Le “Voci di carta” di una editoria cattolica che non si ama

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Quello che ti colpisce del libro di Angelo Paoluzi è che abbraccia tutto il mondo. Insomma un libro “cattolico” nel vero senso della parola così come deve essere la comunicazione. “Voci di carta” è un tributo alla carta stampata che viene dalla radio. Il libro (Voci di carta, Lev, pp 242, 18,00 euro) nasce da una serie radiofonica della Radio Vaticana che accende la luce sul mondo della informazione cattolica. Senza poter ovviamente raccontare tutto. Perché il mondo cattolico è amplissimo e i giornalisti sono preparati e professionali a dispetto di chi potrebbe pensare il contrario. Il libro è un po’ un manuale e un po’ una raccolta di testimonianze. Ci sono gli elenchi delle testate cattoliche più famose nei diversi paesi del mondo, quelle che ti aspetti, ma ci sono anche tante sorprese. L’autore, validamente sostenuto nella trasmissione radiofonica da Monia Parente, ha deciso di dare la sua massima attenzione alla carta stampata e ad alcune agenzie, anche se non mancano citazioni di emittenti televisive e radiofoniche.

Le interviste sono realizzate “in casa” con i capo redattori dei programmi linguistici della Radio Vaticana. Sono loro che raccontano la stampa nazionale. Ma ad esempio a raccontare gli Stati Uniti è stato don Giuseppe Costa direttore della Libreria Editrice Vaticana e per il Canada la testimone è stata Alicia Ambrosio della emittente tv Salt and Light. Un grande spazio è dato ai bollettini, da quelli parrocchiali a quelli di congregazioni ed università di tutto il mondo. Per l’ Asia l’autore ha scelto di farsi accompagnare dal direttore di Asia news, padre Bernardo Cervellera, e per molti paesi europei sono i giornalisti cattolici stessi che mettono a fuoco la situazione. Dopo la lunga corsa tra giornali, testate e riviste, bollettini settimanali e mensili (anche se la serie non è completa) si arriva alle conclusioni che offrono molte occasioni per la riflessione.

Il lavoro non è finito, Paoluzi lo sa, e pensa di continuare sia alla radio che con un secondo libro. E’ un lavoro appena iniziato dice. E del resto uno dei temi da affrontare è certamente il rapporto con la rete, il ruolo dei social network nella comunicazione e nella diffusione del pensiero cattolico, e il grande problema del finanziamento dell’editoria. Non esistono più editori puri, o sono sempre più rari che vedano come scopo del loro lavoro “veicolare idee”. Per questo negli ultimi anni le testate cattoliche sono costrette a chiudere i battenti. Basti pensare a 30 Giorni in Italia. E c’è poi il problema dalla “centralizzazione”.

Solo i network riescono a sopravvivere a scapito della molteplicità delle voci del mondo cattolico. Il rischio è quello di investire più in tecnica che in persone, e svuotare di contenuto le parole, rendere ripetitive e banali le idee. Se da un lato i bollettini locali, diocesani o legati ai santuari, aumentano la diffusione con costi bassi, è anche vero che troppo spesso sono confezionati solo con articoli scritti da volontari. Il rischio è che non si crei uno sviluppo del giornalismo cattolico che nasce dentro la Chiesa e la comunicazione delle idee che vi circolano.

Sapranno gli editori cattolici e le gerarchie della Chiesa cattolica insieme a giornalisti e scrittori essere “il sale della terra” e sostenersi reciprocamente per incidere nella cultura corrente? Di certo non basta essere nel flusso tecnologico delle notizie, serve piuttosto saper creare uno stile narrativo che possa essere esempio. Insomma si deve “vedere” che un giornalista, un giornale, un editore è cattolico grazie ad un diverso modo di vivere e quindi di comunicare.

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