Donne per la libertà

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Il fine anno ha evidenziato il coraggio delle donne, che hanno messo in crisi il potere costituito di Stati, che non amano il racconto della verità: in Arabia Saudita è stata condannata a 5 anni ed 8 mesi di carcere Loujain al-Hathloul, l’attivista per i diritti delle donne, detenuta dal 16 maggio 2018 in Arabia Saudita dopo essere stata protagonista di una campagna per la fine della tutela maschile obbligatoria per le saudite e per il diritto di guidare l’automobile (introdotto dal governo di Riad poche settimane dopo il suo arresto).

Mentre 4 anni di carcere sono stati inflitti dal tribunale di Pudong, sobborgo alla periferia di Shangai, a Zhang Zhan, 37 anni, ex avvocata e blogger, che il 1^ febbraio scorso si era recata a Wuhan per documentare ‘la polmonite misteriosa’ comparsa dalla fine del 2019. Per settimane, l’attivista ha raccolto le voci dei residenti, funzionari delle pompe funebri e dei crematori, medici e infermieri, esperti del locale istituto di virologia e li ha diffusi su YouTube sotto forma di brevi video-interviste.

Nei suoi post, la blogger è stata spesso critica con il governo per la gestione della crisi sanitaria. Per gli inquirenti, Zhang ha diffuso false informazioni sul coronavirus attraverso piattaforme web come WeChat, Twitter and YouTube, oltre ad aver accettato di essere intervistata sull’argomento da media stranieri.

Zhang ha raccontato anche le storie di altri giornalisti indipendenti arrestati a Wuhan. Secondo Reporter senza frontiere e il Comitato per la protezione dei giornalisti di New York, il governo cinese è quello che quest’anno ha imprigionato più giornalisti. Per i ricercatori, il peggioramento della situazione in Cina è dovuto all’adozione di leggi d’emergenza contro la pandemia che hanno ristretto in modo ulteriore la libertà di stampa.

Per quanto riguarda Loujain al-Hathloul le autorità saudite l’hanno incriminata per violazione delle norme inerenti la sicurezza nazionale nel contesto di una più ampia operazione volta a reprimere i movimenti attivisti, soprattutto quelli femminili. Secondo quanto raccontano i parenti, la donna è stata in regime di isolamento per tre mesi in seguito all’arresto ed è stata oggetto di elettroshock, frustate e abusi a sfondo sessuale.

I giudici, dopo aver letto la sentenza di condanna, hanno condonato mediante ‘sospensione’ due anni e 10 mesi. Secondo i familiari, questo permetterebbe di ottenere il suo rilascio entro i prossimi due mesi, al più tardi a marzo. In merito al processo, attivisti ed esperti hanno riferito che non ha rispettato gli standard minimi internazionali sul diritto alla difesa.

A tale proposito Heba Morayef, direttrice per il Medio Oriente e l’Africa del Nord di Amnesty International, ha dichiarato: “Loujain è una coraggiosa difensora dei diritti umani, il cui attivismo pacifico insieme a quello di altre sue colleghe ha provocato un profondo cambiamento sociale in Arabia Saudita. Questa condanna, sebbene parzialmente sospesa, mostra ancora una volta la crudeltà delle autorità saudite nei confronti di una delle più coraggiose tra le donne che hanno osato cercare di rendere concreto il loro sogno di un’Arabia Saudita migliore…

Loujain ha già trascorso in carcere oltre 900 giorni, durante i quali ha subito torture, molestie sessuali e ulteriori maltrattamenti, è stata tenuta in isolamento e privata dei contatti con la sua famiglia. Siamo estremamente preoccupati per le sue condizioni di salute fisica e mentale, ribadiamo che dev’essere rilasciata immediatamente e senza condizioni e chiediamo che, nel frattempo, possa incontrare i familiari ed essere visitata da un medico di sua scelta “.

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