Numeri ufficiali Covid-19 del 28 dicembre 2020. Gori: Comune Bergamo offesa in indagine pm per “epidemia colposa”. 27 febbraio 2020: #bergamononsiferma

Condividi su...

Ringraziando i nostri lettori e sostenitori, ricordiamo che è possibile inviare comunicazione presso l’indirizzo di posta elettronica del “Blog dell’Editore”: QUI.

I dati Covid-19 ufficiali del Ministero della salute di oggi lunedì 28 dicembre 2020

Totale casi: 2.056.277 (+8.585) (+0,42%)
In isolamento domiciliare: 548.724 (-6.885) (-1,24%)
Ricoverati con sintomi: 23.932 (+361) (+1,53%)
In terapia intensiva: 2.565 (-15) (-0,58%) [con 167 nuovi ingressi del giorno] [*]
Dimessi/Guariti: 1.408.686 (+14.675) (+1,05%)
Deceduti: 72.370 (+445) (+0,62%)
[*] Dato molto importante, perché permette di verificare al di là del saldo quante persone sono effettivamente entrate in terapia intensiva nelle ultime 24 ore oggetto della comunicazione.

Il sistema “Tutor” per verificare il “trend” dell’epidemia

Media giornaliera dei decessi: 232 (+1)

Tabella con i decessi al giorno, il totale dei decessi e la media giornaliera dei decessi [A cura dello Staff del “Blog dell’Editore”]: QUI.

Il punto della situazione a cura di Lab24
Qualche numero, oggi, per capire quanta confusione ci sia ancora sui dati che fotografano l’epidemia in Italia, e di conseguenza quanto possa essere difficile non solo avere indicazioni attendibili sulla diffusione del contagio, ma anche ipotizzarne lo sviluppo con i modelli epidemiologici (che invece danno per scontata l’attendibilità dei dati inseriti). Il 18 dicembre abbiamo visto come il Piemonte abbia eliminato dal totale precedentemente comunicato 232.830 test eseguiti; dai casi testati 106.675 casi; dai positivi totali 2.590 positivi: adeguandosi con il ricalcolo alle regole indicate da Ministero della Salute e Iss, ma portando di fatto a una giornata caratterizzata da numeri ampiamente negativi rispetto al giorno precedente. Una situazione altrettanto complessa riguarda la Regione Veneto, che da settimane secondo i dati ufficiali ha un rapporto positivi/tamponi totali superiore al 20%. Un valore altissimo, ma in realtà non veritiero: il Veneto, infatti, comunica ogni giorno nel totale dei positivi non solo quelli individuati con i tamponi molecolari (come specificato da Ministero e Iss con una norma risalente allo scorso febbraio) ma anche quelli individuati con i test rapidi (i primi disponibili risalgono ad aprile). Il dato complessivo dei positivi, incrociato con i soli tamponi molecolari eseguiti (il denominatore utilizzato nella tabella nazionale quotidiana) genera un rapporto altissimo di positivi/tamponi. Il ricorso ai test rapidi è peraltro aumentato nel corso del tempo: secondo la comunicazione del Dipartimento di Prevenzione della Regione Veneto a ottobre sono stati eseguiti 413.466 tamponi molecolari e 272.556 test rapidi, a novembre 459.793 molecolari e 703.151 rapidi. I positivi rilevati (34.676 a ottobre e 89.108 a novembre) se calcolati sui tamponi molecolari generano un rapporto positivi/tamponi rispettivamente dell’8,38% a ottobre e del 19,38% a novembre. Includendo nel totale i test rapidi, i valori scendono rispettivamente a 5,05% e 7,66%. A dicembre, con dati aggiornati alla sera del 27 dicembre, il Veneto ha eseguito 407.754 tamponi molecolari e 684.819 test rapidi con 88.705 positivi: il rapporto positivi/tamponi è 21,75% secondo la definizione classica, in realtà dell’8,11%. Le conseguenze sono facilmente intuibili e comportano una deviazione in tutte le voci che riguardano i test eseguiti, i casi testati e il calcolo dei rapporti che ne derivano. Non solo per la Regione Veneto, ma per gli stessi valori anche a livello nazionale. In Francia dal 5 dicembre è stato eseguito un ricalcolo inserendo anche i dati derivati dai test rapidi: l’effetto è stato retroattivo, in quanto ha riguardato l’intero arco temporale della pandemia. Ministero della Salute e Iss potrebbero, nei prossimi giorni, effettuare un’operazione simile adeguando anche la definizione di caso: non più legata alla conferma con test molecolare, ma estesa all’individuazione con test rapido. Vedremo, nel caso accadesse, se verrà seguita la linea francese correggendo a ritroso tutti i dati da inizio emergenza, o se verrà introdotto un conteggio parallelo a quello in essere a partire dalla data di modifica (Fonte Il Sole 24 Ore).

Lombardia, Gori: “Comune Bergamo persona offesa in indagine pm”

“La Giunta del Comune di Bergamo ha deliberato di dichiarare il Comune persona offesa” nell’indagine preliminare della Procura di Bergamo per epidemia colposa sulla pandemia da Covid-19. “Se la Procura deciderà di promuovere l’azione penale, con il rinvio a giudizio, allora il comune si costituirà parte civile”. Lo ha detto il sindaco di Bergamo Giorgio Gori, questo pomeriggio durante una conferenza stampa su zoom. Un passo “giustificato e necessario”, ha aggiunto Gori, visto anche “l’eccezionale impatto” della pandemia su Bergamo e “visto l’elevato numero di vittime” (Fonte SkyTG24).

Allora, Giorgio Gori si è dimenticato che la legge è uguale per tutti? Da quanto in poi un sindaco si può opporre ad un’indagine penale? Si è dimenticato lo slogan “Bergamo non si ferma” (a seguito di quello di Sala “Milano non si ferma”)? Si è dimenticato il video “di incoraggiamento” alla Città il 27 febbraio 2020, 6 giorni dopo il primo morto per Covid-19? Si è dimenticato, il sindaco di Bergamo, Giorgio Gori, che lui, gli industriali locali, i commercianti, tutti erano contrari alle zone rosse e all’isolamento? Si è dimenticato che a fine febbraio lo slogan era #bergamononsiferma, con la pandemia che ben presto si espande a macchia d’olio (con i numeri delle vittime che registriamo da 313 giorni)? Si è dimenticato il mea culpa un mese dopo, a fine marzo?

Rinfreschiamoci la memoria, perché i politici non si devono sottrarre alle loro responsabilità, che in tempi non sospetti avevamo già paventato. Tutti quei numeri di decessi, che sono persone, hanno dei responsabili ed è dovere della magistratura chi sono.

La canzone dei Pinguini Tattici Nucleari, le immagini dei bergamaschi che affollano le vie del centro: così il Distretto Urbano del Commercio ha voluto rivendicare la resilienza della città alle prese con l’emergenza sanitaria, con un video su Facebook il 27 febbraio 2020, accompagnato dall’hashtag #bergamononsiferma. Un clip in cui rivendicava la resilienza della città alle prese con l’emergenza Coronavirus.

Ad accompagnare le immagini dei bergamaschi che passeggiano tranquillamente nel cuore della città – sia bassa, sia alta – c’è la parte finale della canzone “Bergamo” dei Pinguini Tattici Nucleari, con un testo eloquente: “ti porto in centro e forse capirai che cosa intendo quando ti dico che sei bella come casa mia”.

Il video era arrivato dopo i numerosi messaggi d’ottimismo rivolti nei giorni precedenti dal sindaco Giorgio Gori alla cittadinanza bergamasca, che aveva sì evidenziato come questa emergenza sanitaria stesse mettendo in crisi turismo, ristorazione e commercio della città, ma anche ipotizzato come presto ci saremmo potuti mettere questo “incubo” alle spalle.

Nicola Gori con la moglia Cristina Parodi.

Coronavirus, l’appello del sindaco Gori: “Bergamo non ti fermare”
Il primo cittadino ha lanciato un messaggio ai bergamaschi
Bergamo, 27 febbraio 2020 (Ilgiorno.it) –
Bergamo non ti fermare!”. Con queste parole inizia l’appello che il sindaco di Bergamo, Giorgio Gori, ha lanciato ai propri concittadini dalla sua pagina Facebook. Un invito a seguire le indicazioni del ministero della Salute e di Regione Lombardia, ma allo stesso tempo a non farsi prendere da allarmismo e reagire al momento delicato che sta vivendo il Nord Italia.
“Questi giorni ci hanno messo a dura prova”, ha proseguito Gori. “Le notizie sulla diffusione del virus e le prescrizioni che a partire da domenica hanno limitato tanti aspetti della nostra vita hanno generato un clima di preoccupazione che è andato molto aldilà del necessario. È come se il nostro spirito attivo e positivo fosse improvvisamente spento e intimidito. La città sembra sospesa. Io credo sia giusto seguire le indicazioni, ma al tempo stesso dobbiamo andare avanti con intelligenza e buon senso, senza allarmismi. Sono convinto che un virus non fermerà Bergamo, né oggi né in futuro, e noi che amiamo questa città dobbiamo ridarle presto coraggio e vivacità”.
“Con questo spirito stasera (ieri, ndr) ho proposto a mia moglie Cristina di venire a cena da Mimmo (un classico per noi bergamaschi): per passare una bella sera insieme e dare un piccolo segnale: per dire a noi stessi, e per dire a tutti, Forza Bergamo!”. Il sindaco ha anche indicato la cultura come la via da seguire per reagire al coronavirus attraverso il suo account Twitter, chiedendo al Governo la riapertura dei musei non appena la situazione lo permetterà: “Come reagire al coronavirus? D’accordo con Beppe Sala: il primo segnale di reazione, positività e fiducia può venire dalla cultura. Senza abbandonare la prudenza. Riaprire i musei sarebbe un segnale importantissimo. Tanti sindaci la pensano così, spero anche il ministro Dario Franceschini”.

Il sindaco di Bergamo Gori: “Sottovalutato il problema Coronavirus, adesso chiudere tutto”
di Francesco Loiacono
Fanpage.it, 20 marzo 2020
“Si salvaguardino le filiere strategiche – alimentare, sanità, energia – e si chiuda il resto”. Il sindaco di Bergamo Giorgio Gori in un’intervista torna a chiedere un’ulteriore stretta sulle misure di contenimento dell’epidemia di Coronavirus, che sta colpendo in maniera particolare la Bergamasca. Il sindaco ha fatto anche mea culpa sulla sottovalutazione iniziale del problema: “Ci abbiamo messo qualche giorno di troppo a capire, abbiamo sbagliato anche noi, anche io”.
Bergamo è ormai da giorni la città d’Italia più martoriata dal Coronavirus, con i 4648 casi di contagio accertati in tutta la provincia. Le immagini dei camion dell’esercito che trasportano per strada le bare che il cimitero e il forno crematorio cittadino non riescono più a smaltire hanno fatto il giro del mondo, restituendo la gravità della situazione che il capoluogo orobico e tutta la Bergamasca stanno vivendo. Una situazione che, come ha detto il sindaco Giorgio Gori in un’intervista all’Huffington Post, è stata probabilmente sottovalutata, almeno all’inizio. “Ci abbiamo messo qualche giorno di troppo a capire, abbiamo sbagliato anche noi, anche io”, ha detto Gori al vice direttore Alessandro De Angelis. Anche Gori all’inizio dell’emergenza ha sostenuto quella linea del “Bergamo non si ferma” che, come avvenuto anche per il suo omologo Sala a Milano, si è poi rivelata controproducente: “Abbiamo pensato che si potesse tenere insieme la prudenza, il rispetto delle regole, le distanze di sicurezza, e la vita normale – è il mea culpa di Gori -. Eravamo preoccupati per il virus, ma anche per le attività economiche delle nostre città. Ma quell’equilibrio non poteva reggere”. E un altro errore del sindaco è stato quello di non aver invocato all’inizio a gran voce la zona rossa per la Val Seriana, dove si è sviluppato il focolaio bergamasco dei casi di Covid-19.
Gori: Chiudere tutte le attività e le fabbriche non essenziali
Adesso però l’atteggiamento del sindaco rispetto all’epidemia è mutato. Da giorni Gori chiede di istituire la zona rossa nella Val Seriana (una mancata decisione che dovrà essere chiarita in seguito) e di chiudere tutto, intendendo tutte le attività non essenziali: “Si salvaguardino le filiere strategiche – alimentare, sanità, energia – e si chiuda il resto – precisa il sindaco nell’intervista -. Che senso ha tenere aperta una fabbrica di bottoni o di giocattoli e vietare ai cittadini di fare jogging in campagna?”. In questo senso Gori è pienamente allineato al governatore della Lombardia Attilio Fontana, che ha fatto le stesse richieste al governo. Nel pomeriggio di oggi il governatore raccoglierà tutte le osservazioni dei sindaci lombardi sulle ulteriori misure di contenimento per l’epidemia, da girare poi al presidente del Consiglio Giuseppe Conte. “Ma senza nuovi limiti faremo da soli”, ha detto Fontana.
Nel corso dell’intervista Gori è tornato su temi tragici già affrontati negli scorsi giorni: dal numero di contagiati e di morti per Coronavirus sottostimato, per via delle persone che muoiono in casa senza tampone, alla situazione degli ospedali bergamaschi “allo stremo” che mette i medici già davanti alla tragica decisione di dover scegliere chi salvare: “Ci siamo arrivati da un pezzo. Quando ho parlato della dolorosa scelta di quei medici parlavo di fatti di cui ero assolutamente certo”. Alla fine dell’intervista il sindaco lancia un appello, chiedendo aiuto alle altre regioni italiane e agli altri Paesi: a Bergamo servono medici e infermieri, ventilatori polmonari, dispositivi di protezione per evitare che gli operatori sanitari si ammalino”. E un domani “serviranno anche forti aiuti economici”.

In Cina condannata a 4 anni di carcere la blogger che ha raccontato il nuovo coronavirus cinese da Wuhan

Zhang Zhan, la 37enne ex avvocato diventata citizen journalist, è stata condannata a 4 anni di carcere per la copertura in diretta da Wuhan della crisi del Covid-19. La sentenza del Tribunale popolare di Shanghai Pudong, formulata dopo una breve udienza, ha motivato la colpevolezza per aver “raccolto litigi e provocato problemi sociali” a seguito della segnalazione dei fatti iniziali della pandemia quando a Wuhan, la città focolaio del virus, si parlava di “polmonite misteriosa”. I resoconti di Zhang a febbraio sono stati condivisi sui social media, attirando l’attenzione del regime comunista cinese. “Zhang Zhan ha partecipato al processo su una sedia a rotelle ed era in cattive condizioni di salute – ha denunciato l’avvocato Zhang Keke – non ha detto se ricorrerà in appello”. Originaria di Shanghai, Zhang raggiunse a febbraio la città di Wuhan, pubblicando sui social media i suoi reportage. Detenuta dallo scorso maggio, a giugno Zhang ha iniziato a rifiutare il cibo in segno di protesta contro il suo arresto. Zhang è stata la prima ad avere un processo nel gruppo di 4 citizen journalist insieme a Chen Qiushi, Fang Bin e Li Zehua, arrestati all’inizio dell’anno per aver coperto gli eventi di Wuhan. “Zhang Zhan sembrava devastata alla lettura della sentenza”, ha riferito Ren Quanniu, uno dei legali della difesa della citizen journalist, secondo i media locali, confermando la pena detentiva di quattro anni fuori dal Tribunale.
Il controllo del flusso di informazioni durante l’emergenza sanitaria in Cina è stato fondamentale per consentire al regime comunista di formulare la narrativa degli eventi a proprio favore, malgrado le incertezze iniziali la cui denuncia ha provocato conseguenze per i citizen journalist. Su tutti, la sorte di Li Wenliang, il giovane medico che per primo lanciò inascoltato l’allarme sul virus che gli ricordava la Sars: fu fermato dalla polizia, minacciato, screditato prima di essere riabilitato e fatto tornare al lavoro, morendo poi a soli 34 anni per il contagio del coronavirus.

Free Webcam Girls
151.11.48.50