La Lettera apostolica a forma di Motu proprio di Santo Stefano. Il Papa sa. Il Papa fa. Il Papa sa quello che fa… Non oltre il 4 febbraio, da ultimatum

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Questa mattina, dopo averci serenamente dormito una notte e aver usato con speciale devozione la nostra lente di ingrandimento (come ha suggerito Papa Francesco sul volo Tallinn-Roma del 25 settembre 2018, riferendosi al Cardinale Pietro Parolin: “E poi il Segretario di Stato, che è un uomo molto devoto, ma ha una speciale devozione alla lente: tutti i documenti li studia: punto, virgola, accenni. Questo mi dà una sicurezza molto grande”), ed essendo persone molto devote, non solo all’Ufficio del Romano Pontefice ma innanzitutto alla Chiesa Cattolica e suo fondatore Gesù, ritorniamo alla questione della Lettera apostolica Motu Proprio “Una migliore organizzazione”, pubblicata dalla Sala Stampa della Santa Sede nel Bollettino N. 694 di ieri, 28 dicembre 2020 e promulgata dal Santo Padre Francesco in data del 26 dicembre 2020, nel giorno di Santo Stefano protomartire, con il quale converte in legge ciò che aveva già scritto nella lettera del 25 agosto 2020 al Segretario di Stato Cardinale Pietro Parolin.

La sostanza, il trasferimento del contenuto della cassaforte della Segreteria di Stato (Obolo di San Pietro, il Fondo Discrezionale del Santo Padre e i Fondi Intitolati) all’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica è diventato legge, ma non solo. Questo Motu Proprio rappresenta un altro passo importante nella riforma della Curia, sottolinea la Sala Stampa della Santa Sede nel Comunicato, con un understatement curiale. Ne abbiamo parlato ieri: QUI.

È noto, che – sin dai tempi di Monsignor Paul Marcinkus – lo IOR è sia stato “sfruttato” in modo improprio. Ma è pur vero che tale Istituto per le Opere di Religione – sin dai tempi di Papa Benedetto XVI e delle revisioni di Promontory Financial Group – si è rimesso in carreggiata, rispondendo positivamente a quello che era l’input pontificio e cioè, di allinearsi alla regolamentazione finanziaria internazionale. Nel tempo, lo IOR non solo si è allineato, ma non ha fatto sconti a nessuno. E grazie all’operato del suo attuale Direttore Generale Mammì [Gian Franco Mammì, il “banchiere di ferro”, figura cruciale al vertice dello IOR. Le sue denunce hanno portato a “scoperchiare dall’interno la pentola” degli scandali finanziari in Vaticano – 6 dicembre 2020] sono partite due denunce, che hanno scoperchiato la pentola dall’interno.

La prima denuncia di Mammì ha portato al procedimento penale di Caloia & Co [Il Promotore di giustizia vaticano ha chiesto la condanna a 8 anni per ex Presidente IOR, Angelo Caloia – 6 dicembre 2020]. Questo processo il prossimo 21 gennaio 2021 si avvierà verso una storica sentenza presso il Tribunale dello Stato della Città del Vaticano presieduto da Giuseppe Pignatone.

La seconda denuncia di Mammì ha portato a quello che tutti conosciamo come il caso 60SA che riguarda il palazzo di Londra e la gestione opaca (dixit Parolin) dei fondi della Segreteria di Stato, oggi depotenziata con un Motu proprio storico che non trova precedenti.

Papa Francesco prima dell’ultimatum odierno, ultimamente ha riformato in modo efficiente e dinamico gli organi di vigilanza e controllo delle finanze vaticane. Oltre a IOR, ci siamo occupati in passato anche dell’AIF (Autorità di Informazione Finanziaria, l’istituzione competente della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano per la lotta al riciclaggio e al finanziamento del terrorismo, istituita da Papa Benedetto XVI con Lettera apostolica in forma di Motu proprio “Prevenzione e contrasto delle attività illegali in campo finanziario e monetario” del 30 dicembre 2010, di cui il 5 dicembre 2020 papa Francesco ha approvato il nuovo statuto; contestualmente l’istituzione ha assunto il nome attuale di Autorità di Supervisione e Informazione Finanziaria) e dell’Ufficio del Revisore Generale, che insieme alla Segreteria per l’Economia all’uopo “Segreteria papale per le materie economiche finanziarie”, completa il quadro che riguarda la vigilanza e il controllo di quella che ora appare essere il grande calderone amministrativo della sede apostolica APSA (Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica, che tra altri compiti annovera il pagamento degli stipendi del personale della Santa Sede), cioè il sorvegliato speciale numero uno.

L’APSA è sempre stata una realtà economica a parte, ente che non ha mai avuto prerogativa bancaria ma che attraverso collaborazioni con banche esterne ha potuto operare liberamente e spadroneggiare in campo economico in tutto il pianeta. Ora anche l’APSA ha un controllore a cui la stessa deve rendicontare ogni operazione e ogni bilancio, soprattutto per quanto riguarda i fondi trasferiti dalla Segreteria di Stato per Motu proprio di Papa Francesco, che impone anche il termine oltre il quale non si eccepisce, il 4 febbraio 2021.

Ricordiamo, che dentro il calderone di APSA sono inglobati anche i proventi del FAS-Fondo Assistenza Sanitaria, una realtà sanitaria ormai nota, che può affrontare uscite da 20 milioni di euro annui senza sapere se il conto FAS esiste, dove si trova e a quanto ammonta. Un conto costituito dalla solidarietà forzata da prelievi in busta paga dei dipendenti, anche contro volontà, “unicum” nella Santa Sede e nello Stato della Città del Vaticano, che non trova termini di paragone. Altro aspetto di economia pontificia opaca da chiarire.

Chi più, che molto di più, chi meno, che per quasi niente, (quasi) tutti gli enti economici dello Stato della Città del Vaticano, della Santa Sede e degli Enti collegati, in questi anni hanno cercato di allinearsi alla richiesta di trasparenza dei Pontefici, ma c’è un ente che tale richiesta l’ha disattesa in modo inspiegabile. E questo ente è la Segreteria di Stato che il Papa adesso ha depotenziato Motu proprio, riducendola alla sola gestione amministrativa interna in merito al proprio “Ufficio amministrativo”, per quanto riguarda l’approvazione dei bilanci preventivi e consuntivi di esercizio. Tale decisione è stata presa dal Sommo Pontefice senza che nessun ispettore o revisore dei conti fosse stato inviato all’interno della Segreteria di Stato, per verificarne la situazione o lo stato delle finanze della stessa.

La Segreteria di Stato, a differenza dell’Istituto per le Opere di Religione, che si è sottoposto alla verifica della Promontory Financial Group per diversi anni, non ha subito alcuna verifica interna, ma di fatto tutto quello che riguarda la gestione finanziaria per disposizione del Motu proprio – che è legge – viene trasferito all’APSA. Anche questa operazione va assolutamente sottolineata, poiché avviene in modo diverso da quanto avvenne per la riforma di IOR, che oltretutto è rimasto in possesso della propria gestione autonoma e della propria operatività indipendente.

Il confronto che abbiamo fatto tra Segreteria di Stato e Istituto per le Opere di Religione è utile per capire il tempo necessario che è servito allo IOR per essere considerato un istituto che rispondesse alle esigenze di trasparenza finanziaria internazionale e che uscisse in modo positivo dalle ispezioni di Moneyval (Committee of Expert on the Evaluation of Anti-Money Laundering Measurses and the Financing of Terrorism), che ha applicato gli standard del Gafi-Fatf (Gruppo di Azione Finanziaria – Financial Action Task Force), per cui ci sono voluti anni nei quali molti conti opachi e inopportuni all’interno di IOR sono stati chiusi. Anche se tante altre verifiche sono ancora al vaglio di attenti ispettori esterni, possiamo sicuramente dire che lo IOR ad oggi è un istituto trasparente, che rispetto al suo passato ha subito una completa trasformazione. Questo presente anche una sorta di riscatto, poiché da istituto che operava in modo opaco – che è stato alcune volte vicino alla chiusura – è divenuto paladino della trasparenza finanziaria, che con coraggio ha denunciato dall’interno altri enti della Santa Sede, che hanno avuto atteggiamenti poco chiari. Proprio come quello tenuto dalla Segreteria di Stato, per la quale ora ci vorranno anni per riuscire a valutare, verificare e controllare al fine di regolamentare la sua gestione e renderla rispondente alle esigenze di trasparenza finanziaria richiesta dal pontefice attraverso un Motu proprio con ultimatum al 4 febbraio 2021.

Altro che operazione prevista, sicuramente prevedibile e inevitabile alla luce di quanto emerso negli ultimi mesi con il caso 60SA, ma sicuramente non prevista in questa modalità imperativa e coraggiosa.

Se tanto ci dà tanto – e se lo IOR in tempi passati, da Far West finanziario, è stato usato per traffici opachi (dixit Parolin) – è presumibile dedurre, che anche la gestione economica della Segreteria di Stato sia stata utilizzata per fini poco chiari. Poiché la Segreteria di Stato non si è mai allineata alle richieste di trasparenza finanziaria, alla luce di ciò che il Papa cita nel Motu proprio riguardo a conti esteri e proprietà immobiliari.

A parer nostro, il Motu proprio che Papa Francesco ha firmato nel giorno del protomartire Santo Stefano, è un atto previsto, ma probabilmente non in questi termini, come da Comunicato della Sala Stampa della Santa Sede (che non dimentichiamo dipende per i comunicati dall’Ufficio Informazione e Documentazione della Segreteria di Stato), che vorrebbe far passare sotto le mentite spoglie di un basso profilo, una operazione storica come fosse di normale routine, ma dai!

A nostro avviso, la decisione del Sommo Pontefice del giorno di Santo Stefano è tutt’altro che scontata, soprattutto nella sua modalità ed è una scelta coraggiosa, in quanto è chiara la volontà del Papa, dopo che la pentola è stata scoperchiata dall’interno, vedere anche dentro la pentola, qual’è il suo contenuto. E considerato che già in passato abbiamo affrontato l’argomento più volte, torniamo volentieri sul tema sottolineando che Papa Francesco ha fatto un gesto che in molti non credevano possibile. Davvero il Vescovo di Roma vuole controllare di persona i conti? La risposta è sì, il Santo Padre vuole guardare dentro la pentola dopo che il coperchio è stato tolto e primo che il Padrone dello sterco, che fa i coperchi (ma non le pentole, che è opera umano, molto umano), lo rimette. Papa Francesco lo vuole fare e lo farà, sapendo di fare tutto ciò a suo rischio e pericolo, a nostro avviso non per nulla un atto dovuto né tantomeno scontato.

Se è vero che il Papa con il Motu proprio vuole vedere cosa c’è dentro la pentola, è pur vero che in molti non vogliono che ciò avvenga, perché solo Dio sa cosa bolle in pentola. Ecco perché, a nostro avviso, dalla notte appena trascorsa, più di qualche mente raffinatissima non dormirà più sonni tranquilli e in molti tremeranno. Per questo, l’atto di Papa Francesco è un atto papale da coraggio inedito.

Sottolineiamo, questo è un atto legislativo e non solo un’intenzione pia, prova che il Papa sa, che il Papa fa e che il Papa sa quello che fa. Grazie alle sue scelte capirà davvero chi sono i veri “mercanti” da cacciare dal tempio e probabilmente riabilitare chi è stato ingiustamente punito ed esposto al pubblico ludibrio. Non a caso come il Cardinale Angelo Becciu – di cui abbiamo difeso il diritto alla presunzione di innocenza fino ad un eventuale processo con condanna in definitiva, che non è neanche iniziato, come nel caso del Cardinale George Pell – a seguito di operazioni di killeraggio mediatico premeditato e studiato a tavolino degno di una “tempeste di cervelli delle menti raffinatissime”. Queste operazioni solo una grande difesa legale e mediatica del Card. Becciu ha potuto contrastare, martellando costantemente con documenti di verità prendendo idealmente a martellate i falsari e i loro avvocati di ufficio alla Pery Mason con alcuni media collusi e conniventi.

Quindi, Papa Francesco ha fatto una scelta coraggiosa, che ci riporta alle parole umili e coraggiose di Papa Giovanni Paolo I, che non ha nemmeno avuto il tempo di provare ad attuare certe sue decisioni, poiché i suoi 33 giorni di pontificato ci svelano il tempo che non ha avuto per l’attuazione delle sue intuizioni e intenzioni. Papa Francesco è stato coraggioso e gliene va dato atto.

Dopo questo Motu proprio di Santo Stefano, che tocca una istituzione mai toccata così profondamente come l’intoccabile e potentissima Segreteria di Stato, il Papa avrà ancora più nemici di prima. Tanti nemici in Curia e anche fuori, perché molti conti della Segreteria di Stato sono esteri e tanti immobili di proprietà sono all’estero, come citato nella Lettera apostolica a Motu proprio del 26 dicembre 2020.

Preghiamo per Papa Francesco più intensamente che mai. Preghiamo per il suo riposo notturno e preghiamo per il suo risveglio mattutino, che segue ogni notte, sicuri del fatto che alla Domus Sanctae Marthae ha più tutele di rispetto a un appartamento pontificio, poiché alla Domus in tanti mangiano e bevono ciò che mangia e beve il Papa, al quale non potrà mai arrivare nessuna singola tazzina di caffè corretta all’armagnac.

Il 4 febbraio 2021 si avvicina e le riforme finanziarie di Papa Francesco non sono più da vetrina, ma sono atti coraggiosi, tic tac tic tac…

Postscriptum

Ricordiamo quanto abbiamo scritto il 10 dicembre scorso: «Ha da passà ‘a nuttata… La notte è tempo di discernimento. La notte è tempo di lotta contro il mondo delle tenebre. La notte è tempo di decidere chi dobbiamo diventare all’alba del giorno seguente. Quando all’alba apriamo gli occhi, ringraziando il Signore per farci alzare e donarci la forza di combattere il male senza se e senza ma. Un combattimento condotto candidamente come colombi, ma con dentro la forza di una Fede incrollabile, con il coraggio che ci porterà a pagare anche di persona se necessario. La notte dei comunicatori è arrivata ed è qui che si vede il coraggio. Il silenzio stampa è calato e tutto il mondo dei “vaticanisti” si è incredibilmente omologato all’oscurità, perché si sa ‘”altrimenti ti sanzionano” (Franca Giansoldati dixit)».

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