La romanità cattolica

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Le riflessioni di Piero Schiavazzi nel video su YouTube dell’intervento Il posto di Roma nel mondo [1] e nell’articolo L’Italia s’è ripresa il Vaticano. Il 2020 consolida il ritorno ai posti di comando della Curia e delinea il nuovo volto della Cei, bergogliano e di sinistra sul Huffingtonpost.it [2], ambedue in data 16 dicembre 2020, sollevano il tema della romanità nel papato di Francesco, lui che viene definito dallo Schiavazzi il Papa più anti-romano della storia.

Ma cosa si intende per romanità? Sempre nel video, Schiavazzi citerà la decisa avversione di Francesco nei confronti del costantinismo, ovvero del rapporto della religione con il potere, che secondo il succitato viene rifiutato (forse certo potere aggiungiamo noi, perché Evo Morales è ospite fisso in Vaticano).

Ma cosa è il costantinismo? Nel Treccani se ne tenta una interpretazione [QUI]. È questa che ho segnalato, una versione che tende a identificare il costantinismo con quel cattolicesimo del potere opposto invece allo spirito liberale e libertario della modernità. E a certa spiritualità.

È il vento del Concilio Vaticano II dei media (cit Benedetto XVI), che spira forte oggi nella Chiesa Cattolica Romana. Sull’onda del globalismo e della distruzione delle entità nazionali, soppiantate dalla oligarchia mondiale sempre più invisibile. Ma è giusta questa interpretazione?

Nella Roma antica, nel foro romano repubblicano, così come nei fori imperiali, le basiliche in cui si amministrava il diritto e si faceva filosofia erano accanto ai templi. Le religioni collaboravano con il potere per il bene di Roma. Costantino nell’Editto di Milano sulla libertà religiosa dette la possibilità ai cristiani e non solo a loro di potersi esprimere liberamente.

La fede e il pensiero Cristiano si sono evoluti da quel lontano IV secolo D.C. attraverso un complesso sistema di pensiero. Riorganizzando un mondo in grande cambiamento, fino a giungere allo splendore del Medioevo.

Con la modernità si è iniziato a criticare beninteso non tanto il principio della libertà religiosa dell’Editto di Milano, ma la saldezza e fondatezza del pensiero cattolico che si è tacciato di essere dalla parte del potere.

Nel Concilio Vaticano II si è criticata paradossalmente non tanto la romanità dell’editto di Costantino, quanto la fede cattolica che nel frattempo si era rinsaldata con la strutturazione del pensiero neo-tomista ed era tornata protagonista in politica.

Anche oggi, Francesco, epigono dei pensatori gesuiti e non del Concilio Vaticano II, promotori della nouvelle theologie (Karl Rahner, Henri-Marie de Lubac, Yves Congar,…) – preti anticattolici -, non critica la politica tout court, ma quella politica che non gli aggrada. Francesco non rinuncia ad esprimere posizioni politiche, anzi ne esprime di sommamente ideologiche e ahimè anti-cattoliche.

È giusto quello che dice Schiavazzi, che il Papa più anti-romano a suo modo esprime una romanità. Di fatto Francesco ha dismesso non solo la fede cattolica, ma anche l’impianto filosofico e giuridico classico (per questo è anti-romano) ma ha promosso nel contempo un neo-paganesimo originale, che esprime una nuova religione, il relativismo, e di fatto ribadisce lo schema costantiniano, ma con altri contenuti. Di qui la giusta riaffermazione della romanità di Francesco, come dice Schiavazzi, ma ovviamente una nuova romanità, una nuova religione, un nuovo umanesimo. Quel “nuovo umanesimo” che l’establishment anti-cattolico sbandiera ogni giorno.

Ma viene spontaneo dire: cosa c’entra Francesco con il cattolicesimo di Nicea? Di fatto potremmo affermare, senza timore di essere smentiti, che Francesco ripropone, in linea con il Concilio Vaticano II dei media (cit Benedetto XVI), la disputa di Nicea, questa volta facendo vincere Ario. Ovvero, al proposito trinitario del Credo scritto a Nicea (“Gesù generato e non creato, della stessa sostanza del Padre”) contrappone la religione dell’uomo, fondata sull’uomo Gesù. Con il passaggio da una religione incentrata sulla famiglia (quella cattolica) a una nuova religione, neo-ariana, incentrata sul sentire delle tribù germaniche, oggi espresse dalle tribù ideologiche postmarxiste.

[1] Tra storia e leggenda

Il video su YouTube dell’intervento Il posto di Roma nel mondo di Piero Schiavazzi al Forum dell’Università Sapienza del 16 dicembre 2020, illustra una serie di suggestioni giocate sui più arditi accordi jazz! Ovvero, sulle dissonanze rese armonia. Ma si sa, tali miracoli riescono ai grandi Maestri, e costoro sono persone rare. Talora con la propria anima ceduta al diavolo. Fuor di metafora, il suo dipinto di Bergoglio-Francesco si scontra con una nuda realtà: la Piazza San Pietro sempre più vuota!

E se è vero che ha ricordato in termini fantasmagorici la cerimonia del 27 marzo scorso in cui solo, dopo essersi recato giorni prima in via del Corso, sale le scale di San Pietro per la invocazione di salvezza, gli sfugge tuttavia la ovvietà del disastro di un Crocefisso antico dilavato nelle sue preziose lacche e rigonfio di acqua fino a deformarsi e scoppiare, se non fosse stato per un immediato ricovero nell’Istituto di restauro vaticano. Di un‘opera beninteso non di proprietà dello Stato della Città del Vaticano, ma dello Stato italiano, sorvegliata e custodita dalla Soprintendenza di Roma.

Le strade di Roma aperte alla globalizzazione sono quelle della accondiscendenza a una dittatura del relativismo, che ha finito per superare le stesse ragioni geopolitiche degli Stati, ad esse sovrapponendo deliri e interessi di conventicole sopra nazionali, che già operarono in maniera tumultuosa e ingovernabile nelle due fasi della rivoluzione russa.

E in questa globalizzazione neo-pagana, con nuovi dei e nuovi miti, Francesco infrange ogni dogma cattolico e abbraccia gli idoli, peraltro grossolanamente accolti in Vaticano [QUI e QUI].

In ogni cosa, seguendo le bizzarre genialità  dell’arte contemporanea, possiamo scorgere le luci fluorescenti e le sirene della contraddizione che nutre l’arte e la poesia, ma tali dissonanze sono ben lontane dalle complessità della teologia cattolica.

Ciò che Sant’Agostino rinfacciava agli dei pagani è quanto ci troviamo oggi a obiettare alle improvvide alchimie del perito chimico (cit Schiavazzi), che non hanno niente di geniale e conseguente se non la confusione della contraddittorietà degli opposti della eresia modernista. E per finire, mai ci fu epoca più disgraziata di questa nella offerta di classe dirigente dell’Italia.

Oggi la scelta di terze, quarte e quinte linee dalla periferia italiana è solo suggello al più scontato e succube spirito cortigiano.

Che tristezza!

Che Sant’Atanasio ci soccorra!

[2] Una irrealtà fantasmatica

Piero Schiavazzi nell’articolo L’Italia s’è ripresa il Vaticano. Il 2020 consolida il ritorno ai posti di comando della Curia e delinea il nuovo volto della Cei, bergogliano e di sinistra sul Huffingtonpost.it del 16 dicembre 2020 descrive una irrealtà fantasmatica. L’Italia democristiana che cita lui, non esiste più, per il fatto che nella Chiesa Cattolica Romana si è reciso il ramo su cui la Democrazia Cristiana si reggeva, il neo-tomismo. Quando l’input di Giovanni XXIII è stato di smetterla di contrapporsi, o direi meglio, distinguersi dalla modernità, è chiaro che tutto l’impianto romano – che Schiavazzi cita anche qui a sproposito – è andato a farsi benedire.

Sappiamo bene di tutte le problematiche teologiche e politiche, che a fine ‘800 e ancora prima con la unificazione nazionale hanno contrapposto la Chiesa alla così detta modernità – di origine nordeuropea – che non era altro che una versione aggiornata dell’arianesimo.

Lo schema è molto semplice. E d’altronde assai bene disconfermato dalla lezione woityliana, che si contrappose (a sorpresa e contro gli schemi montiniani) a entrambi i mostri del ‘900: nazismo e comunismo.

Nel Paese con il più grande partito comunista dell’Occidente e soprattutto con una parte laica improvvisamente esautorata o contenuta dalla rinascita in ambito politico dei cattolici, è parso insostenibile alla intellighenzia nordeuropea sopportare – quella sì – la romanità tomista di Leone XIII, a lungo cardinale in una delle capitali laiche del continente, Perugia. E si è avvalsa dei diplomatici a essa consoni, tra cui Angelo Giuseppe Roncalli, futuro Giovanni XXIII, ma non solo, per distruggere quella identità.

Dal Concilio Vaticano II lo schema di distruzione di Roma, ovvero la romanità, e della identità cattolico romana, quale nata dal Concilio di Nicea, è stato un continuum, con la lunga interruzione di Giovanni Paolo II, che fu convocato in Vaticano oltre 10 volte da Paolo VI, proprio ai fini di una più approfondita conoscenza.

Ai neo-modernisti di Paolo VI, Agostino Casaroli, etc. doveva apparire prospettiva lodevole portare al soglio di Pietro un uomo dell’Est, della apertura alla più pericolosa modernità, quella bolscevica. Ma la dissimulazione del cardinale polacco deve essere stata così efficace, che il Collegio cardinalizio, dopo la scelta di un progressista anti-moderno come Giovanni Paolo I, decise per un progressista questa volta a sorpresa conservatore.

Quella Italia, colta, efficiente e soprattutto teologicamente e politicamente preparata, quale era quella democristiana, pure se con una corposa componente modernista, non esiste più. Così come non esiste più la grande università di derivazione ottocentesca, che anche tra i suoi intellettuali comunisti contava ferventi cristiani, come Santo Mazzarino.

Mi spiace deludere lo Schiavazzi, la sua idea di Italia, romana e democristiana esiste solo nella sua fantasia. Oggi esiste una Italia senza identità politica e filosofica, frutto di una manipolazione scientifica della cultura e delle università, declinata anche nelle sue espressioni artistiche, che ben si addice al tentativo di sordida manipolazione dei nuovi chierici modernisti. Post-modernisti essi stessi, spompati nelle loro energie e nei loro ideali, perché il movimento è di per sé morto. Sono solo i servi sciocchi di altri poteri, che hanno sostituito al reale il virtuale. Come si sa, la peggiore politica ideologica è stata sempre virtuale, perché frutto di idealità strampalate e deliranti.

Foto di copertina: rendering del Circo Massimo a Roma (Foto da Romanoimpero.com).

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