Papa Francesco: il Natale è vita nuova

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A pochi giorni dal Natale papa Francesco fa gli auguri ai membri del Collegio Cardinalizio e della Curia Romana ed ai dipendenti vaticani con una citazione di Hannah Arendt: “Il Natale di Gesú di Nazaret è il mistero di una nascita che ci ricorda che gli uomini, anche se devono morire, non sono nati per morire, ma per incominciare”.

Per il papa davanti al presepe occorre l’essenzialità: “Davanti al Mistero dell’Incarnazione, accanto al Bambino adagiato in una mangiatoia, come pure davanti al Mistero Pasquale, al cospetto dell’uomo crocifisso, troviamo il posto giusto solo se siamo disarmati, umili, essenziali; solo dopo aver realizzato nell’ambiente in cui viviamo, compresa la Curia Romana, il programma di vita suggerito da San Paolo:

‘Scompaiano da voi ogni asprezza, sdegno, ira, grida e maldicenze con ogni sorta di malignità. Siate invece benevoli gli uni verso gli altri, misericordiosi, perdonandovi a vicenda come Dio ha perdonato a voi in Cristo’…  

Questo Natale è il Natale della pandemia, della crisi sanitaria, della crisi economica sociale e persino ecclesiale che ha colpito ciecamente il mondo intero. La crisi ha smesso di essere un luogo comune dei discorsi e dell’establishment intellettuale per diventare una realtà condivisa da tutti”.

Ed ha ricordato l’anno ormai al termine, che si è concluso con l’enciclica ‘Fratelli tutti’: “La Provvidenza ha voluto che proprio in questo tempo difficile potessi scrivere Fratelli tutti, l’Enciclica dedicata al tema della fraternità e dell’amicizia sociale.

E una lezione che ci viene dai Vangeli dell’infanzia, dove è narrata la nascita di Gesù, è quella di una nuova complicità, una nuova complicità!, e unione che si crea tra coloro che ne sono i protagonisti: Maria, Giuseppe, i pastori, i magi e tutti quelli che, in un modo o nell’altro, hanno offerto la loro fraternità, la loro amicizia affinché potesse essere accolto nel buio della storia il Verbo che si è fatto carne”.

Eppoi ha sottolineato che è difficile emettere un giudizio sulla Chiesa: “Fratelli e sorelle, questa riflessione sulla crisi ci mette in guardia dal giudicare frettolosamente la Chiesa in base alle crisi causate dagli scandali di ieri e di oggi, come fece il profeta Elia che, sfogandosi con il Signore, gli presentò una narrazione della realtà priva di speranza…

E quante volte anche le nostre analisi ecclesiali sembrano racconti senza speranza. Una lettura della realtà senza speranza non si può chiamare realistica. La speranza dà alle nostre analisi ciò che tante volte i nostri sguardi miopi sono incapaci di percepire. Dio risponde ad Elia che la realtà non è così come l’ha percepita lui”.

In effetti Dio getta semi: “Dio continua a far crescere i semi del suo Regno in mezzo a noi. Qui nella Curia sono molti coloro che danno testimonianza con il lavoro umile, discreto, senza pettegolezzi, silenzioso, leale, professionale, onesto. Sono tanti tra voi, grazie.

Anche il nostro tempo ha i suoi problemi, ma ha anche la testimonianza viva del fatto che il Signore non ha abbandonato il suo popolo, con l’unica differenza che i problemi vanno a finire subito sui giornali, questo è di tutti i giorni, invece i segni di speranza fanno notizia solo dopo molto tempo, e non sempre”.

La crisi può rappresentare una novità: “L’atto di morire del seme è un atto ambivalente, perché nello stesso tempo segna la fine di qualcosa e l’inizio di qualcos’altro. Chiamiamo lo stesso momento morte-marcire e nascita-germogliare perché sono la medesima cosa: davanti ai nostri occhi vediamo una fine e allo stesso tempo in quella fine si manifesta un nuovo inizio.

In questo senso, tutte le resistenze che facciamo all’entrare in crisi lasciandoci condurre dallo Spirito nel tempo della prova ci condannano a rimanere soli e sterili, al massimo in conflitto. Difendendoci dalla crisi, noi ostacoliamo l’opera della Grazia di Dio che vuole manifestarsi in noi e attraverso di noi”.

Concludendo l’incontro ha invitato tutti ad essere servi ‘inutili’: “Cari fratelli e sorelle, conserviamo una grande pace e serenità, nella piena consapevolezza che tutti noi, io per primo, siamo solo ‘servi inutili’, ai quali il Signore ha usato misericordia. Per questo, sarebbe bello se smettessimo di vivere in conflitto e tornassimo invece a sentirci in cammino, aperti alla crisi.

Il cammino ha sempre a che fare con i verbi di movimento. La crisi è movimento, fa parte del cammino. Il conflitto, invece, è un finto cammino, è un girovagare senza scopo e finalità, è rimanere nel labirinto, è solo spreco di energie e occasione di male. E il primo male a cui ci porta il conflitto, e da cui dobbiamo cercare di stare lontani, è proprio il chiacchiericcio: stiamo attenti a questo!”

Infine papa Francesco ha regalato il libro ‘Olotropia’ di Gabriele Maria Corini, in cui sono ricordati i verbi che caratterizzano quotidianamente tale familiarità, come possibilità data per riscoprire la verità rivelata sull’uomo, che non nega certamente le diverse dimensioni che lo contraddistinguono, quali quella biologica, sociale e spirituale, ma le accorda in una visione armoniosa e olotropica con un’aggiunta:

“Mi sono dimenticato di dirvi che vi darò in dono due libri. Uno, la vita di Charles de Foucauld, un Maestro della crisi, che ci ha lasciato un dono, un’eredità bellissima. Questo è un dono fatto a me da padre Ardura: grazie. L’altro si chiama ‘Olotropia: i verbi della familiarità cristiana’. Sono per aiutare a vivere la nostra vita. E’ un libro che è uscito in questi giorni, fatto da un biblista, discepolo del card. Martini; ha lavorato a Milano ma è della diocesi di Albenga-Imperia”.

Ed ai dipendenti vaticani ha chiesto di contemplare la nascita di Dio: “Scopriamo che Dio manifesta la sua bontà in Gesù Bambino. Manifesta la sua misericordia per ognuno di noi sappiamo di avere bisogno di misericordia nella vita. Ognuno sa, e può dare nome e cognome alle cose che sono nel proprio cuore e che hanno bisogno della misericordia di Dio.

Chi non si sente mosso da tenerezza di fronte a un piccolo bambino? In Gesù Bambino Dio si mostra amabile, pieno di bontà, di mansuetudine. Veramente un Dio così possiamo amarlo con tutto il cuore. Dio manifesta la sua bontà per salvarci. E che cosa significa essere salvati? Significa entrare nella vita stessa di Dio, divenire figli adottivi di Dio mediante il battesimo. Questo è il grande significato del Natale: Dio si fa uomo perché noi possiamo diventare figli di Dio”.

E dopo la contemplazione avviene l’annuncio: “Se ne tornarono alla loro vita di tutti i giorni. Anche noi dobbiamo tornare alla nostra vita di tutti i giorni: il Natale passa. Ma dobbiamo tornare alla vita in famiglia, al lavoro, trasformati, dobbiamo tornare glorificando e lodando Dio per tutto quello che abbiamo udito e visto. Dobbiamo portare il lieto annunzio al mondo: Gesù è il nostro salvatore. E questo è un dovere.

Perché ho speranza? Perché il Signore mi ha salvato. Ricordare quello che noi contempliamo e andare avanti ad annunciarlo. Annunciarlo con la parola, con la testimonianza della nostra vita. Tuttavia, le difficoltà e le sofferenze non possono oscurare la luce del Natale, che suscita una gioia intima che nessuno può toglierci”.

(Foto: Santa Sede)

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