A Torino mons. Nosiglia fa gli auguri di Natale

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L’anno terribile ha significato, per le chiese di Torino e Susa, un impegno ancor più profondo sul fronte della carità, come ha detto l’arcivescovo di Torino, mons. Cesare Nosiglia, in un videomessaggio, ai giornalisti e agli operatori della comunicazione, presentando le linee d’impegno che la Chiesa torinese ha costruito per rispondere alle emergenze che, soprattutto nei settori del sociale e sanitario, si sono presentate:

“E’ stato un cammino caratterizzato, sempre, dal primato della carità: e dunque dall’attenzione privilegiata a quelle persone e categorie che più stanno soffrendo… Per farci un’idea possiamo fare riferimento, ad esempio, a cosa sia capitato nei 107 centri di ascolto e servizio che utilizzano un sistema informativo comune per la conservazione dei dati ideato dalla nostra Caritas, di cui 65 nel territorio della città.

Nel corso del 2020 sono state circa 9.000 le famiglie seguite, per un totale di 30.000 persone. In oltre la metà dei casi (51%) si è trattato di soggetti incontrati per la prima volta. La più parte ha bussato alle nostre porte a causa della perdita del lavoro (30%) o per decremento delle entrate economiche (15%)”.

Si è soffermato soprattutto sulla pastorale sanitaria: “La nostra diocesi è l’unica in Italia ad aver organizzato tutta l’attività di servizio spirituale dei vari presidi sanitari in cappellanie, cioè gruppi organizzati su più strutture pubbliche e private, in modo da offrire la maggior copertura possibile di servizio. Attraverso l’ufficio pastorale della Salute e le cappellanie sono state messe a disposizione le cappelle degli ospedali e si è stati presenti, per quanto possibile, accanto ai malati e al personale sanitario.

Gli ospedali non profit hanno ospitato molti pazienti affetti da covid-19 diventando una risorsa importante per il sistema sanitario regionale anche in questa problematica. Oltre 70 assistenti spirituali hanno portato conforto e presenza in modo continuativo presso le oltre 30 strutture ospedaliere e presidi che si trovano nel territorio diocesano. Gli assistenti spirituali delle RSA che hanno potuto entrare e portare il loro conforto sono stati invece pochissimi nelle oltre 200 strutture di RSA site sul territorio diocesano”.

Poi ha affrontato la situazione dei migranti: “Anche qui il Covid fa strage: le donne bisognose di sfuggire a situazioni di violenza devono fare la quarantena prima di poter essere accolte nelle comunità. E rimangono, spesso, completamente sole. Ancora, i bambini rom.

Il superamento dei campi rom ha portato le famiglie a vivere lontano dalle scuole dei figli e le restrizioni per Covid-19 degli Istituti scolastici stanno impedendo a molti di loro di essere ammessi in una nuova scuola. Sono molte le parrocchie della Diocesi che accolgono migranti rifugiati.

La Pastorale Migranti accoglie immigrati e rifugiati in uscita da progetto post Moi, ha un progetto di accoglienza per persone vittime di tratta, accoglie famiglie rom provenienti dal progetto di superamento dei campi. Negli alloggi dati a disposizione alla Diocesi vengono ospitati nuclei in difficoltà abitativa e studenti stranieri universitari”.

Anche nella pastorale del lavoro le diocesi di Torino e di Susa ha offerto sostegno ai lavoratori: “Il fondo Sorriso, destinato a sostenere la liquidità delle famiglie e dei lavoratori colpiti gravemente dalla crisi economica e sprovvisti degli ammortizzatori sociali. Quest’azione di microcredito è appoggiata inoltre da molte amministrazioni comunali dell’area metropolitana torinese, dalla Diocesi e da accordi con le maggiori banche del territorio.

La creazione di nuovi sportelli per il lavoro nelle nostre parrocchie e unità pastorali. Si prepara, dalla prossima primavera, un periodo di gravi rischi per il mondo del lavoro. Sarà necessario avere luoghi di ascolto e accompagnamento delle persone, affinché la ricerca del lavoro non diventi un’azione individuale, ma sia sostenuta da tutta la comunità. Per questo stiamo formando, sul territorio, operatori competenti”.

Mentre alle famiglie ha scritto una lettera, intitolata ‘Venne tra quelli della sua casa. La festa dell’incontro con Dio e tra gli uomini’: “La domanda dei Magi risuona anche oggi tra noi e sfida la testimonianza di ogni cristiano e di ogni famiglia, che decidono di vivere il Natale non solo per sé, ma come annuncio e proposta per tutti.

La risposta dipende solo dalla fede, perché Gesù rinasce veramente, anche oggi, per ogni uomo che lo cerca. La sua stella brilla per chi si mette in via per trovarlo, non nella ricchezza o nella potenza umana dell’avere o dell’evasione gaudente della festa, ma nella semplicità dei gesti di amore quotidiani, negli incontri sinceri con chi ci vive accanto o ci provoca con le sue povertà morali o materiali”.

Quindi ha proposto tre testimonianze concrete per cui vivere la nascita di Dio: “Una via concreta, oggi, è particolarmente necessaria: dare una famiglia a chi ne è privo. Questa è sempre stata una delle scelte che i genitori cristiani hanno seguito per aprire il loro amore al di là dei confini della propria casa.

Penso alle adozioni a distanza che tante famiglie della nostra terra, con generosità, attivano ogni anno verso i Paesi e le missioni del Terzo e Quarto Mondo. Si tratta di una scelta significativa e carica di conseguenze positive”.

Altra testimonianza proposta riguarda l’affido: “Molto più impegnativa, ma ancora più ricca di amore e di vita, è la scelta dell’affido e dell’adozione, per lo più internazionale. La fatica, che tante famiglie debbono fare per dare corso a questa scelta, potrebbe essere agevolata, se la legislazione in materia fosse meno burocratica e farraginosa”.

Le ultime due proposte riguarda l’accoglienza ai disabili ed ai zingari: “Vorrei anche richiamare alla vostra attenzione altri possibili cammini di vita. Uno riguarda i diversamente abili, le famiglie dei quali vanno aiutate a superare momenti di sfiducia e di chiusura, trovando nella parrocchia e nelle altre famiglie un sostegno effettivo e forte, che infonda loro speranza ed offra gesti concreti di condivisione e di amore. Un altro riguarda i bambini e i ragazzi immigrati e zingari”.

Gli auguri di Natale aprono alla speranza di una vita nuova: “Celebriamo questo Natale con una immutata speranza: il Bambino che nasce per noi è l’immagine di quel Signore che con noi rimane sempre, anche nelle prove più difficili. A questa speranza ho invitato le famiglie, i malati, i carcerati, il personale sanitario di ospedali e case di cura, nei brevi messaggi che ho voluto indirizzare a ciascuna di queste realtà, e che trovate a disposizione.

Gli auguri per voi e i vostri cari sono qualcosa di più di un saluto formale. Lungo questo anno anche chi fa comunicazione ha dovuto affrontare difficoltà inedite ma ha incontrato anche ‘buone notizie’ che ci riconducono alla solidarietà, alla speranza, alla fraternità”.

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