Open Doors dà speranza al Medio Oriente

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Secondo Porte Aperte/Open Doors, l’organizzazione non-profit che sostiene i cristiani perseguitati in più di 60 paesi, le risorse di enti di beneficenza religiosi hanno un impatto significativo sugli sforzi internazionali di soccorso e di sviluppo. Porte Aperte ha pubblicato il rapporto ‘The Faith Factor’ (Il Fattore Fede) per invitare i governi ad aumentare i loro finanziamenti alle chiese in loco, le quali dimostrano di affrontare le esigenze delle comunità in cui sono inserite con maggiore efficacia in situazioni post-conflitto, grazie alle loro ampie reti comunitarie, come ha affermato Rami, collaboratore di Porte Aperte/Open Doors per la Campagna pluriennale ‘Hope for the Middle East’ (Speranza in Medio Oriente), che dal 2014 contrasta la diminuzione della comunità cristiana in Siria e Iraq:

“L’accesso logistico, l’influenza e la conoscenza culturale di questi operatori locali non hanno eguali. La loro influenza sul campo è sempre più riconosciuta dai governi, ma il sostegno e il finanziamento delle organizzazioni locali devono crescere perché continuino il loro lavoro.

Esortiamo i governi a collaborare con questi chiese e associazioni cristiane, e chiediamo all’opinione pubblica di mobilitare i loro rappresentanti locali, sottolineando i benefici di questa collaborazione. Il sostegno e il finanziamento di organizzazioni confessionali locali aumenta la capacità a 360° di fornire programmi di soccorso e sviluppo in modo più rapido e conveniente”.

I programmi di soccorso e di sviluppo finanziati dai governi sono spesso attuati dalle agenzie umanitarie internazionali. Queste agenzie devono acquisire rapidamente conoscenze locali nella fase iniziale di una risposta umanitaria, ed è esattamente qui dove gli operatori cristiani locali possono contribuire.

Il rapporto ‘Il Fattore Fede’ esamina due organizzazioni che lavorano nell’Iraq post-conflitto, mostrando come le chiese locali siano partner altamente efficaci nella ricostruzione della società. Entrambe le organizzazioni, infatti, operano come braccio caritatevole delle chiese locali.

Il New Hope Trauma Centre ha sede ad Alqosh, nella zona della pianura di Ninive, nel nord dell’Iraq, e aiuta le persone a guarire le cicatrici psicologiche dopo anni di conflitti. La Humanitarian Nineveh Relief Organisation (HNRO) è una clinica che è stata allestita per aiutare coloro che fuggono dalle regioni controllate dall’ISIS nel nord dell’Iraq.

Entrambe sono state scelte in questa ricerca perché in possesso di criteri che l’autrice, Kathryn Kraft, ritiene fondamentali per la collaborazione con un donatore governativo: sono ONG basate sulla fede cristiana nate dalla chiesa locale; hanno una certa varietà di fonti di finanziamento, dei forti sistemi amministrativi e di gestione, capaci di gestire sovvenzioni istituzionali e hanno forti legami con le loro comunità locali.

Secondo l’autrice, entrambe le associazioni mostrano perché queste piccole organizzazioni cristiane locali siano ottimi partners nelle crisi umanitarie: “In tempi di crisi, i leader cristiani locali godono spesso di maggior fiducia dei politici o delle organizzazioni esterne; la loro fede può infondere nel personale una passione per servire i più vulnerabili; e la loro reputazione locale e il loro impegno a favore del prossimo possono dare credibilità a un’organizzazione”.

Ed ecco alcune raccomandazioni: i governi dovrebbero facilitare la concessione di fondi a operatori cristiani locali e semplificare il processo di applicazione; invitare queste associazioni a riunioni di coordinamento umanitario in modo che possano condividere preziose conoscenze locali; mentre le ONG internazionali dovrebbero diventare intermediari tra i governi e le associazioni cristiane locali; investire tempo nell’aiutare quegli operatori con competenze quali la rendicontazione finanziaria e il monitoraggio dei programmi.

Infine gli operatori locali dovrebbero crescere lentamente, non accettando grossi fondi quando non hanno ancora la capacità di amministrare programmi più grandi; assumere personale qualificato; rimanere a livello locale e collaborare con altre piccole organizzazioni come veicolo di crescita.

I due casi studio esplorati in questo report riguardano delle ONG che hanno legami forti e diversificati con la chiesa irachena, che offrono un aiuto significativo basato sui bisogni reali in una situazione postbellica nella piana di Ninive. Riconosciute, più o meno, dalla comunità umanitaria internazionale o dai finanziatori istituzionali, stanno attivamente contribuendo al ristabilimento e allo sviluppo iracheno.

Pertanto, potrebbero certamente essere partner di potenziali finanziatori, sebbene abbiano espresso un certo grado di esitazione nel ricevere proventi da donatori con i quali sentono di non avere affinità e scopi comuni.

Accettano molto più serenamente proventi da organizzazioni cristiane, ma desiderano crescere e accedere a sovvenzioni a lungo termine che possano contribuire alla loro sostenibilità organizzativa. Hanno investito molto nello sviluppo dei propri sistemi e delle proprie strutture, ma rimangono realtà piccole e la loro più grande forza risiede probabilmente proprio nel loro coinvolgimento all’interno del tessuto locale.

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