I presepi natalizi portano vita

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“Questo mondo nel quale viviamo ha bisogno di bellezza per non sprofondare nella disperazione. La bellezza, come la verità, è ciò che infonde gioia al cuore degli uomini, è quel frutto prezioso che resiste al logorio del tempo, che unisce le generazioni e le fa comunicare nell’ammirazione. E questo grazie alle vostre mani”: così scriveva san Paolo VI agli artisti.

La lettera è del 1965 ma fermenti artistici, che raccontano il sacro con un linguaggio nuovo, esistono già dagli ’50, come il Presepe monumentale di Castelli, esposto in piazza san Pietro a Roma, che da una piccola parte è stata contestata senza conoscere la storia, ma è una moderna opera in ceramica,  che rivela le doti di un Paese che si sa riprendere dopo le crisi.

Nel dopoguerra la Triennale di Milano decide di invitare le scuole d’arte e di artigianato, tra cui la scuola d’arte di Castelli; gli artisti professori Serafino Mattucci, Guerrino Tramonti e Arrigo Visani decidono di esporre alla X Triennale del 1954 una reinterpretazione moderna dell’antico soffitto in ceramica della seicentesca chiesa di san Donato di Castelli con 300 formelle, realizzate da maestri e allievi della Scuola, per un superficie espositiva di un centinaio di metri quadrati. Il pittore Mattucci è allievo di Giorgio Morandi ed ha conosciuto Giò Ponti, diventandone suo collaboratore; anche Tramonti e Visani sono pittori, docenti a Castelli e a Faenza, tra gli innovatori della ceramica italiana.

A partire, anno successivo alla X Triennale, all’Istituto d’Arte ‘F. A. Grue’ matura il progetto di applicare al presepe le moderne tecniche artistiche. Il primo allestimento è sul sagrato della Chiesa Madre di Castelli. Poi andrà a Roma, ai mercati di Traiano; quindi a Gerusalemme, Betlemme, Tel Aviv.

Da Castelli a Camerino con il presepe fatto con  i rami potati dall’ulivo che sorge nel giardino del monastero di santa Chiara, consegnando i lavori ai pazienti dell’ospedale della loro città affetti da coronavirus e a quelli del Covid Center di Civitanova Marche. Su una base rotonda di legno hanno incollato sassetti colorati con le figure della Natività e ciuffetti di muschio.

Mentre nella loro residenza provvisoria le clarisse hanno costruito un presepe con animazione meccanica: ci sono la Madonna che nutre il Bambinello con il biberon, il pastore che tosa una pecora, il fabbro che forgia un ferro, la massaia che spiana la pasta, il ciabattino che lavora una scarpa, come dice la badessa, madre Chiara Laura Serboli: “Anche se il nostro presente ci appare buio e il futuro incerto, abbiamo fiducia che, come Egli è venuto, viene e verrà. Allora possiamo davvero abbandonarci in Lui”.

Infine nei giorni scorsi è stata consegnata  anche al vescovo di Macerata, mons. Nazzareno Marconi, (come a tutti i vescovi italiani) una  nuova statuina del Presepe: si tratta di un’infermiera impegnata a salvare la vita delle persone colpite dal Covid-19, ed è stata realizzata da un laboratorio di arte presepiale di Napoli associato a Confartigianato, la prestigiosa bottega d’arte ‘La Scarabattola’ dei Fratelli Scuotto.

Renzo Leonori e Giorgio Menichelli, presidente e segretario di Confartigianato Macerata-Ascoli Piceno-Fermo, con Francesco Fucili e Giordano Nasini, presidente e direttore di Coldiretti Macerata, hanno espresso un forte messaggio di vicinanza di artigiani e agricoltori alla gente che soffre per causa della pandemia e per tutte le famiglie che stanno piangendo i loro morti a causa del Covid-19:

“E’ pur vero che l’emergenza sanitaria sta pesando enormemente sulla tenuta produttiva del nostro Paese, e che dovremo confrontarci con sfide impegnative. Ma la priorità deve sempre essere la salute. Non possiamo anteporre gli interessi economici alla vita dei nostri collaboratori, dei nostri parenti, dei nostri vicini di casa. Delle persone.

Non a caso questa statuina, un’infermiera, vuole testimoniare la nostra riconoscenza verso tutti gli eroi che lottano per sconfiggere questa pandemia. Da questo loro coraggio chiunque deve prendere esempio, per disegnare una società giusta e attenta a chi ha bisogno”.

Per Fucili e Nasini “la modernità del Presepe viene proprio dal suo legame con la vita di tutti i giorni che per gli agricoltori e gli allevatori vuole dire conservazione dei territori, della biodiversità e della fattoria Italia che purtroppo negli ultimi dieci anni a causa della crisi ha perso 2.000.000 di animali con un addio che ha riguardato soprattutto la montagna e le aree interne più difficili dove mancano condizioni economiche e sociali minime per garantire la permanenza di pastori e allevatori, spesso a causa dei bassi prezzi pagati per il latte e per la concorrenza sleale dei prodotti importati dall’estero”.

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