Papa Francesco: la Dottrina Sociale della Chiesa si fonda sulla realtà

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Nella scorsa settimana un videomessaggio di papa Francesco ha chiarito l’attualità della Dottrina Sociale della Chiesa, partendo dalla realtà per curare le persone nella città. Ed alla Conferenza Internazionale dei giudici membri dei Comitati dei Diritti Sociali di Africa e America, papa Francesco ha ribadito alcuni temi del suo pensiero sociale, ribaditi nell’enciclica ‘Fratelli Tutti’:

“Credo che per costruire, per analizzare, a partire da una completa revisione concettuale, l’idea di giustizia sociale, sia fondamentale ricorrere a un altro insieme di idee e situazioni che costituiscono, a mio parere, le basi sulle quali questa dovrebbe poggiare”.

Secondo il papa per ‘modellare’ la giustizia sociale è necessario l’impegno: “E’ anche necessario farlo con un atteggiamento d’impegno, seguendo il cammino del buon samaritano. E questo è il terzo paradigma da tenere presente, riconoscendo la tentazione tanto frequente di disinteressarsi degli altri, specialmente dei più deboli.

Dobbiamo ammettere che ci siamo abituati a passare oltre, a ignorare le situazioni finché queste non ci colpiscono direttamente. L’impegno incondizionato è farci carico del dolore dell’altro, e non scivolare verso una cultura dell’indifferenza. E’ così comune guardare da un’altra parte”.

In questa costruzione la storia è l’asse portante: “E questa è la quarta e obbligata riflessione per quanti intendono costruire una nuova giustizia sociale per il nostro pianeta, assetato di dignità: aggiungere all’approccio la prospettiva del passato, ossia storica, una riflessione storica.

Lì ci sono le lotte, i trionfi e le sconfitte. Lì si trova il sangue di quanti hanno dato la propria vita per un’umanità piena e integrata. Nel passato ci sono tutte le radici delle esperienze, anche le radici di quella giustizia sociale che oggi vogliamo ripensare, far crescere e potenziare”.

Il collante della giustizia resta il popolo: “Ed è molto difficile poter costruire la giustizia sociale senza basarci sul popolo. Ossia la storia ci porta al popolo, ai popoli. Sarà un compito molto più facile se v’introdurremo il desiderio gratuito, puro e semplice di voler essere popolo, senza pretendere di essere élite illuminata, bensì popolo, mostrandoci costanti e instancabili nel lavoro di includere, integrare e sollevare chi è caduto.

Il popolo  è la quinta base per costruire la giustizia sociale. E, a partire dal Vangelo, quello che a noi credenti Dio chiede è di essere popolo di Dio, non élite di Dio. Perché quelli che seguono il cammino della ‘élite di Dio’ finiscono nei tanto noti clericalismi elitari che, in giro, lavorano per il popolo, ma non fanno nulla con il popolo, non si sentono popolo”.

Ha chiesto ai giudici di essere ‘solidali e giusti’ secondo le tre ‘T’: “Solidali lottando contro le cause strutturali della povertà, la disuguaglianza, la mancanza di lavoro, di terra e di alloggio. Terra, tetto e lavoro, techo, tierra y trabajo, le tre ‘T’ che ci consacrano degni.

Lottando, insomma, contro quanti negano i diritti sociali e lavorativi. Lottando contro quella cultura che porta a usare gli altri, a schiavizzare gli altri e finisce col togliere la dignità agli altri. Non dimenticatevi che la solidarietà, intesa nel suo senso più profondo, è un modo di fare storia”.

Perciò la giustizia sociale si basa anche sulla Dottrina Sociale della Chiesa: “Costruiamo la nuova giustizia sociale ammettendo che la  tradizione cristiana non ha mai riconosciuto come assoluto e intoccabile il diritto alla proprietà privata e ha sottolineato sempre la funzione sociale di ciascuna delle sue forme.

Il diritto di proprietà è un diritto naturale secondario derivante dal diritto che hanno tutti, nato dalla destinazione universale dei beni creati. Non c’è giustizia sociale che possa cementarsi sull’iniquità, che comporti la concentrazione della ricchezza”.

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