Il Terzo settore invade l’Europa: da Padova a Berlino

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Dopo Padova la capitale del volontariato europeo sarà Berlino, come ha detto il presidente dell’Europarlamento, David Sassoli: “Sono molto felice di festeggiare con voi il passaggio di testimone di Capitale europea del Volontariato. Padova a Berlino sono due città europee unite nel segno della fratellanza e della solidarietà. Il volontariato è un settore fondamentale non solo perché favorisce coesione tra comunità ma anche perché costituisce la radice del progetto europeo”.

Per l’ex presidente della Commissione europea, Romano Prodi, occorre riattivare il ‘patto per la solidarietà’: “Oggi assistiamo a un desiderio di totalitarismo sempre più vissuto e dal 1998 si sono fatti passi indietro di cui tutti i corpi intermedi hanno pagato conseguenze. Questo arretramento di democrazia non può che far male al terzo settore.

Adesso le elezioni americane forse metteranno un po’ a posto le cose da questo punto di vista. Non credo che cambi il ruolo del terzo settore con la Next generation EU, anche se ci sono indicazioni come l’ammodernamento delle imprese, l’automazione e l’aspetto verde.

Spazio potrebbe esserci per recitare un ruolo che non sia di comparsa, ma c’è un tale affollamento che bisogna che il terzo settore, con richieste ben precise e coltivando i rapporti internazionali, faccia sentire la sua voce. Il terzo settore deve unire le forze e fare squadra su questo tema”.

Nel messaggio il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha ringraziato i volontari: “In questi mesi, i volontari hanno svolto con dedizione e altruismo un ruolo fondamentale, dedicando spontaneamente il loro tempo alle persone in difficoltà. Nel rimanere vicino a chi soffre, ai più deboli, a chi ha bisogno di aiuto, i volontari hanno spesso sacrificato la propria salute, perdendo in alcuni casi anche la vita pur di donare aiuto”.

Quindi ha chiesto di sostenere il volontariato: “Sostenere il volontariato e facilitare la partecipazione dei nostri giovani in questo settore concorre alla formazione di cittadini responsabili in grado di affrontare sfide locali e globali, contribuendo attraverso l’inclusione alla creazione di una società sempre più equa e priva di pregiudizi, in cui si rafforzano i valori di generosità e di altruismo”.

In tale giornata è stata presentata lo studio ‘Covid-19 e Terzo settore: uno sguardo in profondità’, a cura del Centro di ricerca ‘Maria Eletta Martini’, come ha spiegato il prof. Andrea Salvini, docente di Sociologia e Metodologia della ricerca sociale all’Università di Pisa: “Questa ricerca racconta in profondità il ruolo di promozione della comunità e della coesione sociale svolto dal volontariato nella pandemia.

Un ruolo che va difeso, in particolare nel contesto della seconda ondata che rischia di fiaccare anche le migliori energie sociali attivate. Gli attori del Terzo Settore esprimono il bisogno di essere riconosciuti non soltanto come enti che erogano servizi, ma soprattutto come soggetti che, attraverso la loro azione di animazione del territorio e di supporto ai cittadini, contribuiscono in modo essenziale al benessere e alla coesione sociale delle comunità servite, nell’ottica di costruzione di un welfare davvero partecipato e condiviso”.

Grazie alla realizzazione di interviste in profondità, il confronto approfondito con i 100 presidenti di realtà del terzo settore ha fatto emergere un quadro inedito di come il volontariato ha vissuto la crisi. Lo studio supera gli stereotipi di cui la narrazione pubblica del suo ruolo ha fatto abbondante uso in questi mesi, oscillando fra eroismo e catastrofismo, e lo fa riportando numerose testimonianze dirette, racconti che danno la reale percezione degli effetti che la crisi sanitaria e sociale ha avuto su tutte le dimensioni associative.

 Pur nelle limitazioni e in mezzo ad un certo smarrimento iniziale, il volontariato non si è mai fermato, ma ha cercato di muoversi con continuità, ‘reinventandosi’ all’interno delle comunità. Ha dato il suo contributo imprescindibile alla distribuzione di beni di prima necessità (cibo, prodotti igienici, abiti, farmaci), aiutando economicamente chi era in difficoltà, organizzando raccolte fondi, ascoltando e rimanendo in relazione con la collettività tutta e con i soggetti fragili anche grazie all’utilizzo di strumenti informatici. Questo ha portato in molti casi ad aumentare la mole di lavoro e non a diminuirla.

La ricerca ha dimostrato come la pandemia, pur nella sua negatività e drammaticità, abbia rappresentato anche un’ ‘occasione’ da cui il volontariato ha potuto trarre una serie di elementi per riorganizzarsi e affrontare diversamente e con più slancio dinamiche già in corso come l’emersione della povertà in alcuni contesti, la scarsa digitalizzazione di alcune aree e fasce sociali, l’ambiguità nel rapporto con gli enti pubblici, la carenza strutturale di strumenti operativi e il ricambio generazionale. Infine ha aumentato la capacità di lavorare in rete, sia fra le organizzazioni stesse, sia con gli altri soggetti del territorio, in particolare quelli pubblici.

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