Lettera aperta ai giornalisti liberi e forti sul “caso Becciu” diventato “caso L’Espresso”

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Condividiamo la seconda lettera aperta di Andrea Paganini sul “caso Becciu” diventato il “caso L’Espresso” (del Gruppo Gedi), pubblicato oggi su Settimananews.it, a seguito della prima lettera aperta “al giornalista cattolico” del 24 novembre 2020, che potete trovare qui: Un saluto da Don Andrea Andreani. Gutta cavat lapidem – 25 novembre 2020.

All’inizio del II Canto dell’Inferno, dopo la visione delle tre fiere che simboleggiano la lussuria, l’invidia e l’avarizia e che sbarravano il cammino a Dante, il poeta rimane così atterrito che ormai è deciso a rinunciare ad andare avanti. Si avvicina allora un’ombra, è Virgilio… A lui Dante rivela tutta la paura che lo aveva assalito e la sua decisione di rinunciare al viaggio nell’aldilà. Ma Virgilio non fa tardare la sua risposta: “…perché tu ti sollevi da questo timore ti spiegherò perché venni da te e intesi la prima volta che mi preoccupai per te”.

“Amor mi mosse, che mi fa parlare”…

Seconda lettera aperta sul “caso Becciu”
«Amor mi mosse, che mi fa parlare»

Cari Giornalisti liberi e forti,

Vi confesso che fin dall’inizio di questa vicenda ho avvertito un senso di disagio e di perplessità.

Nella comunicazione diramata dalla Santa Sede la sera del 24 settembre scorso c’era qualcosa di irreale, di surreale: «Oggi, giovedì 24 settembre, il Santo Padre ha accettato la rinuncia alla carica di Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi e dai diritti connessi al Cardinalato, presentata da Sua Eminenza il Cardinale Giovanni Angelo Becciu». Il più stretto collaboratore del Papa, il Cardinal Parolin, ha detto che lui non ne sapeva nulla, che ha appreso la notizia dai TG. Da allora sono passati quasi tre mesi e la Santa Sede non ha ancora fornito una spiegazione.

Presunzione di innocenza

Ma perché quel sapore di irreale, di surreale? Perché questo modo di procedere è decisamente contrario alla filosofia di Papa Francesco, il quale non ha perso occasione, nel corso del suo pontificato, di ribadire la sua considerazione per la giustizia civile, il suo apprezzamento del principio giuridico della presunzione di innocenza e l’importanza della tutela della reputazione degli indagati.

Nella primavera del 2019, per fare un esempio, di ritorno dal Marocco Papa Francesco ha detto: «Cosa dice la giurisprudenza mondiale? Che se una causa è aperta c’è la presunzione d’innocenza. Forse non è innocente, ma c’è la presunzione. Una volta ho parlato di un caso in Spagna di condanna mediatica che ha rovinato la vita di alcuni sacerdoti che poi sono stati riconosciuti innocenti. Prima di condannare dal punto di vista mediatico, meglio pensarci due volte».

E nel viaggio di ritorno dalla Thailandia e dal Giappone (novembre 2019), parlando degli scandali immobiliari vaticani, il Papa ha ribadito e rafforzato il concetto: «la presunzione di innocenza è una garanzia, un diritto umano». Evidentemente queste affermazioni parlano di una convinzione profonda del Papa, di un principio inalienabile, senza il quale si rischia di mettere in gioco la dignità di esseri umani, magari innocenti. Convinzione rafforzata anche pochi mesi fa dall’iter giudiziario del cardinal Pell, prima condannato e poi assolto dalla giustizia australiana.

«Molti ipotizzano, tanti inventano»

E allora? Com’è possibile che dal 24 settembre scorso, dopo un colloquio di una ventina di minuti e senza che Becciu potesse difendersi dalle accuse che fino a quel momento non conosceva nemmeno, il Cardinale venga considerato – dall’opinione pubblica mondiale – colpevole? Senza un processo? Per lui non vale il diritto umano della presunzione di innocenza? Qualcosa davvero non torna.

Monsignor Galantino – che ha manifestato «disagio» per questa vicenda – ha detto che il Papa, come tutti, è un essere umano e nella trasmissione Re Start del 28 ottobre scorso s’è espresso in questi termini: «Nelle sue decisioni [il Papa] segue le sue conoscenze, segue il suo istinto. C’entra molto anche il carattere della persona, perché quando uno diventa vescovo o diventa papa, resta quell’uomo, non è che diventi un’altra persona». Secondo lui il Papa ha agito così «o per permettere al Cardinal Becciu di difendersi con libertà, oppure perché ha un suo convincimento particolare». E, su quanto dicono i giornalisti, Galantino ha commentato: «Molti ipotizzano, tanti inventano».

Certo è che in quei giorni di fine settembre incombeva come una spada di Damocle l’ispezione di Moneyval e qualcuno aveva preannunciato che sarebbe successo qualcosa di grosso in Vaticano. Certo è che quel 24 settembre Papa Francesco aveva in mano il numero dell’«Espresso» non ancora uscito in edicola, il quale già annunciava la scacciata dei mercanti dal Tempio e indicava nel Cardinal Becciu il colpevole del malaffare.

Le domande

Ma le domande non possono che rincorrersi: chi ha portato quella rivista al Papa? Chi, di coloro che gli stanno vicino, era d’accordo con «L’Espresso», il quale scrisse delle dimissioni di Becciu – dimissioni delle quali la rivista si vanta d’avere il merito – parecchie ore prima che il Cardinale stesso le offrisse, e quindi che il Papa le accettasse? Chi ha fornito informazioni riservate – vere o false che siano – all’articolista dell’«Espresso»? E, se davvero quelle erano carte della magistratura, come hanno fatto a uscire da dove dovevano restare? Perché l’istituto dell’avviso di garanzia – che dovrebbe tutelare l’indagato dalla gogna – non ha funzionato?

E ancora: chi ha fornito materiale accusatorio ai magistrati, se quel materiale – come sembra – è almeno in parte falso? Chi è in grado di confezionarlo? Quali forze sono coinvolte in questa vicenda? Può darsi che il Cardinal Becciu sia un capro espiatorio, e quindi innocente e fedele al Papa? Può darsi che sia tutta una colossale montatura ai danni non solo di un Cardinale, ma del Papa e dell’intera Chiesa? Chi ha alimentato la disinformazione e le calunnie pubblicate su certa stampa? Quanto interessa ai magistrati arrivare – liberamente e in coscienza – a trovare la verità? Lavorano con cognizione di causa i magistrati quando, ad esempio, prendono abbagli come quello del “Papa-Re” per riferirsi a un papa antimonarchico come Francesco, o come quello portato alla luce dalla Cassazione sull’arresto illegittimo della collaboratrice vaticana Cecilia Marogna?

E soprattutto, date queste premesse: i magistrati vaticani sapranno rispettare diritti umani e principi sacrosanti della giurisprudenza – come quello della presunzione d’innocenza e quello del processo equo – se sono sotto l’impressione che il Papa (da loro considerato Monarca Assoluto dello Stato che li paga) abbia già espresso una condanna, oppure hanno imboccato un vicolo cieco?

Per amore della verità

Il 24 settembre il Papa è stato mal consigliato o addirittura ingannato da qualcuno? Oppure la Provvidenza – nelle sue misteriose trame – ha voluto che il Cardinal Becciu venisse spogliato dei suoi diritti cardinalizi affinché potesse difendersi in un tribunale civile e laico (italiano e vaticano)? Non lo so.

Ma, da quanto lo conosco, credo che Papa Francesco sia un gigante dello spirito e sappia ascoltare la voce dello Spirito Santo, in ogni attimo presente.

Scrivo a voi, cari giornalisti liberi e forti, per sollecitarvi a trovare risposta alle domande elencate qui sopra (esclusa l’ultima, va da sé; a quella penserà la storia), perché contribuiate a portare alla luce la verità dei fatti.

Fatelo per amore della Chiesa e del Papa, o almeno per amore della verità.

La verità ci renderà liberi. E vi renderà il merito della qualità del vostro lavoro.

Ne va della libertà di tutti noi, in fondo.

Con un cordiale saluto e con l’augurio di un buon Natale!

Che sia un Natale di luce!

Andrea Paganini
22 dicembre 2020

* * *

Postilla

Bella lettera di Paganini, anche questa seconda che ha scritto. Bella la sua analisi, che pone domande lecite e argute. Purtroppo, temiamo che le sue domande rimarranno disattese dai giornalisti.
Noi, dal canto nostro, abbiamo sempre fatto la nostra parte. Oltre agli interrogativi posti da Paganini ci chiediamo sempre perché le 12 domande di Feltri e le 2 domande nostre restino senza risposta.
Alcuni fatti danno una chiara lettura della situazione, che dal canto nostro abbiamo attribuito due moventi che sono alla base dell’attacco al Cardinale Angelo Becciu e al Pontificato di Papa Francesco.
Siamo sicuri che molte altre risposte le troveremo a seguito degli esiti delle denunce che i legali di Becciu hanno rivolto all’Espresso, in quanto la magistratura italiana sarà sicuramente di aiuto a fare chiarezza; poiché la magistratura vaticana appare più una agenzia investigativa da guerra fredda che tira fuori presunti colpevoli da dare in pasto al regnante di turno, ma senza che vi sia dato un seguito opportuno a tali indagini attraverso l’avvio di regolari processi, visto che in Vaticano di processi non se ne vede neanche l’ombra. Dalla magistratura italiana invece arrivano le prime risposte alle “ingerenze” dei promotori di giustizia dello stato della Città del Vaticano con il caso Marogna.
In Italia la giustizia, pur lenta, fa comunque il suo corso. Nello Stato della Città del Vaticano la giustizia pontificia appare ferma e impantanata in uno Stato dove sul piatto della bilancia della giustizia vengono posti a seconda dei casi pesi e misure diversi.
Quindi, c’è da chiedersi come può la giustizia in vaticano fare il suo corso se i promotori di giustizia invece di avviare i processi svolgono esclusivamente attività investigativa che portano a decisioni sommarie da parte del regnante, senza contraddittorio.
San Giovanni Paolo II disse in una omelia, che la pace ha bisogno della giustizia, poiché è pacifico che non vi sarà mai pace senza giustizia. Quest’ultima trova la sua espressione ideale nelle sentenze emesse da un tribunale e in nessun altro luogo.

Lo Staff del Blog dell’Editore

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