Australian Gate. Fatti più clamorosi del caso Becciu diventato caso L’Espresso. “Per favore, spiegate 1,4 miliardi di euro dal Vaticano in Australia”. Lo chiedono i vescovi australiani al Papa

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Oggi, 29 dicembre 2020 alle ore 13.00 circa, il quotidiano australiano più diffuso The Australian scrive sull’edizione digitale, che i vescovi cattolici dell’isola-continente stanno lavorando su una richiesta diretta rivolta a Papa Francesco, per chiedergli di indagare e di spiegare come AUS $ 2,3 miliardi (circa 1,4 miliardi di euro) sono stati trasferiti dalla Città del Vaticano all’Australia a loro insaputa.

Secondo The Australian, la polizia federale australiana sta indagando, a seguito di informazioni ricevute dall’autorità australiana di regolamentazione della criminalità finanziaria Austrac, su più di 400.000 bonifici segreti in Australia per oltre AUS $ 2,3 miliardi. I leader scioccati della Chiesa Cattolica Romana in Australia hanno affermato di non averne visto un centesimo e di non essere a conoscenza delle transazioni avvenuto nel corso degli ultimi 6 anni.

I dati diffusi dall’Austrac hanno rivelato che più di 400.000 transazioni sono state effettuate dal 2014 fino a quest’anno, innescando un’indagine della polizia federale australiana. I trasferimenti dal Vaticano all’Australia sono aumentati da AUS $ 71,6 milioni nel 2014 a AUS $ 137,1 milioni nel 2015 prima di raddoppiare nuovamente a AUS $ 295 milioni nel 2016 e raggiungere un picco di AUS $ 581,3 milioni nel 2017. Più AUS di $ 422 milioni sono stati trasferiti nel 2018, ulteriori AUS $ 491,8 milioni nel 2019 e AUS $ 294,8 m quest’anno finanziario fino ad alcuni giorni fa, ha riferito The Australian.

A sinistra, la Basilica di San Pietro (nella Città del Vaticano, dove si è in possesso di tutti i dati) e la cattedrale di Santa Maria di Sydney (della Chiesa Cattolica Romana in Australia, che attende le risposte dal Papa, il Capo della Chiesa Universale). A destra il Parliament House in Canberra (dove si attendono le risposte alle domande rivolte al governo australiano), i loghi della polizia federale australiana (che sta investigando) e dell’Austrac (che è in possesso di tutti i dati).

Sulla barca di Pietro
remiamo insieme
verso Australia

Un cristiano non deve sentirsi mai solo, un giornalista cattolico tantomeno, perché con lui c’è sempre il Signore che lo sostiene. Come recita “Orme sulla sabbia” [*], il Signore ci prende in braccio nei momenti più duri della vita. Questo è il motivo per cui non sono nostre le due orme lasciate sulla sabbia, perché è il Signore che ci porta in braccio e ci sostiene nei momenti più difficili. E questo soprattutto quando scriviamo cercando la verità con coraggio, senza la paura di essere sanzionati, a costo di non ottenere l’ammissione al Volo Papale – il super-previligiato gruppo dei VAMP-Vatican Accredited Media Personel, che viaggio sul medesimo aereo del Sommo Pontefice e del Seguito Papale – per il prossimo viaggio apostolico in Iraq, a costo di pagare in prima persona se necessario (San Giovanni Paolo II dixit).
Ma pensate veramente che Papa Francesco ama il giornalista che si allinea e che sottace la verità?

Cari vaticanisti, se pensate questo, avete capito molto poco di questo pontefice. Ricordatevi la risposta di Papa Francesco sull’impegno dei cattolici in politica. Papa Francesco ci dice chiaramente che un cattolico “deve!” e lo ribadisce “deve!” occuparsi di politica. Questa convinzione possiamo trasferirla all’impegno che un giornalista deve profondere per conseguire la verità. Noi siamo sicuri, che Papa Francesco ci risponderebbe che un giornalista “deve cercare la verità!”, anche se ciò significa scoperchiare le pentole in Vaticano, in Australia o a Londra. E ci direbbe anche di stare tranquilli, che nessuno nella Santa Sede sanzionerà un vaticanista solo per aver cercato la verità, onestamente e coraggiosamente. Di questo siamo convinti. Il vostro accreditamento per il viaggio apostolico in Iraq è già in lavorazione e il vostro posto, fila centrale o lato finestrino, è stato prenotato. Scrivete liberamente senza paura di sanzione alcuna!

Sulla strada per la verità abbiamo vissuto emozioni diverse e contrastanti. Abbiamo provato un senso di solitudine, a volte anche di sconforto, ma la luce della verità che si intravede in lontananza ci ha esortato a continuare. Sul nostro cammino, inaspettatamente, abbiamo trovato degli alleati, come gli amici di Libero che hanno sposato le nostre tesi di ricerca della verità. Questa è la prova che siamo uomini e donne di poca fede e il Signore ci ha dimostrato ancora una volta quanto dobbiamo impegnarci ad essere quella matita nelle mani di Dio (Santa Madre Teresa dixit), che troppo spesso non riusciamo ad essere.

Sul nostro cammino, che solo in apparenza ci sembrava solitario, abbiamo trovato professionisti di livello e di lungo corso come Scaraffia e Minoli ma anche impostori e falsari lanciatori di coriandoli, caricati a molla dalle menti raffinatissime di professionisti dell’arte del depistaggio, che in questi giorni tremano. Tremano sì, perché il loro piano di killeraggio mediatico, sui temi londinesi, australiani, caso Becciu che è il caso L’Espresso, li stiamo facendo saltare uno ad uno, rispondendo prontamente colpo su colpo con cannonate di verità. Come bombe intelligenti da valanga programmata alleggeriscono le cime innevate ad est della capitale, evitando possibili disastri imprevisti. Ordigni che vengono da noi soppesati, calibrati e sganciati dai nostri specialisti, sulle false ipotesi di accuse che vedono sempre nel mirino dei falsari personaggi come il Cardinale Angelo Becciu, l’Uomo che Veste di Bianco stesso o addirittura il Papato, sorvegliato speciale numero uno, alle quali le menti raffinatissime mirano, cercando in tutti modi la destabilizzazione della Chiesa cercando in tutti i modi di affondare questa nostra barca di Pietro sulla quale ci siamo tutti.

Se è vero che siamo tutti sulla stessa barca, dovremmo anche remare tutti dalla stessa parte. Ricordando che i nostri remi sono le nostre tastiere, che se usate con coraggio fanno più male delle spade. Perché è ora di dare risposte in temi delicati come quelli australiani, poiché per rispetto della trasparenza finanziaria di Santo Stefano protomartire richiesta da Papa Francesco con Lettera apostolica a forma di Motu proprio [La Lettera apostolica a forma di Motu proprio di Santo Stefano. Il Papa sa. Il Papa fa. Il Papa sa quello che fa… Non oltre il 4 febbraio, da ultimatum – 29 dicembre 2020], dobbiamo dare delle risposte alle domande degli attenti lettori.

Lo dobbiamo soprattutto ora, che le domande provengono ufficialmente e direttamente dai vescovi australiani, domande alle quali abbiamo formulato un’ipotesi, spiegata in 10 punti: Un’ipotesi incredibile ma plausibile. «Gutta cavat lapidem consumitur anulus usu» – 24 dicembre 2020. La nostra ipotesi è in riferimento agli abusi sessuali del clero in Australia e il silenzio della Chiesa Cattolica Romana: occultato nel dimenticatoio. Il conto in sospeso… Veramente, siamo davanti a qualcosa di mai visto. E la definizione di “sorprendentemente elevata” è un’understatement in australianstyle: La quantità di denaro trasferito dal 2014 ad oggi dal Vaticano in Australia è “sorprendentemente elevata”. Chi ha fatto i bonifici, a chi e perché, da dove sono partiti e dove sono finiti? – 23 dicembre 2020.

La matematica non è un’opinione e i depistaggi nel caso Pell, forse, fanno pure comodo a qualcuno, che vuole dirottare altrove l’attenzione da queste transazioni, partite dalla monarchia assoluta elettiva dello Stato della Città del Vaticano e arrivate fino all’altra parte del mondo, nella monarchia parlamentare del Commonwealth dell’Australia.

Un’ipotesi in 10 punti… Visto che la matematica non è un’opinione, abbiamo provato a fare due conti, incrociando i due insiemi di dati (alle superiori studiavo nel primo anno della riforma dell’insegnamento della matematica con il metodo degli insiemi e anche il primo anno dell’introduzione della maturità), lasciando andare per un momento il koala e prendendo la calcolatrice alla mano. Infatti, non serve un supercalcolatore. E non serve neanche tutta questa grande scienza, basta il Rasoio di Occam per arrivare ad un’ipotesi, incredibile ma plausibile. Che oggi è stato ripreso su Libero quotidiano da Renato Farina, nel suo articolo che facciamo seguire.

Naturalmente, la nostra ipotesi si basa sulla cifra di AUS $ 2,3 miliardi (circa 1,4 miliardi di euro), secondo i dati dell’Austrac, rivelati da The Australian, ma se le cifre dovessero aumentare, le nostre tesi prenderebbero davvero forma concreta di prova e non più di mera ipotesi. Tutto ciò osservato con la speciale devozione alla lente di ingrandimento, nell’ottica di essere credenti devoti e soprattutto credibili.

“Lo riporta oggi il Sydney Morning Herald, notando che si tratta del primo caso conosciuto in Australia in cui vittime di abusi commessi dal clero chiamino a rispondere il Pontefice per il mancato intervento della Chiesa in azioni decisive contro i predatori pedofili. Se il caso avesse successo, sarebbe la prima volta che un tribunale australiano punisce la Chiesa, come giudizio distinto dall’obbligo di risarcire le vittime” (Il Messaggero, 28 novembre 2020).

Volevate le riforme? Eccole! Volevate un Papa che fa il Papa per davvero? Eccolo! Adesso sistemiamolo tutti insieme, perché gli attacchi non tarderanno ad arrivare. Sono già arrivati e arriveranno sempre più mirati, saranno sempre più pesanti, in tema di abusi, in tema di citazioni che non hanno precedenti. Vediamo la richiesta di citazione di Papa Francesco, che se venisse accolta dal tribunale australiano vedrebbe un pontefice, koala alla mano, dirigersi verso l’emisfero australe non in Viaggio Apostolico, ma per rispondere di addebiti per i quali ha una responsabilità oggettiva come Pontefice, per le malefatte di sacerdoti operanti nella parrocchia più lontana e per le presunte mancanti attività di tutela opportune che avrebbe dovuto adottare la Santa Sede in merito. Sarebbe un evento senza precedenti. Per la prima volta nella storia un pontefice sarebbe chiamato a rispondere di addebiti presso un tribunale ordinario di uno stato sovrano che è l’Australia. La parrocchia più lontana e forse anche per questo abbandonata a se stessa.

L’abbiamo scritto il 4 dicembre scorso che le domande sui bonifici dal Vaticano in Australia sono cruciali. Abbiamo ripetuto le domande il 23 e il 24 dicembre, dopo le medesime domande da The Australian, riprese da Edward Pentin sul Catholic National Register del Gruppo EWTN. Oggi le medesime domande vengono rivolte a Papa Francesco dai vescovi australiani stessi, che per amore di verità e dei loro fedeli, hanno il diritto di ricevere delle risposte trasparenti, chiare, veritiere e esaustive. E dal Papa stesso, questa volta.

Nuova luce sui segreti di Oltretevere
La vera storia del miliardo vaticano in Australia
Becciu fu accusato di aver comprato testimoni per affossare il rivale Pell. Falso: i fondi sarebbero serviti a indennizzare vittime
di Renato Farina
Libero, 29 dicembre 2020


Una notiziola, sfuggita alle agenzie internazionali e ai grandi giornali italiani, è balzata come un canguro dall’Australia a sconvolgere e a ridicolizzare le carte che avrebbero dovuto seppellire il Cardinale Angelo Becciu. Una montagna di denaro è destinata a rovesciare il tavolo delle calunnie, se solo non prevarrà una sacra omertà. Non è una voce, un sospetto, ma un dato certificato dall’Austrac (Australian Transaction Reports and Analysis Centre), l’intelligence finanziaria di quel Paese: dal 2014 in poi sono stati trasferiti dalla Città del Vaticano un miliardo e quattrocento milioni di euro attraverso più di 400mila transazioni. Uno sciame di cavallette d’oro, nessuna uguale all’altra, ma in media del valore di 3.500 euro, per passare inosservate al radar ed essere considerate legittime dalle autorità. Non si tratta di rivelazioni trafugate in chissà quali modi, ma di dati forniti in una audizione al Senato di Canberra, e pubblicate nei giorni scorsi su The Australian, il quotidiano più diffuso dell’isola-continente.

Al momento non si sa quale sia stato l’ente erogatore, e non si conosce il nome dei destinatari. A sciogliere la riservatezza possono essere soltanto le autorità vaticane o – se deciderà di rispondere a una interrogazione della senatrice Concetta Fierravanti-Wells – il governo australiano.

Perché tutto questo c’entra con il caso Becciu? All’Australia ci torniamo presto. Fermiamoci intanto a Roma. Già Libero aveva dimostrato, con l’inchiesta firmata da Vittorio Feltri a partire dal 18 novembre, come la defenestrazione del prelato sardo fosse stata orchestrata dall’interno delle mura vaticane in un andirivieni di documenti. L’Espresso si era prestato per mano di [Omissis], già sedicente segretario di Bergoglio con il nome fasullo di don Andrea Andreani, a svolgere il ruolo di sicario mediatico, facendo passare il cardinale Angelo Becciu, prima Sostituto alla Segreteria di Stato e quindi Prefetto per le Cause dei Santi, per un malfattore, capace di depredare i denari che il Santo Padre voleva destinare ai poveri per dirottarli ai suoi parenti. Ci sarebbe voluto pochissimo, come ha fatto Libero, ad appurare che il legittimo beneficiario era stata la Caritas di Ozieri. Ma intanto la torta avvelenata è impastata, informata e cotta. Il malloppo di carte è arrivato all’Espresso. L’articolo è scritto. Il direttore Marco Damilano approva. Una copia del settimanale, con il servizio calunnioso, finisce direttamente dalla tipografia abruzzese sulla scrivania del Papa a Santa Marta. All’orecchio di Bergoglio c’è chi prontamente illustra la faccenda criminosa, aggravata senza ombra di dubbio dal tradimento della buona fede del Pontefice. Al quale non resta che, in flagranza di scandalo, convocare il porporato fedigrafio e imporgli le dimissioni.

Era il 24 settembre. La prova dell’intrigo la produsse l’Espresso scrivendo la notizia delle dimissioni 7 ore e 48 minuti prima che sconvolgessero la vita di un uomo innocente. Troppo zelo.

Solo Francesco

In quel momento non si alzò alcuna voce in difesa del cardinale. L’unica prudenza fu praticata dallo stesso Francesco: il quale non volle “sberrettare” Becciu e lo lasciò cardinale, pur senza più le prerogative di questa carica. Per il resto la pena di morte fu eseguita all’istante: l’identità di un uomo fu frantumata nella sua pietra angolare, dove un prete pronuncia la propria offerta a Dio.

Qualche tremito garantista e magari misericordioso percorse qualche laico, dinanzi a una defenestrazione senza la possibilità di difesa che urta non diciamo contro la bontà divina ma persino contro i banali criteri di giustizia umana. Poi tutto finì quando il 2 ottobre il Corriere della Sera pubblicò una notizia ancora più tremenda. La firma era quella di Fiorenza Sarzanini, introdotta nei luoghi che contano della giustizia romana e vaticana. E qui eccoci di nuovo, e in realtà per la prima volta dall’esplodere del caso Becciu, in Australia.

Articolo sull’edizione digitale del Corriere della Sera il 3 ottobre 2020.

Una diceria che anche in chi sperava in un errore ebbe l’effetto di una disillusione. Parlo di tanti vescovi e fratelli cardinali che non ebbero più il coraggio di intervenire a difesa di Becciu. Scrisse Sarzanini: “700 mila euro inviati in Australia attraverso alcuni bonifici frazionati potrebbero essere stati utilizzati per «comprare» gli accusatori nel processo per pedofilia contro il cardinale George Pell. È l’ipotesi degli inquirenti vaticani che rischia di provocare una nuova e clamorosa svolta dell’indagine avviata sugli ammanchi da centinaia di milioni di euro dell’obolo di San Pietro e altre disponibilità della Segreteria di Stato. Le verifiche riguardano le movimentazioni disposte da monsignor Angelo Becciu”.

Delitto perfetto

La fonte è dichiarata. Qui siamo al delitto perfetto. Se l’Espresso aveva tirato una coltellata alla schiena dando del ladro a Becciu, adesso gli investigatori vaticani mentre il cardinale è prostrato a terra gli danno una mazzata sulla nuca, facendo trapelare un’ipotesi agghiacciante. Becciu avrebbe pagato un ex chierichetto per far fuori il cardinale rivale con l’accusa di cui peggio non esiste: l’abuso di bambinetti nella sacrestia con indosso ancora i paramenti della messa. Becciu dinanzi a queste accuse – mai formalizzate – rispose subito: calunnie, il Papa sa di quei fondi, e io sono tenuto al segreto. Puerile, pensarono tutti.

Certo: c’erano stati dissensi aspri tra i due. Pell voleva visionare e i conti – come ministro dell’Economia appena nominato – anche della Segreteria di Stato, che si opponeva. Finché Pell dovette tornare in Australia a farsi processare, perdendo quel posto. Qui una stranezza. Chi allora accusò pesantemente Pell furono Espresso, Repubblica e Il Fatto, il Corriere non mosse un ditino di garantismo, forse anche perché Pell passava per cardinale conservatore e avverso alle novità sulla comunione ai divorziati. A difenderlo (insieme soltanto a Giuliano Ferrara su Il Foglio) fu il sottoscritto su Libero. Noi non invertiamo i ruoli. Pell era innocente allora e adesso. Così come Becciu. Ma qualcuno gioca in modo strano.

E siamo alla cifra € 1.400.000.000. A cosa sono serviti? Cominciamo a sgombrare il campo da qualche scoria:
1) è una cifra inverosimile per corrompere un testimone;
2) una simile provvista di quattrini può provenire solo dallo Ior o dall’Apsa, i due istituti a cui fanno riferimento le finanze e i beni della Santa Sede. La Segreteria di Stato non ha mai avuto simili disponibilità.
Si avanzano ipotesi. La più plausibile è che quella massa di euro sia servita a “ristorare” (anche se è una brutta parola) in via extra-giudiziale le vittime dei 4.400 abusi sessuali di cui era accusato il clero australiano. La Chiesa australiano ha sempre rifiutato di aiutare i singoli sacerdoti. Che sia arrivato – per evitare uno scandalo insopportabile – il nulla osta in altissimis per assegnare risarcimenti da circa 350mila euro ciascuno?

L’unica cosa sicura è che qualche risposta dovrebbe darla gli organi ufficiali del Vaticano. Chi ha versato quei soldi? Per quale causa? Come mai “gli inquirenti vaticani”, a detta del Corriere, hanno passato un sospetto che si è rivelato un depistaggio? L’Australian Gate minaccia di essere più clamoroso del caso Becciu.

[*] Orme sulla sabbia (anonimo brasiliano)

Questa notte ho fatto un sogno, ho sognato che camminavo sulla sabbia accompagnato dal Signore, e sullo schermo della notte erano proiettati tutti i giorni della mia vita. Ho guardato indietro e ho visto che per ogni giorno della mia vita, apparivano orme sulla sabbia: una mia e una del Signore. Così sono andato avanti, finché tutti i miei giorni si esaurirono.

Allora mi fermai guardando indietro, notando che in certi posti c’era solo un’orma… Questi posti coincidevano con i giorni più difficili della mia vita; i giorni di maggior angustia, maggiore paura e maggior dolore… Ho domandato allora: “Signore, Tu avevi detto che saresti stato con me in tutti i giorni della mia vita, ed io ho accettato di vivere con te, ma perché mi hai lasciato solo proprio nei momenti peggiori della mia vita?”.

Ed il Signore rispose: “Figlio mio, Io ti amo e ti dissi che sarei stato con te durante tutta il tuo cammino e che non ti avrei lasciato solo neppure un attimo, e non ti ho lasciato… i giorni in cui tu hai visto solo un’orma sulla sabbia, sono stati i giorni in cui ti ho portato in braccio”.

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