Inchiesta della Procura di Roma sulle commissioni per 72 milioni di euro per l’acquisto di mascherine dalla Cina. Anche Chaouqui tra i quattro indagati

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Sono quattro gli indagati nell’inchiesta della Procura di Roma – a seguito di una comunicazione dell’Ufficio antiriciclaggio di Bankitalia – sulle maxi commesse delle mascherine, comprati dalla Cina, quando il nostro Paese è stato investito dalla prima ondata di pandemia da Coronavirus. A finire nel mirino degli inquirenti l’Ingegnere Andrea Vincenzo Tommasi, a capo della Susnky srl di Milano coinvolte nell’indagine; il giornalista RAI in aspettativa Mario Benotti e Antonella Appulo, già collaboratrice dell’ex ministro Graziano Delrio a Palazzo Chigi, indagati per traffico di influenze. Con loro c’è anche la pierre Francesca Immacolata Chaouqui, nota alle cronache per il suo coinvolgimento nello scandalo Vatileaks 2 [*] e per aver usato il pass Ztl della zia morta [**], iscritta per il reato di ricettazione, che è in amicizia con Mario Benotti.

L’indagine è svolta dal pool di magistrati che si occupano di reati contro la pubblica amministrazione, coordinati dal procuratore aggiunto Paolo Ielo. Il fascicolo è relativo alle commissioni per 72 milioni di euro per l’importazione di 801 milioni di mascherine, ordinati a tre ditte cinesi.

La “conoscenza personale” di Domenico Arcuri ha fruttato alle società di Mario Benotti, ex consulente alla Presidenza del Consiglio ai tempi di Matteo Renzi e Paolo Gentiloni, una provvigione da 12 milioni di euro su una maxi partita di mascherine acquistate dalla Cina, affare dal valore totale di 1,2 miliardi. Una retribuzione avvenuta “in modo occulto e non giustificato da esercizio di attività di mediazione professionale-istituzionale”.

Benotti, scrivono i magistrati è “persona politicamente esposta per essere stato già consulente presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, con notevoli entrature nel mondo della politica e dell’alta dirigenza bancaria. Il giornalista Rai “intrattiene uno stretto rapporto con Antonella Appullo”. Qui entra in gioco Tommasi che “su disposizione del Benotti, versa dal conto corrente Sunsky srl alla Appullo 53mila euro, giustificando il movimento finanziario mediante false fatturazioni, simulando attività di consulenza ricevuta dalla predetta”. E c’è dell’altro. La Banca d’Italia ha segnalato anche la Guernica srl, amministrata da una “testa di legno”, tale Cedeno Dayanna Andreina Solis, che ha beneficiato di un accredito di 3,8 milioni di euro dalla Wenzhou Light. Ma la Guernica, come la Microproduct, non compaiono in alcuna lettera di commissione.

Questa mattina gli uomini del Nucleo di Polizia Valutaria della Guardia di Finanza hanno effettuato una serie di perquisizioni presso società e acquisito documenti anche nella sede della Protezione civile, estranea all’indagine. Così come totalmente estraneo alle indagini è il Commissario straordinario per l’emergenza Coronavirus Domenico Arcuri. Il suo nome, secondo quanto emerso dalle indagini, sarebbe stato “speso”, a sua insaputa, da uno degli indagati per cercare un canale privilegiato per ottenere la commessa in cambio di una provvigione milionaria.

Nelle carte del fascicolo c’è anche una segnalazione di operazione sospette, giunta all’antiriciclaggio di Bankitalia e finita all’attenzione dei pm di piazzale Clodio.

La Chaouqui all’Adnkronos: “Io indagata? Pazzesco, è un errore”. “Io sono una persona per bene”

“Sono sbalordita, è tutto pazzesco. E un errore. Io curo la comunicazione e sono pagata per una attività lecita e alla luce del sole. Delle mascherine non so nulla. I pm mi convochino subito, chiarirò tutto: è un trauma”. Francesca Immacolata Chaouqui non si spiega di essere finita nell’inchiesta della Procura di Roma sulle maxi commesse dei dispositivi comprati dalla Cina nel corso della prima ondata di pandemia.

“Sono sbalordita – dice all’Adnkronos-. Io sono un fornitore di servizi per queste società. Nel senso che ne ho curato l’immagine: trovo il tutto surreale. Col mio avvocato stiamo compulsando gli uffici della Procura per farmi ascoltare subito dagli inquirenti, è pazzesco. Io non so nulla della vicenda delle mascherine, ho un contratto di fornitura di pubbliche relazioni, di ufficio stampa e messa in onda di un canale YouTube e niente altro. Io delle mascherine lo ho appreso dai giornali, curo solo l’ufficio stampa di questa società. Sono sconcertata dall’errore fatto”.

La notizia dell’inchiesta è piovuta sulla Chaouqui come un fulmine a ciel sereno: “Io non c’entro nulla, io sono un’agenzia di pubbliche relazioni. Non ho idea, non so come sia possibile. Essere coinvolta in questa vicenda con persone che io non ho mai sentito nominare è surreale. Sono convinta che appena i pm mi ascolteranno si chiarisce tutto ma ora è un trauma assoluto perché in questi giorni io seguivo queste società solo come ufficio stampa”.

La pierre riflette sul reato contestato: “Mi si contesta la ricettazione, cioè avere preso soldi da proventi illeciti ma io come potevo sapere che sono illeciti posto che lo siano? Io sono una persona per bene, anche i finanzieri si sono resi conto della attività che svolgo, alla luce del sole”.

Secondo gli investigatori la titolare della società View Point Strategy srl avrebbe ottenuto “parte del provento del traffico illecito di influenze”, ovvero due fatture da 110mila e 121mila euro che il legale della Chaouqui, Giuseppe Staiano, definisce totalmente regolari.

Chaouqui vorrebbe essere sentita subito dagli inquirenti: “I pm sono persone serie, io devo chiarire immediatamente. Già stasera se mi ricevono, vado. Gestiamo social, l’ufficio stampa, la parte di pubbliche relazioni in modo legale e sotto la luce del sole. Io sono stata pagata per attività lecita. Inoltre tutta la mia azienda interviene a fatti già compiuti. Non si spiega perché come società di comunicazioni ora ci troviamo così”.

Per quanto riguarda la sua relazione con Benotti, di cui cura immagine e comunicazione, la Chaouqui sostiene in una nota che “segue i social del Professor Benotti, tra cui un canale Youtube chiamato Un democristiano in borghese, attraverso il quale Benotti porta avanti la sua attività giornalistica”. E ancora: “A Mario Benotti e alle società a lui riconducibili la mia agenzia fornisce vari servizi tra cui attività di ufficio stampa, pubbliche relazioni e comunicazione”.

Fonte: Adnkronos, 4 dicembre 2020.

[*] La condanna della Chaouqui nel processo Vatileaks 2 del 2016

La lobbista Chaouqui è già stata condannata il 7 luglio 2016 dal Tribunale dello Stato della Città del Vaticano nel processo Vatileaks 2, a 10 mesi di reclusione con la pena sospesa per 5 anni, in merito ai reati connessi con il trafugamento e la diffusione di documenti della Santa Sede.

Nelle 87 pagine della sentenza, depositata il 22 dicembre 2016 si legge di una fitta rete di rapporti lavorativi e personali, grazie ai quali se da una parte «non è credibilmente individuabile l’esistenza di una struttura associativa criminosa», dall’altra emerge la «responsabilità criminale» della divulgazione delle documentazione «certamente rimarchevole e ragguardevole per la convenienza e la funzionalità della Santa Sede» e di «natura riservata» da parte di Monsignor Lucio Angel Vallejo Balda, principale protagonista dello scandalo di Vatileaks 2, insieme a Francesca Immacolata Chaouqui, unica altra condannata alla fine del lungo dibattimento.

[**] Utilizzava il pass Ztl della zia morta. Otto mesi di carcere alla Chaouqui
L’ex membro della Commissione della Santa Sede ha patteggiato la condanna. Le 95 multe non pagate dalla trentenne prima di entrare nel gruppo di lavoro voluto dal Papa
di Giulio De Santis
Corriere della Sera, 6 maggio 2016


Da ieri la storia giudiziaria di Francesca Immacolata Chaouqui registra la prima sentenza di condanna. L’ex membro della Commissione d’indagine per gli affari economici della Santa Sede istituita da papa Francesco il 19 luglio del 2013 ha patteggiato una pena a otto mesi di reclusione per aver usato fino a 2014 il pass della zia disabile, morta nel 2008, con l’obiettivo di attraversare la Ztl nel centro storico.
Aveva impugnato tutte le contravvenzioni
Tra le contestazioni mosse dalla procura, c’era anche il tentativo della donna di non pagare novantacinque multe, tutte impugnate dalla pierre cresciuta in Ernst & Young – arrestata lo scorso novembre insieme con monsignor Lucio Angel Vallejo Balda, esponente dello stesso organismo per le carte trafugate in Vaticano – sul presupposto che avesse diritto a passare nel Tridente con il documento della parente defunta. I reati oggetto del patteggiamento sono stati falso, tentata truffa e truffa aggravata.
È indagata per aver minacciato Berlusconi
L’escamotage adottato dalla Chaouqui, 35 anni, risale agli anni d’oro della carriera, prima ancora che fosse nominata come unica donna e membro laico del gruppo voluto dal Pontefice in una commissione interna del Vaticano. Lo stratagemma serviva alla pierre per ridurre i tempi degli spostamenti in centro, sperando di evitare di incorrere in contravvenzioni.

L’uso disinvolto del documento della parente deceduta andò avanti fino all’ultimo giorno di ottobre del 2014. E la Chaouqui — nata a San Sosti, in provincia di Cosenza da padre francese di origine marocchine e madre italiana — è probabile che ricorse al pass scaduto anche quando, il 15 aprile del 2014, quando fu organizzato il discusso party sulla terrazza della Prefettura degli Affari economici in via della Conciliazione, durante la canonizzazione di Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II in piazza San Pietro [QUI]. Ma i guai della donna non finiscono qui. La pierre è ancora indagata insieme al marito Corrado Lanino e all’ex funzionario di Palazzo Chigi, Mario Benotti, con le accuse di associazione per delinquere e induzione alla concussione per aver minacciato Berlusconi di far accogliere le richieste di rogatoria nei suoi confronti.

L’inchiesta di Terni: «Vatileaks, Chaouqui ricattava i Berlusconi»
Il Gazzettino,14 dicembre 2015

(…) Anche se ora a procurarle qualche rogna in più è il fascicolo approdato a piazzale Clodio, dove Chaouqui è stata iscritta insieme con il marito Corrado Lanino, per induzione alla concussione. L’esuberante lobbista avrebbe ricattato addirittura i fratelli Berlusconi, Paolo e Silvio. Stando agli atti, infatti, la signora avrebbe minacciato Paolo Berlusconi di far uscire notizie riservate sul famoso fratello riguardo ad alcuni conti allo Ior. O meglio, avrebbe fatto in modo di far accettare le richieste di rogatoria inoltrate in Vaticano dalla procura di Milano, nelle quali i pm lombardi chiedevano chiarimenti su conti correnti che l’ex premier avrebbe avuto nella banca Oltretevere.

Un ricatto bello e buono, anche perché Chaouqui in cambio del suo silenzio pretendeva che Paolo Berlusconi mandasse via da Il Giornale, di cui è proprietario, il vaticanista Fabio Marchese Ragona, che aveva avuto l’unica colpa di scrivere articoli molto critici nei suoi confronti. Il giornalista è stato tenuto “in naftalina”, e solo ora ha ripreso a occuparsi di Papa e Vaticano. Il suo editore si ritrova anche lui iscritto sul registro degli indagati per induzione alla concussione, perché avrebbe avuto l’obbligo di denunciare.

Al centro del fascicolo romano c’è poi Corrado Lanino, marito della ex collaboratrice vaticana. Gli vengono contestate intrusioni nel computer dell’ex marito della compagna del giornalista Mario Benotti, funzionario di Palazzo Chigi che si è dimesso dopo lo scandalo. L’uomo voleva sapere aspetti privati e riservati, e Lanino, in quanto esperto informatico, avrebbe eseguito il controllo. L’inchiesta contiene anche una lunga informativa delle Fiamme Gialle, nella quale si parla di contatti con alcuni banchieri.

D’altronde, le indagini partono proprio dal crac finanziario della diocesi di Terni e Narni guidata da monsignor Vincenzo Paglia. Gli investigatori iniziano ad ascoltare le conversazioni della lobbista con il presidente del Pontificio Consiglio della Famiglia, e il caso si allarga. Di tutte queste accuse la giovane lobbista italo-marocchina non vuole proprio sentir parlare. Rilancia, si difende. (…)

L’impreparazione di Arcuri fa guadagnare laute commissioni ad un prodiano DOC. I pasticci di Alitalia nell’emergenza
Scenarieconomici.it, 19 novembre 2020

Nell’Italia di Arcuri e Conte c’è chi si arricchisce con l’emergenza Covid-19 talmente tanto da essere segnalato dalla banca d’Italia per transazioni finanziarie sospette!. Ce lo rivela oggi La Verità, con tanto di particolari sulle amicizie in gioco, con nomi e cognomi.

I beneficiari delle enormi intermediazioni per l’acquisto delle mascherine da parte della protezione civile di Arcuri sono un imprenditore milanese, Andrea Vincenzo Tommasi, della Sunsky srl, azienda che normalmente opera nel settore aero-spaziale, che avrebbe ricevuto 60 milioni di intermediazioni, e Mario Benotti, della Microproducts srl di Roma, questi beneficiato con 12 milioni di commissioni.

Il primo è finito sotto l’occhio della gestione del Risk Management della propria banca, e quindi segnalato all’antiriciclaggio, perché, mentre normalmente incassava al massimo un milione di intermediazioni su materiale di carattere aerospaziale e legato alla difesa, improvvisamente ha ricevuto un singolo bonifico da 24 milioni di euro su un contratto da 60 milioni di euro che, fra l’altro non aveva niente da fare con la sua attività tipica d’impresa. In questo caso, avendo afferrato il possibile business, avrebbe attivato i propri contatti, anche attraverso collegamenti con Israele, per fornire le famose mascherina FFP3, così ricercate da Arcuri e dal suo vice Fabbrocini. Tommasi poi ha utilizzato una parte di questi soldi, attraverso una NewCo francese, per ordinare uno yacht in Francia (quelli italiani non gli piacevano?).

Molto interessante anche la posizione del secondo intermediario, il romano Mario Benotti, che ha incassato 12 milioni, e che è stato anche capo della segreteria particolare di Sandro Gozi, nonchè consigliere giuridico di Graziano Delrio e consulente del sindaco di Firenze Dario Nardella. insomma è proprio il puro apparatchik del PD prodiano. Ancora più interessanti i rapporti fra Tommasi e Benotti, ripresi direttamente dalle parole dell’imprenditore milanese, secondo cui Tommasi avrebbe semplicemente offerto a Benotti un “Passaggio” per le sue mascherine, anch’esse di produzione cinese.

Tommasi spiega che, con i suoi contatti nel settore aeronautico, aveva anche collegamenti con società che producevano mascherine per cui, quando gli hanno segnalato la necessità di questi prodotti per la protezione civile, ha fatto da intermediario fra i suoi contatti ed i cinesi, permettendo la conclusione di lauti contratti. La sua intermediazione ha fatto giungere in Italia 110 milioni di FFP3, massima sicurezza, 5 milioni di KN95 (considerate equivalenti alle FFP2) e 450 milioni di chirurgiche. Importante anche il suo ruolo nell’organizzazione del trasporto: Alitalia chiedeva 750 mila dollari a volo per il trasporti delle mascherine ed allora ha organizzato, tramite i suoi contatti in Israele, con ElAl a 375 mila dollari. Solo per questo il commissario Alitalia meriterebbe il licenziamento in tronco. Qui entra in gioco Benotti che era rimasto a piedi con le sue mascherine e che ha approfittato di un passaggio sugli aerei intermediati da Tommasi.

Cosa emerge da questa vicenda:
– che la Protezione Civile è gestita da dei dilettanti, che neanche hanno contatti stabili sui mercati internazionali dei prodotti oggetto delle proprie attività istituzionali, per cui si deve affidare a intermediari trovati al momento. La Protezione Civile non riesce a proteggere neanche se stessa;
– che Tommasi è un abile imprenditore che, come sempre gli italiani, riesce a costruire dei buoni rapporti ed a sfruttarli ad hoc in ogni occasione. certo gli italiani gli hanno pagato una lauta commissione… speriamo che ci paghi le tasse in Italia. Comunque Chapeau!
– che i dirigenti Alitalia, commissario in testa, dovrebbero essere licenziati tutti, perché in una situazione di emergenza hanno provato a ricattare l’Italia. Massima Vergogna!!

Tommasi è un imprenditore internazionale, e Benotti? Come ha fatto a trovare le mascherine, un ex giornalista? quali contatti aveva, a parte con Gozi?

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