Nella Giornata dei Diritti Umani libertà per Patrick Zaki

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Nella ‘Giornata Mondiale dei Diritti Umani’ il presidente della Repubblica Italiana, Sergio Mattarella, ha dichiarato che “con l’adozione della Dichiarazione Universale dei diritti umani, il 10 dicembre del 1948, la Comunità internazionale si è dotata di uno strumento di portata globale per tutelare i diritti e le libertà fondamentali di ciascuno, ponendo l’intangibile dignità della persona al di sopra di ogni forma di discriminazione e di ogni ordinamento”.

Ed ha riflettuto sul tema di tale giornata, ‘Per una migliore ripresa – Difendiamo i diritti umani’: “La tutela dei diritti della persona deve essere al centro della risposta globale alla pandemia, per evitare che essa renda meno penetrante la loro applicazione, e far sì che gli sforzi di ripresa siano sorretti da solidi criteri di eguaglianza ed equità. Senza il rispetto di tali essenziali principi la Comunità internazionale non sarà in grado di superare con successo questo momento complesso e di garantire a tutti un futuro di pace e sviluppo”.

Ma tale giornata è stata caratterizzata da due episodi che hanno riguardato specificatamente l’Italia: Patrick George Zaki rimarrà in prigione in custodia cautelare per altri 45 giorni. E nella stessa giornata dei diritti umana la procura italiana ha accusato quattro agenti della sicurezza nazionale del ministero dell’interno egiziano del rapimento e omicidio del dottorando italiano Giulio Regeni.

L’accusa è arrivata due anni dopo che la procura italiana aveva inserito i militari nel registro degli indagati e prima che scadesse il termine massimo consentito dalla legge italiana per l’incriminazione formale.

Per quanto riguarda la prigionia di Patrick George Zaki, studente egiziano del master in Studi di genere dell’università Alma Mater di Bologna, la detenzione preventiva, in base alla legge egiziana, può durare fino a due anni. Dopo i primi cinque mesi, durante i quali i rinnovi eventuali avvengono ogni due settimane, successivamente le proroghe sono di 45 giorni.

Nei confronti del ricercatore, accusato di appartenere ad un’organizzazione sovversiva, non è ancora iniziato un processo vero e proprio. Le prove a suo carico addotte dalla Procura sono alcuni post critici nei confronti della presidenza di Abdel Fattah al-Sisi, pubblicati su di un profilo facebook recante il suo nome.

Sia Patrick sia i suoi legali hanno sempre sostenuto che account e scritti sono falsi. Proprio per quei commenti, secondo la difesa costruiti ad arte dai servizi egiziani per colpire un giovane attivista con relazioni all’estero, il ragazzo deve rispondere di ‘diffusione di notizie false’, ‘incitamento alla protesta’, ‘istigazione alla violenza e ai crimini terroristici’.

Sulla base di tali ipotesi di reato, secondo il portavoce di Amnesty international, Riccardo Nuory, il ricercatore rischia fino a 25 anni di carcere: “Amnesty International è veramente allarmata per le condizioni fisiche e mentali di Patrick Zaki che sembrano in via di deterioramento…

Dalla sua cella nel carcere di Tora giungono questa volta parole ancora più afflitte e preoccupanti da Patrick. L’ultima conferma di 45 giorni di detenzione evidentemente ha colpito moltissimo e ha provato davvero molto Patrick, che ha bisogno di sentire intorno a sé un affetto, un amore, una solidarietà infiniti e però ha anche bisogno di decisioni che riguardino la sua più che possibile, imminente, scarcerazione”.

Nel carcere di Tora in cui Patrick Zaki è detenuto la pandemia da Covid-19 è entrata da mesi. In questa situazione disperata, un segnale incoraggiante è la crescente preoccupazione internazionale per Patrick e per tutti gli altri prigionieri di coscienza egiziani.

Quasi 300 parlamentari (una sessantina statunitensi, gli altri membri del parlamento europeo o di parlamenti nazionali di stati europei) hanno inviato lettere pubbliche al presidente Abdelfattah al-Sisi, chiedendo l’immediata scarcerazione di tutti coloro che sono detenuti solo per aver esercitato i loro diritti umani.

Quindi Amnesty International chiede al governo italiani di agire con sollecitudine e fermezza: “Attendere l’udienza successiva sperando che vada bene e magari inviando ad assistervi un rappresentante dell’ambasciata al Cairo, è un atteggiamento improduttivo. Occorrerebbe ben altro: richiamare temporaneamente l’ambasciatore per consultazioni e per un nuovo mandato chiaro e bloccare la fornitura di due fregate militari alla Marina egiziana”.

(Foto: Amnesty International)

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