IOR nella sua “nuova gestione” è divenuto fiore all’occhiello delle riforme indette da Papa Benedetto XVI, confermate e attuate da Papa Francesco. Un fiore all’occhiello che vede il “nuovo IOR” senza “addetti stampa ufficiali”. Dalle informazioni che emergono, sin dal 2014 il “nuovo IOR” ha rispettato l’etica, le regole finanziarie internazionali, i parametri Moneyval e quelli previsti dalle Nazioni Unite. Tutto ciò induce il lettore a pensare che lo IOR non si interessa di operazioni opache, su isole estere diverse da Malta, sulla base del fatto che quella maltese è l’unica isola estera nella quale IOR ha notificato denunce alle autorità competenti locali in merito a presunti illeciti riscontrati.

Sardegna, Australia, Malta. Tre isole, nelle quali delle menti raffinatissime tendono ad isolare e a depistare l’attenzione degli attenti lettori, che fortunatamente smontano ogni depistaggio, rifiutando l’isolamento mediatico. Lo IOR appare nel mirino e sotto attacco, ma forse ad uno sguardo più attento di uomini molto devoti con la particolare devozione alla lente, la parte dello IOR che è sotto attacco, è solo una precisa gestione passata, sarà così? lo scopriremo solo vivendo.

Il palazzo della borsa di Budapest.

Il Vaticano alla caccia di milioni nel tentativo di impedire ad un fondo maltese la vendita “abusiva”
Malta Today, 14 dicembre 2019

(traduzione di lavoro dall’inglese)

Milioni di euro in contanti bancari vaticani sono in gioco in un caso giudiziario maltese, poiché gli avvocati della Santa Sede chiedono ora ai tribunali di impedire ad un’impresa di investimento di vendere i suoi beni a una società ungherese.

Lo IOR afferma che una società di Dubai è stata utilizzata per creare una società immobiliare solo nove giorni dopo la decisione dello IOR di acquistare una quota del 90% nel prestito utilizzato per la riqualificazione del palazzo della Borsa di Budapest. Ma lo IOR afferma di essere stata indotta a pagare più soldi per il prestito, dopo che Cougar Real Estate del Lussemburgo, che a sua volta è di proprietà di una società di Dubai, ha acquisito il prestito per “soli” 20,4 milioni di euro, con un conseguente 11,6 milioni di euro in contanti vaticani andati a Holdabco e un altro azionista di minoranza, una società panamense chiamata Alpininvestissements. (…)

Diritto di replica circa Futura Funds

Scriviamo per conto di Futura Funds Sicav plc, Futura Investment Management Limited, Optimum Evolution Fund SIF, Optimum Asset Management SA e il signor Alberto Matta e facciamo riferimento all’articolo del 14 dicembre 2019 “Il Vaticano alla caccia di milioni nel tentativo di impedire la vendita “abusiva”.

È molto evidente che l’articolo ribadisce acriticamente il contenuto di un decreto ingiuntivo recentemente presentato dall’Istituto per le Opere di Religione [IOR], senza tener conto della forte confutazione avanzata dai nostri clienti contestando le pretese spurie dello IOR.

Lo IOR sostiene di essere stato “indotto” a pagare un prezzo gonfiato per il palazzo della Borsa di Budapest, con il conseguente ricarico dirottato a entità di terze parti. Questo è palesemente falso.

Infatti, nonostante le accuse dello IOR sulla mancanza di trasparenza, i dettagli della transazione sono stati chiaramente indicati dai nostri clienti allo IOR prima dell’esecuzione dell’investimento.

La decisione di approvare il prezzo di acquisto più alto di 32 milioni di euro (invece di una struttura di transazione più rischiosa ma con un prezzo di ingresso più basso) è stata presa dal Comitato per gli investimenti istituito dallo IOR. Questo per quanto riguarda “intrighi” e “transazioni sospette”!

In dettaglio: allo IOR, e al Comitato per gli investimenti da esso costituito, è stata offerta dai nostri clienti la possibilità di investire 20,4 milioni di euro direttamente in un credito in sofferenza, al fine di cercare eventualmente di convertirlo in una quota di maggioranza della società proprietaria del palazzo della Borsa di Budapest, o in alternativa attendere che il processo di liquidazione si svolga (derivante dal fallimento del mutuatario) e si spera di recuperare un importo pari all’intera entità del prestito.

Lo IOR ha tuttavia chiarito che non avrebbe investito in un prestito in sofferenza (con procedura fallimentare del mutuatario già in corso e un liquidatore nominato dai tribunali fallimentari ungheresi), poiché ha ritenuto che si trattasse di uno strumento rischioso e notoriamente problematico.

Lo IOR, tramite i propri consulenti, ha dichiarato che avrebbe preferito acquisire il bene una volta che questo fosse stato de-rischiato, cioè dopo la disattivazione del fallimento, per poi investire nell’immobile sottostante o in un bene “bonificato”.

Affinché ciò accadesse, tuttavia, è stato necessario trovare investitori terzi disposti ad acquisire l’NPL, assumersi i rischi correlati (che lo IOR non era disposto ad assumersi) e tentare di ottenere la conclusione della procedura di liquidazione e quindi convertire il prestito in azioni della società proprietaria dell’immobile (eventualmente concordando una transazione con la società creditrice).

Naturalmente, il prezzo dell’attività libera era molto più alto del prezzo dell’NPL con i suoi rischi intrinseci. In effetti, il palazzo della Borsa di Budapest è stato valutato dagli esperti internazionali di valutazione Jones Lang Lasalle molto maggiore dei 32 milioni di euro che lo IOR si è impegnato a investire (e di cui solo 17 milioni di euro alla fine sono stati investiti).

La verità è che lo IOR è venuto meno ai suoi indiscutibili obblighi contrattuali e ha cercato in ogni modo di trovare un fondamento giuridico per evitare le inevitabili e gravi conseguenze di ciò. Pertanto, i nostri clienti respingono fermamente l’accusa secondo cui un processo così trasparente, chiaramente presentato allo IOR e al suo Comitato di investimento prima dell’esecuzione (e approvato da quest’ultimo), potrebbe essere considerato una “transazione sospetta”.

Ciò che è davvero “sospetto” è il fatto che i nostri clienti siano stati attaccati per una decisione di investimento che è stata apertamente discussa con e in ultima analisi, decisa dal Comitato per gli investimenti dello IOR e da consulenti esterni. A questo proposito, riteniamo che la tempistica della decisione sia molto significativa. L’investimento è avvenuto solo poche settimane prima delle inaspettate e inedite dimissioni di Papa Benedetto XVI. L’elezione di Papa Francesco ha portato a grandi cambiamenti con lo IOR, tra cui, dal 2013, la sostituzione di tre Presidenti, due Direttori generali, la maggior parte delle funzioni interne di alto livello e persino molti membri della Commissione cardinalizia. La nuova dirigenza ha lanciato una feroce critica alla precedente gestione dell’Istituto e, in particolare, all’ex Direttore generale Paolo Cipriani e al suo Vice Massimo Tulli, contro i quali lo IOR ha avviato un’azione legale davanti al Tribunale vaticano e in Italia. Il vero obiettivo dell’Istituto non è proteggere i propri investimenti. Al contrario, il nostro cliente sostiene che, attraverso le sue azioni, non ultimo il suo rifiuto di onorare un impegno di capitale residuo di 24 milioni di euro fondamentale nello sviluppo di questo importante progetto immobiliare, lo IOR sta consapevolmente mettendo a rischio l’investimento ungherese, per rafforzare le sue accuse di cattiva amministrazione contro Cipriani e Tulli.

È, a dir poco, un peccato che i nostri clienti siano finiti nel fuoco incrociato tra varie fazioni all’interno dello IOR, con l’Istituto allegramente indifferente alla reputazione dei nostri clienti, al successo del suo investimento e ai diritti di altre terze parti investitori nello stesso progetto, che non hanno nulla a che fare con la controversia in corso!

Mamo TCV Advocates

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